Novità in materia di Accordi di ristrutturazione e rinvio del Codice della crisi d’impresa

Novità in materia di Accordi di ristrutturazione e rinvio del Codice della crisi d’impresa

A circa due anni e mezzo dall’approvazione del Codice della Crisi (D. Lgs. n. 14/2019), per effetto del D.L. n. 118/2021 la sua entrata in vigore subisce ancora una volta un rinvio, questa volta al maggio 2022 e addirittura alla fine del 2023 limitatamente alle procedure di allerta. La ratio a base dell’ulteriore slittamento nel tempo è quella di non aggiungere ostacoli ulteriori alle imprese impegnate nel superamento delle crisi aziendali in corso, in larga parte conseguenza della crisi generata dalla pandemia da Covid-19, evitando la intempestiva introduzione di disposizioni e istituti in effetti poco adatti alla gestione dell’attuale contesto economico. Al contempo, con la finalità di agevolare il tessuto economico in sofferenza,  vengono previste con decorrenza ravvicinata, le nuove procedure semplificate di “composizione negoziata della crisi”, del concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio, nonché alcune modifiche a istituti della Legge fallimentare; queste ultime, già in vigore dal 25 agosto scorso, riguardano per lo più anticipazioni di contenuti del codice della crisi confacenti rispetto alle urgenze dettate dalla pandemia e dai suoi effetti sull’economia.

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Per effetto dell’art. 1 del D.L. n. 118/2021 (di seguito Decreto), pubblicato sulla Gazzetta ufficiale n. 202 del 24 agosto il D.L. n. 118/2021 su «Misure urgenti in materia di crisi d’impresa e di risanamento aziendale, nonché ulteriori misure urgenti in materia di giustizia» slitta ufficialmente al 16 maggio 2022 l’entrata in vigore del Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza di cui al D. Lgs. n. 14/2019 (di seguito CCII) prevista, da ultimo, per il 1° settembre 2021 (Nota 1).

Tale ulteriore rinvio si è reso necessario a seguito del perdurare della crisi economica innescata dalla pandemia da Covid-19, rispetto alla quale gli strumenti previsti dal Codice non risultano più adeguati; lo slittamento dovrebbe inoltre consentire di recepire le novità prevista dalla direttiva UE Insolvency (Nota 2).

Il Decreto fa inoltre slittare al 31 dicembre 2023 l’entrata in vigore delle specifiche disposizioni del CCII relative al sistema di allerta obbligatorio e automatico che a seguito di precedenti rinvii (prima al 15 febbraio 2021) avrebbero dovuto applicarsi dal 1° settembre 2021, ciò che avrebbe avuto un probabile effetto negativo e irreversibile sulle imprese colpite dalla crisi economica indotta dal Covid.

Parallelamente il Decreto introduce una nuova procedura di emersione delle difficoltà gestorie di impresa, a carattere volontario ed extragiudiziale, attivabile anche dai soggetti minori, denominata “composizione negoziata” (Artt. 2-17 DL 118/2021), che dovrebbe entrare in vigore da metà novembre e il nuovo concordato semplificato per la liquidazione del patrimonio (art. 18 e 19 D.L. n. 118/2021).

Per una sintesi del nuovo calendario della Riforma della crisi d’impresa si rinvia alla TABELLA 1 allegata.

Oltre a quanto sopra, il Decreto ha introdotto, con efficacia immediata, alcune modifiche alla legge fallimentare che riguardano in particolare novità agli istituti alternativi al fallimento, (quali concordato e accordi di ristrutturazione dei debiti) volti a facilitare il ricorso alle soluzioni negoziate della crisi per dare un supporto a tutte quelle imprese, soprattutto medio-piccole, che presumibilmente non saranno più in grado di garantire la continuità aziendale una volta esauritisi gli effetti dei provvedimenti economici di sostegno che hanno mitigato gli effetti del Covid-19. Le nuove disposizioni riguardano, in particolare:

– estensione della transazione fiscale in caso di “mancanza di adesione” da parte degli enti art. (180 comma 4 l.f.).

– i nuovi accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa di cui all’art. 182 septies l.f.  e gli accordi di ristrutturazione agevolati, di cui all’art. 182 novies l.f., nonché l’estensione degli effetti degli ADR ai coobbligati e soci illimitatamente responsabili (art. 182 decies);

– introduzione nei concordati preventivi in continuità aziendale della moratoria biennale (art. 182 octies) e della possibilità di autorizzare il pagamento dei creditori privilegiati e delle retribuzioni relative alla mensilità antecedente il deposito per i dipendenti la cui attività è destinata a continuare (art. 182 quinquies);

– rinvii o deroghe alla disciplina fallimentare: 1) la possibilità di passare dalle procedure concorsuali a quella del piano di risanamento fino al 31/12/2022; 2) la possibilità di predisporre la documentazione completa in caso di concordato in bianco anche in presenza di una richiesta di fallimento fino al 31/12/2021; 3) l’improcedibilità della risoluzione del concordato preventivo fino al 31/12/2021 (artt 21-23 DL 118 Nota 3).

Restano fuori dal DL 118/2021 quelle parti del Codice della crisi che, estrapolate dal CCII, ricordiamo sono state fatte entrare in vigore in anticipo in forza di interventi precedenti il DL di agosto, quali le modifiche alla legge n. 3/2012, operative dal 25 dicembre 2020, relative alle procedure da sovraindebitamento per i soggetti non fallibili (persone fisiche, professionisti e piccole imprese).

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Certamente il pacchetto degli artt. 1 – 19 relativo ai nuovi istituti di prossima introduzione appare quale parte del D.L. 118/2021 destinato ad avere maggior impatto; in questa occasione guardiamo comunque ai riflessi delle altre disposizioni concentrate nell’art. 20, che hanno comunque una portata significativa e trovano applicazione sin d’ora.  Deve pure aggiungersi che queste novità interessano le procedure di concordato e gli accordi di ristrutturazione dei debiti i cui ricorsi introduttivi siano successivi alla data del 25 agosto 2021, nonché alle comunicazioni di convenzione di moratoria successivi e, quanto all’allungamento della dilazione massima per il pagamento dei privilegiati contemplati dai piani previsti dalla lettera c) del secondo comma dell’art. 186 bis l.f. ai piani presentati successivamente alla predetta data di entrata in vigore del Decreto.

Si tratta di interventi che nella maggioranza dei casi definiscono specifiche più o meno sostanzialmente diverse di meccanismi già previsti, mentre vi è il  caso della novità costituita dalla “convenzione di moratoria” prevista dal nuovo art. 182 octies l.f..

Occorre peraltro segnalare come le novità introdotte dal DL 118 potrebbero subire modifiche in sede di conversione in legge del Decreto.

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Transazione fiscale (Art. 180 4° comma l.f.)

Il primo intervento modificativo di dettaglio  riguarda il potere già attribuito al Tribunale in sede di omologa del concordato di intervenire per salvare una soluzione di concordato destinata a naufragare “in mancanza del voto” da parte dell’amministrazione finanziaria e degli enti gestori della previdenza; si ricorda che questa possibilità era (e rimane anche adesso) subordinata a  due condizioni contemplate dal quarto comma dell’art. 180 l.f. (la circostanza che il voto in questione risulti determinante ai fini delle maggioranze e che, anche sulla base della specifica attestazione prevista dall’art. 161 terzo comma l.f.,  la soluzione concordataria risulti più conveniente per l’erario e gli enti rispetto alla alternativa liquidatoria). L’elemento di dettaglio che risulta modificato riguarda la sostituzione della ipotesi della mancanza di voto con quella più estensiva della mancanza di adesione da parte del creditore erario o ente previdenziale; si realizza quindi un ampliamento dell’ambito dell’intervento in soccorso della soluzione concordataria da parte del Tribunale  rendendolo possibile oltre che nei casi di inerzia, nelle ipotesi di una valutazione sfavorevole non confortata dalle risultanze attestate dal professionista.

Modifiche agli accordi di ristrutturazione (Art. 182 bis l.f.)

Sono ora possibili modifiche sostanziali sia del piano che degli accordi di ristrutturazione prima dell’omologazione (e non solo successivamente, come già previsto), con il necessario nuovo consenso dei creditori; dopo l’omologazione le modifiche devono assicurare l’esecuzione degli accordi. In entrambi i casi è necessario anche il rinnovo dell’attestazione del professionista.

Concordato in continuità, pagabili i crediti anteriori, comprese le retribuzioni dei lavoratori (Art. 182 quinquies 5° comma l.f.)

L’articolo 20, lettera d) del Dl 118/2021, modificando l’articolo 182 quinquies comma 5, in deroga alla regola della cristallizzazione del patrimonio, consente nell’ambito del solo concordato con continuità aziendale (anche in bianco), di pagare crediti anteriori per prestazioni di beni o servizi, previa autorizzazione del tribunale e a condizione che un professionista con i requisiti dell’articolo 67, comma 3, lettera d) attesti che tali prestazioni sono essenziali per proseguire l’attività e funzionali ad assicurare la miglior soddisfazione dei creditori.

In particolare, il Decreto rafforza la tutela dei lavoratori prevedendo che il Tribunale possa autorizzare il pagamento delle retribuzioni dovute per le mensilità antecedenti al deposito del ricorso per concordato, ai lavoratori addetti all’attività di cui è prevista la continuazione (Nota 4); tale riforma non è lesiva degli interessi degli altri creditori in quanto si tratta di una semplice anticipazione del pagamento futuro (essendo crediti privilegiati di massimo grado) e recepisce, in via anticipata, seppure parzialmente, quanto disposto dalla Direttiva insolvency (2019/1023 art. 6, par. 5), che vieta la sospensione delle azioni esecutive per quanto concerne le retribuzioni dei lavoratori, se non nel caso in cui il loro pagamento sia altrimenti garantito con un livello di tutela analogo.

Sempre al fine di favorire la continuità dell’impresa, il novellato art. 182 quinquies consente al debitore, sempre solo quando è prevista la continuazione dell’attività, il pagamento alle scadenze convenute delle rate del mutuo con garanzia reale su beni strumentali all’esercizio (Nota 5); ciò a condizione che, alla data di presentazione della domanda di concordato, egli abbia adempiuto le obbligazioni o che il Tribunale lo autorizzi a pagare il debito per capitale ed interessi scaduto a tale data. La norma richiede altresì che un professionista indipendente attesti che il credito garantito può essere soddisfatto integralmente col ricavato della liquidazione del bene a valore di mercato e che il rimborso delle rate a scadere non lede i diritti degli altri creditori.

Accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa (Art. 182 septies l.f.) e agevolati (Art. 182 novies l.f.)

Tra le novità di maggiore interesse introdotte dall’art. 20 del Decreto (anche in questo caso si tratta di contenuti del CCII selezionati per l’applicazione immediata) vi è quella della lettera e) che interviene sul previgente art. 182 septies ampliando l’ambito di applicazione degli accordi ad efficacia estesa. (Nota 6).

Deve ricordarsi che, nell’ambito dello strumento degli accordi ex art. 182 bis e ss.  che, per definizione si fonda su basi volontarie (le libere determinazioni dei singoli creditori), limitatamente alla categoria dei creditori professionalmente più qualificati, banche e intermediari finanziari, già il previgente art. 182 septies prevedeva una deroga rendendo possibile l’imposizione ad un creditore non consenziente, di termini di un accordo deciso dalla maggioranza  qualificata del 75% degli altri creditori. Nel commentare il nuovo 182 septies come modificato dal decreto,  ricordiamo qui i termini essenziali della norma previgente. Si è detto che la deroga era limitata alla sola categoria dei creditori bancari e degli intermediari finanziari; in questo ambito, verificandosi alcune condizioni e subordinatamente al rispetto di alcune formalità, quanto deciso dalla maggioranza può essere applicato, in estensione, anche ad una minoranza di creditori che non abbia aderito agli accordi (Nota 7).

Per venire alla novità del decreto, il nuovo art. 182 septies contempla al primo comma la nuova versione degli accordi ad efficacia estesa che riguarda adesso la generalità dei creditori, o meglio, creditori che possono essere classificati come appartenenti ad una medesima categoria (rileva sempre la omogeneità di posizioni giuridiche e di interessi economici) senza alcun limite rispetto alla tipologia o natura dei crediti. Come si comprende, l’ambito di applicazione si amplia in modo significativo interessando situazioni debitorie in precedenza escluse a priori (si ricorda il requisito del debito bancario di almeno la metà del passivo) oltre che rendendo passibili della richiesta di estensione degli effetti ogni singola categoria di creditori individuabile sulla base del già visto parametro della omogeneità di posizione giuridica e di interesse economico. La disciplina del previgente 182 septies che trovava applicazione per la sola categoria dei creditori finanziari, viene replicata da un lato senza più questo limite della tipologia di creditori, e dall’altro, introducendo una ulteriore condizione costituita dalla previsione nell’ADR della continuazione dell’attività “diretta o indiretta”. Peraltro, la nuova condizione, evidentemente per evitare che costituisca un filtro eccessivo, non è posta in termini particolarmente rigorosi. A tale proposito, oltre a riconoscere anche in questa occasione il favor per soluzioni che preservano la continuità aziendale, segnaliamo che verifica tale nuova condizione anche l’ipotesi di accordi di ristrutturazione dei debiti in un contesto liquidatorio (di per sé non compatibile con il primo comma del nuovo 182 septies), che però prevedano la cessione dell’azienda oppure addirittura di un solo ramo d’azienda (restando per il resto la destinazione per la liquidazione), operazione che realizza la prosecuzione dell’attività d’impresa “indiretta”, vale a dire in capo al terzo soggetto cessionario dell’azienda o di un solo suo ramo.

Viene poi riproposto l’insieme delle condizioni (maggioranza del 75%, possibilità per i creditori non aderenti che subiscono l’estensione degli effetti di trovare una soddisfazione non inferiore rispetto alle alternative praticabili) e degli obblighi (informativa, modalità di conduzione delle trattative e notifiche), dei quali si è fatto cenno, previsti dalla previgente disciplina del l’art.182 septies (Nota 8).

Sul punto della percentuale dei creditori aderenti, il nuovo art. 182 novies l.f, prevede delle agevolazioni consentendo, in presenza di particolari condizioni, la riduzione alla metà della percentuale per il via libera al procedimento per l’omologa di detti accordi proposti dal debitore (cd. Accordi di ristrutturazione agevolati); nello specifico, la percentuale è ridotta quando il debitore: 1) abbia rinunciato alla moratoria di cui all’articolo 182 bis, primo comma, lettere a) e b); 2) non abbia presentato il ricorso previsto dall’articolo 161, sesto comma, e non abbia richiesto la sospensione prevista dall’articolo 182 bis, sesto comma.

Ricorre nei commenti sulla stampa specializzata l’osservazione che di fatto, ove si riesca a configurare all’interno del piano una qualche continuità aziendale (come visto anche indiretta ed anche in combinazione con attività meramente liquidatorie), si può guardare ai nuovi accordi di ristrutturazione ad efficacia estesa come veri e propri concordati semplificati, nei quali l’impresa debitrice deve misurarsi con la capacità di portare dalla propria parte una maggioranza rafforzata (il 75% per categoria anziché la maggioranza del 50%). In effetti, la qualificazione di concordati semplificati, non esprime tutta la portata del vantaggio di questa opzione rispetto al concordato che appunto non è sintetizzabile nella sola semplificazione della quale fruisce l’impresa in crisi. Al riguardo basti considerare in primo luogo, il misurato ruolo del Tribunale richiesto di omologare gli accordi e dichiarare l’estensione di questi ai non aderenti, ruolo non paragonabile rispetto alle competenze nel concordato;  in secondo luogo, e probabilmente questo può costituire l’elemento più apprezzato, la assenza della figura del Commissario Giudiziale e degli altri ausiliari che vengono impegnati nella gestione di una procedura di concordato dando luogo a costi per spese di giustizia che non si presentano invece negli accordi di ristrutturazione.

Infine, resta, nella nuova seconda parte dell’art. 182 septies, la disciplina degli accordi ad efficacia estesa per la categoria specifica delle banche e degli intermediari finanziari quale caso particolare della versione di cui al primo comma e che, oltre a riferirsi alla indicata categoria di creditori, ha come elementi distintivi il peso percentuale dei debiti di questo tipo rispetto al passivo complessivo (almeno il 50%) e la possibilità di prescindere dal requisito della continuità dell’attività nel piano sotteso agli accordi.

La convenzione di moratoria  (nuovo art. 182 octies l.f.)

Analogamente rispetto a quanto sopra visto con riferimento all’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa, anche per la convenzione di moratoria il decreto dispone un ampliamento dell’ambito di applicazione che in precedenza era circoscritto ai soli crediti delle banche e degli intermediari finanziari e diventa anche in questo caso possibile per qualsiasi categoria di creditori. La convenzione di moratoria, prima disciplinata dai commi 5 e ss. del previgente art. 182 septies, viene ora staccata e trova regolazione con il nuovo art. 182 octies dedicato a tale strumento di gestione della crisi. Deve dirsi che, diversamente da quanto previsto per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa, la nuova disciplina della convenzione di moratoria non contempla alcun distinguo per le negoziazioni con i creditori finanziari.

La convenzione di moratoria in questione costituisce un accordo raggiunto con i creditori  dall’impresa debitrice nell’ambito della gestione della crisi (per disciplinarne in via provvisoria gli effetti) che non contempla – diversamente dagli accordi ex art. 182 bis –  rinunce o stralci dei crediti. Si tratta di accordi sulla dilazione dei pagamenti che possono comprendere anche sia la rinuncia agli atti azionabili dai creditori, sia la sospensione delle azioni esecutive e conservative. Va da sé che, tale strumento potrà risultare adeguato per i casi in cui la  crisi  abbia connotati di disequilibrio finanziario contingente e reversibile.

L’insieme delle condizioni perché i termini degli accordi di moratoria possano essere estesi ai creditori dissenzienti è definito sulla falsariga delle previsioni sopra viste per gli accordi di ristrutturazione dei debiti ad efficacia estesa senza però risultare esattamente sovrapponibili. In comune con la disciplina del nuovo 182 septies  sono le previsioni sul meccanismo delle categorie di creditori, sulla percentuale minima del 75% delle adesioni dei crediti all’interno della categoria, sugli obblighi del debitore in tema di coinvolgimento dei creditori nelle trattative,  di completa informativa sulla situazione patrimoniale, economica e finanziaria del debitore nonché sui termini e sugli effetti della convenzione e di notifica degli atti ai creditori non aderenti.

Il primo elemento distintivo della disciplina della nuova convenzione di moratoria è costituito dalla  condizione posta dalla lettera c) del secondo comma dell’art. 182 octies che impone che i creditori non aderenti ai quali si estendono gli effetti della convenzione subiscano un pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione della crisi perseguite (Nota 9). Si tratta di condizione nuova rispetto a quanto previsto dal previgente art. 182 septies e sensibilmente diversa rispetto alla soluzione adottata dal nuovo art. 182 septies che, si ricorda, fa riferimento ad un grado di soddisfacimento ottenibile dagli accordi non peggiore rispetto alle alternative praticabili.

Il secondo, altrettanto significativo elemento distintivo, è dato dalla previsione che l’impresa debitrice produca una relazione del professionista (avente i requisiti previsti per le attestazioni delle altre disposizioni in materia) che attesti oltre alla veridicità dei dati aziendali, l’idoneità della convenzione a disciplinare provvisoriamente gli effetti della crisi e il ricorrere della condizione di cui alla lettera c) vista sopra. Come si vede, mentre l’attestazione relativa alla veridicità dei dati aziendali non pone nuovi problemi interpretativi, possiamo aspettarci dubbi sulla interpretazione e poi concreta applicazione delle disposizioni relative alle due nuove condizioni e, segnatamente, quella relativa al riscontro del pregiudizio proporzionato e coerente con le ipotesi di soluzione perseguite.

Coobligati e dei soci illimitatamente responsabili (nuovo art. 182 decies l.f.)

Un ultimo spazio deve riservarsi all’introduzione dell’art. 182 decies dedicato alla posizione dei coobbligati e dei soci illimitatamente responsabili ed ai soci illimitatamente responsabili.

Il tema dei coobbligati, garanti dell’impresa debitrice principale che ha concluso accordi omologati ai sensi degli artt. 182 bis e ss. non era in precedenza oggetto di specifica regolamentazione dalla legge fallimentare, diversamente da quanto invece avviene con l’art. 184 che, quando il debitore è interessato dalla diversa procedura  del concordato preventivo, prevede che il creditore conserva impregiudicati i diritti verso i coobbligati, i fideiussori e gli obbligati in via di regresso. La soluzione più accreditata era nel senso di escludere l’applicazione analogica tout court dell’art. 184 l.f. anche per il caso, non espressamente contemplato dalla norma, di accordi di ristrutturazione dei debiti. A tale soluzione si arriva a partire dalla considerazione che nel concordato che vede l’approvazione espressa da parte del ceto creditorio, in effetti  il singolo creditore soggiace alla volontà espressa in base al principio maggioritario, e sarebbe questo  l’elemento che giustifica la deroga  al principio generale di cui all’art. 1239 c.c. in base al quale la remissione accordata dal creditore al debitore principale libera anche i fideiussori. Così argomentando si riconosce che il creditore che sottoscrive gli accordi di ristrutturazione ex art. 182 bis vedrà anche i coobbligati beneficiare degli effetti dell’accordo stante la base volontaria che ha portato alla modifica del rapporto con il debitore principale. Sulla base del medesimo argomento, deve considerarsi invece che il creditore (fino a ieri poteva essere soltanto una banca o un intermediario finanziario) che, senza avervi aderito,  si trova a subire l’estensione degli effetti di accordi di ristrutturazione ai sensi del previgente art. 182 septies, conserva impregiudicati i diritti verso i coobligati.

Orbene, le descritte considerazioni poste a base della soluzione interpretativa finora data, si ritrovano adesso nella lettera del nuovo art. 182 decies che prevede che l’art. 1239 c.c. si applica ai creditori che hanno sottoscritto gli accordi di ristrutturazione mentre i creditori non aderenti per i quali il Tribunale dichiara l’estensione degli effetti degli accordi conservano impregiudicati i propri diritti verso i coobligati, i fideiussori del debitore e gli obbligati i via di regresso.

Analogamente, viene pure risolta con l’introduzione della norma puntuale che regola la materia, la posizione dei soci illimitatamente responsabili, questa volta mutuando il tenore del secondo comma dell’art. 184 l.f. (in tema di concordato preventivo) per il caso degli accordi di ristrutturazione e, così, l’ultimo comma dell’art. 182 decies prevede che, salvo patto contrario, gli accordi di ristrutturazione della società hanno efficacia nei confronti dei soci illimitatamente responsabili.

 

Nota 1) Il D.Lgs. n. 14/2019 (di modifica della legge fallimentare – R.D. n. 267/1942), la cui entrata in vigore, originariamente fissata al 15 settembre 2020, era già stata rinviata al 1° settembre 2021 dal D.L. n. 23/2020.

Nota 2) La Direttiva 20 giugno 2019, n. 2019/1023/UE (c.d. Direttiva Insolvency), introduce l’obbligo per gli Stati membri di assicurare un regime diretto a facilitare la ristrutturazione preventiva dell’impresa ove vi sia probabilità d’insolvenza (insolvency likelihood), regolandone soltanto alcuni aspetti: la previsione di strumenti di allerta (early warning tools), la possibilità di concessione e revoca della sospensione delle azioni esecutive, il contenuto e la disciplina del piano di ristrutturazione, il regime di formazione, per alcuni versi obbligatoria, delle classi, ivi compresi gli equity holders (detentori di azioni), gli interventi, per un verso limitati e per l’altro obbligatori, del giudice. La disciplina dell’allerta prevista dalla Direttiva Ue è molto più soft di quella adottata dal nostro Codice della crisi in quanto si concretizza in obblighi di informazione e opportunità di consulenza ed assistenza all’imprenditore. L’Italia ha chiesto alla Commissione Europea il differimento di un anno del termine entro cui recepire la direttiva 1023/19 sui quadri di ristrutturazione preventiva, da ultimo il nostro legislatore ha approvato la delega legge 22 aprile 2021, n. 53 (art. 1, comma 1, e All. A, n. 22, per il recepimento della Direttiva.

Nota 3) In particolare, quanto alle procedure in corso di esecuzione, sono improcedibili, fino al 31 dicembre 2021, i ricorsi per la risoluzione del concordato, e quelli per la dichiarazione di fallimento proposti nei confronti di imprenditori che abbiano presentato domanda di concordato, ex art. 186 bis del RD 267/42, omologato dopo il 1° gennaio 2019. Inoltre, dal 25 agosto al 31 dicembre 2021, il termine per la domanda di concordato in bianco è compreso fra 60 e 120 giorni, anche quando penda il procedimento per la dichiarazione di fallimento, ed è prorogabile, in presenza di giustificati motivi, di non oltre 60 giorni. Viene altresì prorogata al 31 dicembre 2022 la possibilità per l’imprenditore di regolare la sua situazione di crisi con un piano di risanamento attestato, pubblicato nel registro delle imprese prima della scadenza del termine concesso dal tribunale Con modifica all’art. 9, comma 5-bis del D.L. n. 23/2020, inoltre, si consente al debitore, il quale entro il 31 dicembre 2022 abbia ottenuto la concessione dei termini di cui all’art. 161 comma 6 o all’art. 182-bis comma 7 Legge Fallimentare, di rinunciare alla domanda entro i suddetti termini, dichiarando di avere predisposto un piano ex art. 67 comma 3 lett. d) del R.D. n. 267/42 pubblicato nel Registro delle imprese e depositando la documentazione della pubblicazione.

Nota 4) Il quinto comma dell’articolo 182 quinquies l.f. consentiva già nel concordato preventivo, con l’autorizzazione del Tribunale, il pagamento di debiti anteriori se essenziali per la prosecuzione dell’attività e funzionali al miglior soddisfacimento dei creditori.

Nota 5) L’articolo 55 l.f. prevede che nell’ambito del concordato preventivo, le future rate (quota capitale più interessi) non ancora esigibili devono comunque considerarsi scadute, non potendo sottrarsi alla disciplina dell’anticipata scadenza, alla data della domanda di concordato, di tutti i debiti pecuniari.

Nota 6) Il nuovo testo dell’art. 182 septies l.f. richiama quanto previsto già dal Codice della crisi d’impresa, nelle disposizioni che estendono l’ambito di applicazione degli accordi ad efficacia estesa, con la differenza che nella norma originaria essi erano utilizzabili pressoché esclusivamente nel caso in cui i creditori fossero rappresentati da intermediari finanziari.

Nota 7) Tra le condizioni, si segnala la necessità che la categoria dei creditori (all’interno della quale la decisione di adesione della maggioranza del 75% ha effetto anche sulla minoranza che non sottoscrive gli accordi) sia definita sulla base della omogeneità delle posizioni giuridiche e degli interessi economici (sempre restando ferma la qualificazione di banche o intermediari finanziari). Le ulteriori due condizioni riguardano il peso percentuale, nel passivo complessivo del debitore, costituito   dai debiti finanziari che deve essere di almeno il 50% e che il grado di soddisfacimento dei creditori non aderenti, per effetto dell’estensione degli effetti degli accordi, non sia minore rispetto alle alternative concretamente praticabili. Si tratta di una situazione, che in effetti si può presentare, nella quale lo scarso interesse nella gestione di una posizione modesta da parte del creditore finanziario determina una inerzia o disattenzione che, in mancanza di questo strumento, rischia di causare l’insuccesso dell’iniziativa senza che la scelta del creditore sia effettivamente motivata da un fondato giudizio di scarsa convenienza dell’ADR. Quanto alle formalità che il debitore deve rispettare, queste riguardano, l’interlocuzione con l’insieme di tutti i creditori appartenenti alla categoria, che devono essere destinatari di informative complete ed aggiornate e devono essere messi in condizioni di prendere parte sin dall’inizio alle trattative che sfociano poi negli accordi. In più, il ricorso per l’omologa degli accordi contenete la richiesta di estensione degli effetti a determinati creditori finanziari, deve essere oggetto di specifica notifica nei confronti di detti creditori.

Nota 8) In particolare, l’art. 182 septies l.f prevede che “tutti i creditori  appartenenti  alla  categoria  siano  stati informati  dell’avvio  delle  trattative,  siano stati messi in condizione di parteciparvi in buona fede e abbiano ricevuto  complete e aggiornate informazioni sulla situazione patrimoniale, economica  e finanziaria del debitore nonche’ sull’accordo e sui suoi effetti; …d) i creditori della medesima categoria non aderenti cui  vengono estesi gli effetti dell’accordo possano risultare soddisfatti in base all’accordo stesso in misura non inferiore rispetto alle  alternative concretamente praticabili;   e) il debitore abbia notificato l’accordo, la  domanda di omologazione e i documenti allegati ai creditori  nei  confronti  dei quali chiede di estendere gli effetti dell’accordo.  Per i creditori della medesima categoria non aderenti ai quali il debitore chiede di estendere gli effetti dell’accordo il termine per proporre opposizione decorre dalla data della notifica di cui al secondo comma. In nessun caso, per effetto dell’accordo di ristrutturazione, ai creditori ai quali e’ stato esteso l’accordo possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilita’ di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti. Non e’ considerata  nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di  beni oggetto di contratti di locazione finanziaria gia’ stipulati.”

Nota 9)   La norma dispone altresì “In nessun caso, per effetto della convenzione, ai creditori della medesima categoria non aderenti possono essere imposti l’esecuzione di nuove prestazioni, la concessione di affidamenti, il mantenimento della possibilità di utilizzare affidamenti esistenti o l’erogazione di nuovi finanziamenti. Non e’ considerata nuova prestazione la prosecuzione della concessione del godimento di beni oggetto di contratti di locazione finanziaria gia’ stipulati. La convenzione va comunicata, insieme alla relazione del professionista indicato al secondo comma ai creditori non aderenti mediante lettera raccomandata con avviso di ricevimento o presso il domicilio digitale. Entro trenta giorni dalla comunicazione puo’ essere proposta opposizione avanti al tribunale.  Il tribunale decide sulle opposizioni in camera di consiglio, con decreto motivato. Nel termine di quindici giorni dalla comunicazione, il decreto del tribunale e’ reclamabile alla corte di appello, ai sensi dell’articolo 183”.

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