Il d.lgs. n. 14 del 12.01.2019, contenente “il codice della crisi di impresa e dell’insolvenza”, dispone modifiche del codice civile che, anche se si applicano all’impresa e alla società in situazione fisiologica di normale attività, tengono comunque nella debita considerazione la possibile fase patologica della crisi.
Il d.lgs. 12 gennaio 2019, n. 14 (d’ora in poi: “Decreto”), in conformità ai principi della legge delega 19 ottobre 2017, n. 155 ha introdotto il nuovo codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (CCII) attuando una riforma radicale del diritto concorsuale; contestualmente il Decreto è intervenuto a revisionare alcune norme di diritto societario contenute nel codice civile che riguardano gli assetti organizzativi dell’impresa, gli assetti organizzativi societari, la responsabilità degli amministratori e la nomina degli organi di controllo, tali sono i titoli degli art. 375, 377, 378 e 379 contenuti nella parte seconda del decreto.
Si tratta di disposizioni che risultano funzionali rispetto alla futura applicazione della riforma delle procedure concorsuali e coerenti con alcuni presidi introdotti dal codice della crisi di impresa e dell’insolvenza. Attraverso le modifiche del codice civile, tutto sommato misurate, ma di portata generale e tutt’altro che contenuta, oltre che realizzare un coordinamento tra le disposizioni codicistiche ed il nuovo CCII, il Legislatore persegue l’obiettivo di assicurare la precoce individuazione della situazione di crisi e la tempestiva adozione delle iniziative e misure conseguenti. In quest’ottica di rapporto funzionale rispetto alla futura concreta applicazione del codice della crisi (la parte prima del Decreto che entrerà in vigore nell’agosto 2020) sembra doversi leggere la previsione della anticipata entrata in vigore delle modifiche al codice civile che qui analizziamo, disposizioni vigenti già dallo scorso 16 marzo 2019.
Come accennato, l’intervento di riforma che ha ad oggetto l’assetto organizzativo risulta correlato alla introduzione nel diritto concorsuale dell’istituto dell’allerta e della nozione della continuità aziendale che assurge ora a vero e proprio valore per l’ordinamento giuridico.
Ulteriore ambito interessato dalle novità è quello della responsabilità affrontato nel Decreto anche in questo caso nell’ottica della fase di crisi, e con oggetto sia una nuova individuazione degli obblighi sia una puntualizzazione in merito al danno risarcibile.
Con riguardo infine alla disposizione sulla nomina degli organi di controllo, la modifica dell’articolo 2477 c.c. in tema di nomina del sindaco e del revisore legale dei conti nelle società a responsabilità limitata e alla possibilità concessa ai sindaci di società a responsabilità limitata di chiedere il controllo giudiziario della società ai sensi dell’articolo 2409 c.c., va nella direzione di rafforzare i sistemi di controllo interno al fine di consentire all’imprenditore di anticipare l’individuazione dei sintomi della crisi.
Passiamo qui in rassegna le elencate novità relative alle nuove regole, di portata generale sulla gestione dell’impresa, a carico degli amministratori, e in merito agli obblighi di nomina degli organi di controllo interni delle srl.
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La prima disposizione del codice civile a subire una significativa trasformazione è l’art. 2086 c.c. che viene adesso titolato “gestione dell’impresa” (che sostituisce il precedente titolo direzione e gerarchia nell’impresa, che suona più antico), a norma del quale l’imprenditore è tenuto a dotare la propria impresa di una organizzazione amministrativa e contabile che risulti adeguata alla natura e alle dimensioni dell’impresa ed idonea a recepire tempestivamente segnali della crisi o della perdita della continuità aziendale. Al predetto obbligo di natura generale segue l’ulteriore obbligo per l’imprenditore, questo di tipo specifico (ed eventuale), di attivarsi con immediatezza, attraverso gli strumenti previsti dall’ordinamento, per fronteggiare la crisi e recuperare la continuità aziendale.
Nei termini sopra indicati la nuova disposizione si applica all’impresa “in forma societaria o collettiva”, mentre per l’imprenditore individuale troverà applicazione la previsione del primo comma dell’art. 3 del CCII (che dunque entrerà in vigore nell’agosto 2020) che pone un obbligo meno circostanziato di “adottare misure idonee a rilevare tempestivamente lo stato di crisi e assumere senza indugio le iniziative necessarie a farvi fronte”.
Per tornare all’ambito delle società deve osservarsi che, a partire dalla previsione dell’art. 2381 c.c. – in ambito quindi delle disposizioni per la s.p.a. – che contempla la predisposizione di assetti organizzativi, amministrativi e contabili adeguati alla natura e dimensione dell’impresa, oggi questo tipo di dotazione oltre a rendersi obbligatoria anche per gli altri tipi di società, viene in modo esplicito collegata alla finalità di procurare la tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative (secondo comma dell’art. 3). Da qui il riflesso di queste novità in materia di responsabilità degli organi sociali delle società che possono essere coinvolte in procedure concorsuali (argomento pure interessato dalle novità in vigore dal 16 marzo 2019 scorso).
Il dovere di curare gli assetti organizzativi è un dovere giuridico che, come anticipato, riguarda tutte le forme societarie; con un intervento sistematico sul piano normativo, alle modifiche all’art. 2086 c.c., si aggiunge un corrispondente adeguamento delle norme in materia di società di persone e di capitali.
In particolare, il principio sancito dall’art. 2086, 2 comma c.c. per l’imprenditore collettivo, si applica alle società di persone in forza della modifica dell’art. 2257 c.c. al quale è stato aggiunto il seguente periodo “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa pattuizione, l’amministrazione della società spetta a ciascuno dei soci disgiuntamente dagli altri”.
E’ stato osservato che, con riferimento alle società di persone, la modifica normativa mal si concilia con la particolare forma di amministrazione, prevista con riguardo a tale tipo di società, posta in capo ai soci in forma disgiuntiva o congiuntiva.
Analoga disposizione è prevista per le società per azioni in forza della riformulazione degli artt. 2380-bis e 2409-novies (Nota 1).
Ed anche in materia di srl è stato modificato l’art. 2475 c.c. prevedendo che “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale. Salvo diversa disposizione dell’atto costitutivo, l’amministrazione della società è affidata a uno o più soci nominati con decisione dei soci presa ai sensi dell’articolo 2479…. Si applica, in quanto compatibile, l’articolo 2381”.
Il Consiglio Nazionale del Notariato, nello Studio n. 58-2019/I (Nota 2), ha esaminato il disposto della nuova formulazione dell’art. 2475 comma 1 c.c., secondo cui la gestione della srl spetta esclusivamente agli amministratori, concludendo però nel senso di escludere che ciò possa considerarsi in contrasto con la disciplina in materia di amministrazione prevista dal codice civile per tali società e che determini un obbligo di revisione degli Statuti sociali. Lo Studio perviene a tale conclusione argomentando che tale nuova disposizione recherebbe solo regole di carattere organizzativo, funzionali a imporre doveri e a stabilire responsabilità che attengono al profilo organizzativo dell’impresa, che si collocano su un piano distinto da quello della competenza per gli atti di amministrazione. In altri termini, gli assetti organizzativi imposti dall’art. 2475, fanno riferimento esclusivamente alla “strutturazione organizzativa” riservata appunto dalla norma ai soli amministratori; diversamente la “gestione operativa” nelle srl, la cui disciplina non ha subito alcuna modifica, potrebbe sempre essere ripartita tra amministratori e soci, restando quindi la maggiore elasticità prevista dalla disciplina di questo tipo societario.
Occorre inoltre segnalare che il comma 6 adesso aggiunto nell’art. 2475 c.c. prevede che alle srl si applichi la disciplina prevista per le spa dal già richiamato art. 2381 c.c. in merito al funzionamento del consiglio di amministrazione, così definendo con questo dato normativo la questione nei termini offerti in via interpretativa del precedente quadro normativo da parte della dottrina e dal Notariato (Massima Notai Triveneto I.C.15).
I nuovi obblighi, che riguardano l’istituzione di determinati assetti organizzativi e le tempestive reazioni al verificarsi di peggioramenti negli andamenti dell’impresa, incidono direttamente sull’ambito delle responsabilità connesse alle cariche sociali. Come risulta evidente, ogni volta che a seguito di difficoltà dell’impresa vi siano epiloghi negativi, si aggiungerà la verifica in merito all’eventuale violazione (anche) dei predetti nuovi obblighi i quali, per l’appunto, sono posti proprio per evitare o, più realisticamente, minimizzare pregiudizi patrimoniali nei casi di crisi e insolvenza dell’impresa.
Con l’art. 378 rubricato “responsabilità degli amministratori”, il Decreto interviene in questa materia anche con disposizioni che ampliano ulteriormente gli ambiti di responsabilità (comma 1 art. 378) e definiscono parametri per la quantificazione della misura del danno risarcibile (comma 2 art. 378).
Si riscontra un più severo regime di responsabilità per gli amministratori con riguardo al generale obbligo di conservazione del patrimonio sociale.
Si tratta dell’introduzione di un nuovo comma nell’art. 2476 c.c. che dispone un principio, al quale era approdata la giurisprudenza, costituito dalla applicabilità agli amministratori di s.r.l. dell’art. 2394 c.c. previsto per le Spa (Nota 3).
Il nuovo comma 6 dell’art. 2476 c.c., stabilisce quindi che “Gli amministratori rispondono verso i creditori sociali per l’inosservanza degli obblighi inerenti alla conservazione dell’integrità del patrimonio sociale. L’azione può essere proposta dai creditori quando il patrimonio sociale risulta insufficiente al soddisfacimento dei loro crediti. La rinunzia all’azione da parte della società non impedisce l’esercizio dell’azione da parte dei creditori sociali. La transazione può essere impugnata dai creditori sociali soltanto con l’azione revocatoria quando ne ricorrono gli estremi”.
Con riferimento a tutte le società di capitali si segnala inoltre la modifica dell’art. 2486, che regola i poteri degli amministratori al verificarsi di una causa di scioglimento della società e le responsabilità in cui possono incorrere qualora non si limitino, al verificarsi di una causa di scioglimento, al compimento di atti ordinari dell’impresa (si direbbe conservativi dei valori), fattispecie questa che risulta quasi una costante nelle azioni di responsabilità promosse dagli organi dei fallimenti.
Nell’ambito di tale disposizione è stato introdotto un criterio di liquidazione dei danni oggetto delle azioni per il mancato rispetto dell’obbligo di gestire la società, dopo l’avverarsi di una causa di scioglimento, per garantire integrità e valore del patrimonio. Il nuovo criterio si applica a tutte le azioni di responsabilità, anche quando siano state promosse senza che si sia aperta una procedura concorsuale.
E’ previsto che: “Quando è accertata la responsabilità degli amministratori a norma del presente articolo, e salva la prova di un diverso ammontare, il danno risarcibile si presume pari alla differenza tra il patrimonio netto alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o, in caso di apertura di una procedura concorsuale, alla data di apertura di tale procedura e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento di cui all’articolo 2484, detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione. Se è stata aperta una procedura concorsuale e mancano le scritture contabili o se a causa dell’irregolarità delle stesse o per altre ragioni i netti patrimoniali non possono essere determinati, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura”.
La norma cerca di risolvere, anche in funzione deflattiva del contenzioso, l’oggettiva incertezza nella quantificazione del danno risarcibile in caso di prosecuzione illegittima dell’attività in presenza di una causa di scioglimento fissando criteri oggettivi per la determinazione dello stesso. Al riguardo, si ricorda la portata, nell’evoluzione degli orientamenti della Giurisprudenza, della sentenza 9100 del 2015 delle SSUU della Corte di Cassazione che impone a carico del curatore la puntuale commisurazione dei danni risarcibili a specifiche condotte in violazioni di obblighi e, per il caso di assenza delle scritture contabili, ha comunque escluso che il danno risarcibile sia da individuarsi tout court nella differenza tra attivo e passivo. Da lì, l’elaborazione della soluzione sulla base delle differenze tra i patrimoni netti. La nuova disposizione di legge prevede quindi che il danno debba essere quantificato in misura pari alla differenza tra il patrimonio netto iniziale (individuato alla data in cui l’amministratore è cessato dalla carica o alla data di apertura della procedura concorsuale) e il patrimonio netto determinato alla data in cui si è verificata una causa di scioglimento “detratti i costi sostenuti e da sostenere, secondo un criterio di normalità, dopo il verificarsi della causa di scioglimento e fino al compimento della liquidazione”. Sulla base di questa puntualizzazione, l’operatore (chi agisce in responsabilità, o il ctu impegnato nel giudizio) nel raffronto tra i patrimoni netti dovrebbe opportunamente elaborare valori che simulino una evoluzione della gestione diversa da quella effettiva e corrispondente alla condotta che si ipotizza conforme agli obblighi di legge, così da effettivamente isolare il pregiudizio al patrimonio direttamente dipendente dalla violazione degli obblighi oggi definiti dai vari articoli commentati.
E’ una presunzione relativa che ammette la prova contraria.
Per il caso di apertura di una procedura concorsuale, la norma prevede poi che se non è possibile determinare il patrimonio netto per la mancanza o l’irregolarità delle scritture contabili o per altre ragioni, il danno è liquidato in misura pari alla differenza tra attivo e passivo accertati nella procedura. Questa seconda parte della norma sembra detti una presunzione assoluta e non relativa, senza alternativa o prova contraria.
Sul tema della responsabilità degli amministratori occorre segnalare che la riforma non è intervenuta sul piano penale, con particolare riguardo alle varie fattispecie di bancarotta.
Gli interventi del legislatore in tale ambito si sono limitati esclusivamente all’introduzione di “misure premiali” (art. 25 comma 2) per incentivare l’adozione tempestiva delle iniziative relative alle procedure di allerta e di composizione della crisi, anche attraverso previsioni che alleggeriscono la responsabilità penale; così, a parità di altre circostanze, l’imprenditore che si sia attivato tempestivamente per evitare o meglio fronteggiare l’insolvenza attraverso gli istituti previsti dal CCII, vedrà una definizione del proprio regime di responsabilità penale in termini più favorevoli con una graduazione del beneficio penale in relazione alla entità del danno cagionato. Analogamente, l’articolo 14 del nuovo Codice della crisi, disposizione pure questa facente parte della disciplina dell’allerta, prevede che gli organi di controllo societari, il revisore contabile e la società di revisione che abbiano tempestivamente segnalato all’organo amministrativo l’esistenza di fondati indizi di crisi, vadano esenti da responsabilità per mancato controllo sui fatti successivi alla segnalazione. L’esimente per gli organi di controllo riguarda solo quei fatti gestionali che hanno innescato l’allerta e non, chiaramente, gli ulteriori e successivi atti di gestione compiuti dagli amministratori sui quali gli organi di controllo restano comunque responsabili (naturalmente in connessione con l’obbligo di vigilanza).
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Da ultimo uno sguardo all’intervento del Decreto volto ad ampliare gli obblighi di nomina dell’organo di controllo nelle società a responsabilità limitata e nelle società cooperative, collegato come sopra anticipato al nuovo istituto delle procedure d’allerta che il Legislatore ha voluto trovi applicazione per una ben ampia platea di imprese.
Con modifica del secondo e terzo comma dell’art. 2477 c.c., sono state estese le ipotesi in cui nelle srl e nelle coop è obbligatoria la nomina degli organi di controllo o del revisore; l’obbligo scatta quando la società, oltre ai casi già previsti (in cui sia tenuta alla redazione del bilancio consolidato oppure controlli una società obbligata alla revisione legale dei conti) “abbia superato per due esercizi consecutivi almeno uno dei seguenti limiti: 1) totale dell’attivo dello stato patrimoniale: 2 milioni di euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni: 2 milioni di euro; 3) dipendenti occupati in media durante l’esercizio: 10 unità”.
Rispetto alla precedente versione della disposizione non si fa più riferimento ai parametri previsti per la redazione del bilancio abbreviato di cui all’art. 2435 bis c.c. ma a soglie ben più restrittive: 2 milioni di attivo (anziché 4), 2 milioni di ricavi (anziché 8.8), 10 dipendenti in media (anziché 50).
Di più, oltre alla riduzione dei parametri quantitativi, l’ampliamento dell’insieme delle nuove imprese coinvolte è ottenuto con la modifica del meccanismo che fa insorgere l’obbligo: basta adesso superare uno solo dei suddetti limiti (in precedenza dovevano essere superati contemporaneamente due), per due esercizi consecutivi.
In sede di prima applicazione della nuova disposizione, gli esercizi ai quale fare riferimento per verificare il superamento di uno dei limiti suddetti sono, per i soggetti “solari”, gli esercizi 2017 e 2018.
Nel caso non sia la società a provvedere, secondo il dettato dell’art 2477, provvederà il Tribunale, su segnalazione ora anche del Registro delle imprese, oltre che di qualsiasi soggetto interessato.
L’obbligo di nomina dell’organo di controllo o del revisore cessa quando, per tre esercizi consecutivi (non più due), tutti e tre i parametri restano al di sotto dei limiti.
Si segnala, sempre in ambito di Srl, l’aggiunta del sesto comma all’art 2477 che disciplina ora l’istituto della denunzia al Tribunale da parte dei soci di gravi irregolarità nella gestione (per richiamo all’art 2409 c.c.), sancendo in maniera espressa l’applicabilità dell’istituto anche alle srl, a prescindere dall’esistenza o meno dell’organo di controllo, aspetto che in passato è stato controverso.
Il decreto prevede tuttavia un periodo transitorio e concede 9 mesi per verificare i nuovi obblighi e per l’adeguamento ove necessario, degli statuti (Nota 4), termine che scadrà quindi il 16 dicembre 2019.
Per completezza si segnala che è stato recepito, con relative modifiche terminologiche di più articoli del codice civile, l’abbandono del termine fallimento della legge fallimentare, per il nuovo istituto introdotto dal CCII della liquidazione giudiziale (Nota 5).
Nota 1) L’art. 2380 -bis c.c. viene così integrato: “Amministrazione della società. La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente agli amministratori, i quali compiono le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”.
Analogamente, è aggiunto il seguente 1° comma all’art. 2409 -nonies sul Consiglio di gestione “La gestione dell’impresa si svolge nel rispetto della disposizione di cui all’articolo 2086, secondo comma, e spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le operazioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale”
Nota 2) Il Notariato rileva in particolare come il nuovo art. 2475 c.c. sembra entrare in contrasto con diverse disposizioni in tema di srl che non sono state modificate, ovvero:
– con l’art. 2479 comma 1 c.c., che prevede la possibilità per i soci di decidere sulle materie riservate alla loro competenza dall’atto costitutivo, nonché sugli argomenti che uno o più amministratori o tanti soci che rappresentino almeno un terzo del capitale sociale sottopongono alla loro approvazione;
– con l’art. 2468 comma 3 c.c., che riconosce la possibilità che l’atto costitutivo preveda l’attribuzione ai singoli soci di particolari diritti riguardanti l’amministrazione della società;
– con l’art. 2476 comma 7 c.c., il quale prevede una responsabilità solidale dei soci con gli amministratori quando essi abbiano intenzionalmente deciso o autorizzato il compimento di atti dannosi per la società, i soci o i terzi.
Nota 3) La nuova disposizione va a risolvere una questione interpretativa nata dopo la riforma del diritto societario, a seguito della quale non era più espressamente prevista nelle srl l’azione di responsabilità esercitata dai creditori sociali in base all’art. 2394 c.c., non essendo tale norma più richiamata dal 2487 c.c..
Nota 4) Prevede infatti l’art. 379 3 comma del Decreto che “le società a responsabilità limitata e le società cooperative costituite alla data di entrata in vigore del presente articolo, quando ricorrono i requisiti appena accennati, devono provvedere a nominare gli organi di controllo o il revisore e, se necessario, ad uniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni di cui al predetto comma entro nove mesi dalla predetta data. Fino alla scadenza del termine, le previgenti disposizioni dell’atto costitutivo e dello statuto conservano la loro efficacia anche se non sono conformi alle inderogabili disposizioni di cui al comma 1 …”
Nota 5) Di seguito si riportano le ulteriori modifiche introdotte al codice civile:
- all’articolo 2484, 1° comma, c.c. è aggiunto il seguente comma 7 -bis ) “per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale e della liquidazione controllata”
- modificato l’articolo 2545 -terdecies , 1° comma, c.c. secondo periodo, come segue: «Le cooperative che svolgono attività commerciale sono soggette anche a liquidazione giudiziale».
- modificato l’articolo 2545 -sexiesdecies , 1° comma, c.c. come segue: «Fuori dai casi di cui all’articolo 2545 -septiesdecies , in caso di irregolare funzionamento della società cooperativa, l’autorità di vigilanza può revocare gli amministratori e i sindaci, affidare la gestione della società a un commissario, determinando i poteri e la durata, al fine di sanare le irregolarità riscontrate e, nel caso di crisi o insolvenza, autorizzarlo a domandare la nomina del collegio o del commissario per la composizione assistita della crisi stessa o l’accesso a una delle procedure regolatrici previste nel codice della crisi e dell’insolvenza.».
- all’articolo 2288 del codice civile, il primo comma è sostituito dal seguente: «E’ escluso di diritto il socio nei confronti del quale sia stata aperta o estesa la procedura di liquidazione giudiziale secondo il codice della crisi e dell’insolvenza».
- all’articolo 2308 del codice civile, il primo comma è sostituito dal seguente: «La società si scioglie, oltre che per le cause indicate dall’articolo 2272, per provvedimento dell’autorità governativa nei casi stabiliti dalla legge e per l’apertura della procedura di liquidazione giudiziale».
- all’articolo 2497 del codice civile, l’ultimo comma è sostituito dal seguente: «Nel caso di liquidazione giudiziale, liquidazione coatta amministrativa e amministrazione straordinaria di società soggetta ad altrui direzione e coordinamento, l’azione spettante ai creditori di questa è esercitata dal curatore o dal commissario liquidatore o dal commissario straordinario.».
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