Con l’entrata in vigore del nuovo Codice della Crisi d’impresa e dell’insolvenza (D.Lgs. 14/2019 in sigla Cci) il Legislatore ha introdotto l’obbligo per gli imprenditori che operino in forma societaria o collettiva di adottare un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato in funzione della tempestiva rilevazione dello stato di crisi. La violazioni di tale obbligo può determinare in capo all’imprenditore, una responsabilità per “difetto di istituzione” e/o responsabilità per mancata tempestiva reazione.
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Il nuovo Cci ha introdotto una serie di misure volte a cambiare radicalmente la metodologia di approccio quotidiano all’azione gestoria da parte dell’imprenditore, indirizzando l’attività di direzione di quest’ultimo verso una prospettiva non più passivamente incentrata sul controllo dei risultati ex post, ma verso una logica di tipo forward looking, indispensabile per la formazione di uno strumento gestionale solido ed affidabile. L’idea di fondo delle disposizioni innovative fa leva sulla convinzione che affrontare tardivamente eventuali situazioni di crisi di impresa rappresenta un danno non solo per i creditori ma per l’intero sistema economico. Il cambio di prospettiva del legislatore appare tranchant con il passato ed è finalizzato a potenziare e rafforzare tutto quanto possa essere utile per cogliere in anticipo eventuali segnali di anomalia gestionale che, se non “aggrediti” tempestivamente e risolti, potrebbero generare condizioni di potenziale instabilità nel breve e medio periodo e quindi mettere in pericolo la continuità aziendale (Nota 1). Momento essenziale della disciplina diventa il collegamento tra adeguatezza degli assetti e possibilità di rilievo tempestivo degli squilibri di carattere patrimoniale o economico-finanziario.
È in questo rinnovato quadro che si inserisce, innanzitutto, l’art. 375 co. 2 del Cci che, modificando l’art. 2086 c.c., ha introdotto nel nostro ordinamento a decorrere dal 16 marzo 2019 il nuovo pregnante dovere per tutti gli imprenditori – che operino in forma societaria o collettiva – di “istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale”.
A ben vedere, l’obbligo di istituire adeguati assetti era già presente nell’ordinamento italiano in forza delle previsioni contenute nell’art. 2381 c.c. laddove ai sensi del comma 5 gli amministratori delegati devono curare che l’assetto organizzativo, amministrativo e contabile sia adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa mentre, ai sensi del precedente comma 3, il Consiglio di amministrazione deve valutare l’adeguatezza dell’assetto organizzativo, amministrativo e contabile della società sulla base delle informazioni ricevute (Nota 2). Tuttavia, in concreto, tali disposizioni si sono rivelate nel corso degli anni inadatte ad intercettare tempestivamente i primi indizi della crisi aziendale (Nota 3) ed è proprio in questa direzione che deve essere letta la portata innovativa e dirompente dell’attuale riforma normativa. La espressa “funzionalizzazione” dell’obbligo di istituire un adeguato assetto organizzativo, amministrativo e contabile “anche” verso la rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale (Nota 4) sancisce espressamente quello che già doveva essere un principio generale inespresso, enunciando, di fatto, in modo netto e non più trascurabile i valori e l’obiettivo privilegiato dal legislatore a livello di sistema (Nota 5). Come si legge anche nella Relazione illustrativa al Cci, l’importanza di tale obiettivo deriva dal fatto che “le possibilità di salvaguardare i valori di un’impresa in difficoltà sono direttamente proporzionali alla tempestività dell’intervento risanatore, mentre il ritardo nel percepire i segnali di una crisi fa sì che, nella maggior parte dei casi, questa degeneri in vera e propria insolvenza sino a divenire irreversibile”. Come è già stato rilevato in dottrina (Nota 6), ne consegue che la predisposizione di assetti adeguati diventa, di fatto, il vero cuore della funzione gestoria, con nuove e più pregnanti responsabilità per i soggetti che di tale incarico siano investiti. Al riguardo si possono immaginare almeno due scenari di responsabilità specifiche collegate all’obbligo di adozione di assetti adeguati in funzione della prevenzione della crisi di impresa: “una responsabilità per difetto di istituzione di adeguati assetti organizzativi, quando ciò abbia impedito di avvertire le manifestazioni dei segnali della crisi rendendo possibile l’aggravarsi della crisi stessa, e responsabilità per mancata tempestiva reazione, che potrebbe sussistere anche in presenza di assetti organizzativi adeguati se l’amministratore abbia poi trascurato di avvalersi degli strumenti di monitoraggio a sua disposizione o ne abbia colpevolmente ignorato o sottovalutato i segnali” (Nota 7).
Entrando nel merito degli assetti di cui il legislatore impone l’adeguatezza, essi sono di tre tipi: organizzativo, che secondo la norma di comportamento n. 3.5 del Collegio sindacale di società non quotate redatta dal CNDCEC deve essere inteso come “(i) il sistema di funzionigramma e di organigramma e, in particolare, il complesso delle direttive e delle procedure stabilite per garantire che il potere decisionale sia assegnato ed effettivamente esercitato a un appropriato livello di competenza e responsabilità, (ii) il complesso procedurale di controllo”; amministrativo, “ovvero l’insieme delle procedure dirette a garantire l’ordinato svolgimento delle attività aziendali e delle singole fasi nelle quali le stesse si articolano” (Nota 8) e contabile, che secondo la norma di comportamento n. 3.7 del Collegio sindacale di società non quotate redatta dal CNDCEC è da riferirsi “all’insieme delle direttive, delle procedure e delle prassi operative rivolte a garantire la completezza, la correttezza e la tempestività di una informativa societaria attendibile, in accordo con i principi contabili adottati dall’impresa”.
Sebbene non esista una indicazione puntuale di quale sia l’assetto più adeguato per una impresa sulla base della sua natura e dimensione, la dottrina ha spesso indicato come adeguata una struttura organizzativa nella quale l’attività decisionale e di direttiva sia esercitata dai soggetti cui sono stati attribuiti i relativi poteri, sia stato redatto un organigramma aziendale, sussistano direttive e tecniche aziendali aggiornate e diffuse, esistano procedure che assicurino la presenza di personale competente. Il parametro dell’adeguatezza, inoltre, dipende anche dalla sussistenza di metodologie che assicurino l’efficacia e l’efficienza del sistema di controllo interno della gestione dei rischi nonché dalla tempestività, attendibilità e completezza dei flussi informativi. (M. Billi “Codice della crisi d’Impresa: adeguati assetti organizzativi e ruolo degli amministratori” in Diritto e processo 9/2020).
Peraltro, mentre, come già detto, il novellato art. 2086 del codice civile ha affiancato ad una generica richiesta di adeguatezza dei ricordati assetti “anche” una funzionalizzazione degli stessi alla rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, il nuovo art. 3 del Cci, entrato in vigore lo scorso 15 luglio, ha l’obiettivo chiarissimo di fornire più puntuali specifiche sul concetto di adeguati assetti organizzativi in funzione esclusivamente della prevenzione e gestione della crisi. A tal proposito, al comma 2 è stabilito che l’imprenditore collettivo, ai fini della tempestiva rilevazione dello stato di crisi e dell’assunzione di idonee iniziative, deve istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato ai sensi dell’art. 2086 c.c., mentre il successivo co. 3 dà per la prima volta un contenuto normativo specifico agli assetti adeguati stabilendo puntualmente quali siano gli adempimenti e i valori da monitorare. Le “misure” e “gli assetti” di cui sopra devono consentire di: 1) rilevare eventuali squilibri di carattere patrimoniale “o” economico-finanziario, rapportati alle specifiche caratteristiche dell’impresa e dell’attività imprenditoriale svolta dal debitore; 2) verificare la sostenibilità dei debiti e le prospettive di continuità aziendale almeno per i 12 mesi successivi e rilevare l’esistenza di debiti per retribuzioni scaduti da almeno 30 giorni pari a oltre la metà dell’ammontare complessivo mensile delle retribuzioni, l’esistenza di debiti verso fornitori scaduti da almeno 90 giorni di ammontare superiore a quello dei debiti non scaduti, l’esistenza di esposizioni nei confronti delle banche e degli altri intermediari finanziari che siano scadute da più di 60 giorni o che abbiano superato da almeno 60 giorni il limite degli affidamenti ottenuti in qualunque forma purché rappresentino complessivamente almeno il cinque per cento del totale delle esposizioni, l’esistenza di una o più delle esposizioni debitorie previste dall’art. 25-novies co. 1, in tema di “Segnalazioni dei creditori pubblici qualificati”; 3) ricavare le informazioni necessarie a utilizzare la lista di controllo particolareggiata e a effettuare il test pratico per la verifica della ragionevole perseguibilità del risanamento di cui al successivo art. 13 co. 2.
Da ultimo si segnala la recente decisione del Tribunale di Cagliari (19 gennaio 2022) che ha stabilito che la mancata dotazione da parte della società amministrata di adeguati assetti organizzativi, amministrativi e contabili costituisce un comportamento integrante una grave irregolarità, meritevole di provvedimenti di controllo giudiziario ex art. 2409 c.c. Significativa per cogliere la rilevanza normativa della richiesta di tempestività delle iniziative opportune è la dichiarazione del Tribunale secondo cui la mancata adozione di adeguati assetti normativi è più grave in un’impresa in condizioni di equilibrio economico finanziario piuttosto che in un’impresa già in crisi, perché “gli adeguati assetti sono funzionali proprio ad evitare che l’impresa scivoli inconsapevolmente in una situazione di crisi o di perdita della continuità”.
(Nota 1) P. Dalena “Adeguati assetti amministrativi e contabili per prevenire la crisi d’impresa: un caso aziendale”, in Amministrazione & Finanza n. 10/2022.
(Nota 2) Una disciplina specifica era già prevista anche per le società che esercitano attività bancaria, assicurativa e per le società quotate.
(Nota 3) M. Meoli “Assetti societari adeguati”, in Impresa e società, ottobre 2022.
(Nota 4) Tra gli altri in questo senso S. Ambrosini “L’adeguatezza degli assetti organizzativi, amministrativi e contabili e il rapporto con le misure di allerta nel quadro normativo riformato” in il caso.it del 15.10.2019.
(Nota 5) D’Attorre, Nuova Giurisprudenza Civile, 2019.
(Nota 6) N. Abriani, A. Rossi, “Nuova disciplina della crisi d’impresa e modificazioni del codice civile: prime letture” in Società, 2019.
(Nota 7) R. Rordorf, “Doveri e responsabilità degli organi di società alla luce del codice della crisi di impresa e dell’insolvenza” in Rivista delle Società n. 64 del 2019.
(Nota 8) G. Verna “Strumenti per il nuovo assetto organizzativo delle società”, Le Società, 8-9, 2019.