Capital gains: verso l’aliquota unica al 26%

Capital gains: verso l’aliquota unica al 26%

La Legge di Stabilità 2018 ha ridisegnato il regime di tassazione dei capital gains, di pari passo a quello dei dividendi, mediante l’estensione del prelievo sostitutivo del 26% alle cessioni di partecipazioni qualificate a partire dal 2019.
L’equiparazione del prelievo per i possessori di partecipazioni percentualmente diverse cancella finalmente quell’incongruenza, presente nel nostro sistema fiscale sin dal 1° luglio 2014 con l’introduzione della sostitutiva al 26%, che ha visto i titolari partecipazioni minori (non qualificate) assoggettati ad un prelievo più elevato rispetto ai titolati delle partecipazioni qualificate. Per altro verso si osserva che, per la platea dei possessori di partecipazioni qualificate, il nuovo regime con “imposta piatta” al 26% genera un maggior prelievo con riferimento alle fasce di reddito più basse e un risparmio per i redditi più alti.


La Legge di Stabilità 2018, Legge n. 27.12.2017 n. 205 (in GU n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ord. n. 62), all’art. 1, commi 999 e seguenti, ha modificato la tassazione delle partecipazioni con particolare riferimento a quelle detenute dalle persone fisiche al di fuori dell’attività di impresa. Analogamente a quanto disposto per i dividendi, quindi, anche per i redditi realizzati a seguito della cessione a titolo oneroso di partecipazioni è prevista l’equiparazione del regime di tassazione delle partecipazioni “qualificate” e delle “non qualificate” (Nota 1), attraverso l’estensione dell’imposizione sostitutiva al 26% a tutte le categorie e l’abolizione di ogni rilevanza rispetto alla progressività Irpef.
Sul piano soggettivo l’intervento normativo interessa le persone fisiche non imprenditori, le società semplici e gli enti non commerciali che detengono le partecipazioni non in regime d’impresa; in altri termini il provvedimento è esteso ai soggetti che realizzano un reddito diverso di natura finanziaria tassato secondo le regole degli artt. 67 e 68 del TUIR. Su tale punto, poiché il parallelo regime dei dividendi non riguarda invece le società semplici e gli enti commerciali, si osserva una incongruenza (non giustificata) rispetto alla disciplina del capital gain.
Sul piano oggettivo la riforma riguarda le partecipazioni in società di capitali, in società di persone ed anche in società semplici, tutte ricomprese nella nozione di partecipazioni qualificate. La riforma, inoltre, riguarda anche le partecipazioni in società non residenti, escluse tuttavia le società residenti o localizzate in Stati o territori considerati a regime fiscale privilegiato. Per quest’ultime permane il previgente regime che prevede la tassazione integrale della plusvalenza in sede di dichiarazione, salvo casi particolari (Nota 2).

In merito alla decorrenza si osserva come le modifiche al regime in commento decorrono dal 1° di gennaio 2019, mentre il correlato regime dei dividendi decorre dal 1° gennaio 2018. Il disallineamento tuttavia è solo apparente se si considera che ai dividendi maturati sino al 31.12.2017 continuano ad applicarsi le vecchie regole e che l’imposta sostitutiva applicata in modo generalizzato riguarda i dividendi maturati dal 1.1.2018 e, quindi, oggetto di atti di distribuzione a partire dal 2019.
Sempre in merito alla decorrenza occorre ricordare che le plusvalenze si intendono realizzate “nel momento in cui si perfeziona la cessione a titolo oneroso delle partecipazioni” (Agenzia delle Entrate circolare n. 11 del 28.03.2012). E’ quindi la data dell’atto di cessione che determina il regime impositivo applicabile. Sotto il diverso profilo dell’individuazione del momento della tassazione resta che in caso di dilazione o rateazione del corrispettivo, ai sensi dell’art. 68 comma 7 lettera f) del TUIR, la plusvalenza viene ripartita in proporzione tra i periodi d’imposta di incasso delle somme, fermo restando che il regime impositivo rimane “cristallizzato” in quello vigente all’atto della cessione. Di conseguenza in caso di cessione di una partecipazione qualificata con atto stipulato nel 2018 il relativo capital gain è tassato con il regime ordinario ora vigente anche se il corrispettivo sarà, in tutto o in parte, incassato nel 2019 (e, quindi, tassato con il regime ordinario nello stesso anno).
Sul piano sostanziale, ovvero degli effetti delle modiche sull’entità del prelievo, si osserva come l’intervento vada nella direzione di uniformare al rialzo (e non al ribasso) il prelievo complessivo (previsto, in misura diversa, per le due categorie: “qualificate” e “non qualificate”) mediante l’applicazione indistinta del regime, in linea generale, più oneroso che è quello del 26%.
Occorre però ricordare che il regime ordinario di tassazione delle partecipazioni qualificate, dal 1° gennaio 2018, ha subito una modifica diretta ad incrementare la percentuale imponibile di tali partecipazioni che è passata dal 49,72% al 58,14%. L’aggiustamento è la risultante della riduzione dell’aliquota IRES dal 27,50% al 24% e serve, come è noto, per riconoscere in capo alla persona fisica uno sconto pari all’imposta pagata dalla società ed al fine di evitare la doppia tassazione (economica) degli stessi redditi in capo a soggetti diversi (società e socio). Raffrontando quindi il regime impositivo ordinario attuale (ed in vigore dal 1° gennaio fino al 31 dicembre 2018) con quello dell’imposta sostitutiva in vigore dal 1 gennaio 2019, si evince come il primo risulti conveniente per le fasce di reddito più basse (fino allo scaglione dei 55 mila euro) e più oneroso per le fasce di reddito più altre.
Ed ancora, sul piano della sostanza del prelievo, un ulteriore effetto della novella si ha sulle così dette “masse” per la determinazione degli imponibili; in effetti sono state modificate le regole per la compensazione delle minusvalenze previste dall’art. 68 commi 3 e 5 del TUIR.
Prima dell’intervento normativo in commento, ai fini della compensazione fra minusvalenze e plusvalenze, si distinguevano tre “masse” distinte e relative, rispettivamente, a: (i) partecipazioni non qualificate (ii) partecipazioni qualificate e (iii) partecipazioni in società residenti in Paesi a regime fiscale privilegiato.
Le plusvalenze di ciascuna delle categorie (o masse) su menzionate potevano essere compensate solo con le minusvalenze relative alla stessa categoria di partecipazioni.
A seguito delle modifiche in commento sono state di fatto accorpate le categorie (i) e (ii), mentre resta ancora distinta la “massa” (iii) le cui minusvalenze continuano a poter essere compensate solo con le plusvalenze da partecipazioni della stessa natura.

La legge di Stabilità 2018, oltre che sulla formulazione dell’art. 68 TUIR, che disciplina il regime della dichiarazione, è intervenuto in maniera analoga anche sugli articoli 6 e 7, D.Lgs. n. 461/1997, che regolano rispettivamente il regime del risparmio amministrato e il regime del risparmio gestito. Con l’eliminazione della distinzione tra partecipazioni qualificate e non qualificate ai fini del capitale gain, è previsto che le partecipazioni qualificate possano rientrare nel regime del risparmio amministrato ex art. 6 del DLgs. 461/97 ed in quello del risparmio gestito ex art. 7 del DLgs. 461/97. Ciò vale anche per le partecipazioni in società residenti in Paesi o territori a fiscalità privilegiata, per le quali sia stata dimostrata, tramite apposito interpello, la sussistenza dei requisiti dell’art. 87 co. 1 lett. c) del TUIR.

Infine si segnala che per quanto abbia perso rilievo la distinzione tra partecipazione qualificata e non qualificata ai fini di cui sopra, le relative nozioni, previste dall’art. 67 comma 1 lett. c) e c-bis) del TUIR, non sono state modificate e continuano ad essere rilevanti con riferimento alle cessioni operate dai non residenti (Nota 3) e in relazione alla tassazione agevolata dei PIR (Piani Individuali di Risparmio) (Nota 4).

Si riporta in tabella un prospetto riepilogativo delle nuove regole di tassazione dei capital gains e si evidenzia che la Legge di Bilancio 2018 non è intervenuta a modificare il regime impositivo delle plusvalenze da partecipazioni nell’ambito del reddito di impresa.
(Nota 1) Si ricorda che per partecipazioni “qualificate” si intendono quelle che rappresentano oltre il 20% dei voti in assemblea ordinaria o il 25% del capitale (2% e 5% per le azioni negoziate in mercati regolamentati).
Nota 2) In particolare è previsto, all’art. 68 comma 4, che la tassazione integrale non si applichi e che, quindi, si applichi l’imposizione sostitutiva del 26%, nel momento in cui la partecipazione nel soggetto a regime fiscale privilegiato sia non qualificata e sia quotata nei mercati regolamentati. Inoltre, la tassazione integrale può essere evitata, con applicazione del regime ordinario, se il socio residente in Italia dimostra che dalle partecipazioni non sia conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi nel paradiso fiscale (art. 68 c. 4 del TUIR, il quale richiama allo scopo la causa esimente prevista in materia di CFC dall’art. 167 co. 5 lett. b) del TUIR). Nel caso invece in cui il contribuente residente sia in grado di dimostrare soltanto l’esimente prevista dall’art. 167 c. 5 lett. a) del TUIR (svolgimento, da parte della partecipata estera, di un’effettiva attività industriale o commerciale, come sua principale attività, nel mercato dello Stato o territorio di riferimento), in tale caso la plusvalenza rimane imponibile per l’intero ammontare però è possibile scomputare, ai sensi dell’art. 68 co. 4-bis del TUIR, il credito d’imposta in ragione delle imposte assolte dalla partecipata estera sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione alle partecipazioni cedute e nei limiti dell’imposta italiana riferita a tale plusvalenza.

Nota 3) Per quanto riguarda i capital gains realizzati da persone fisiche non residenti, l’art. 5 comma 5 del DLgs. 461/97 accorda il beneficio dell’esenzione dall’imposta sostitutiva sul capital gain ai soggetti residenti in Stati appartenenti alla white list, limitatamente alle cessioni di partecipazioni non qualificate e considera imponibili (fatti naturalmente salvi i benefici delle Convenzioni contro le doppie imposizioni) le cessioni di partecipazioni qualificate. Inoltre, l’art. 23 comma 1 lett. f) del TUIR esclude dalla tassazione italiana per i non residenti le plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni non qualificate quotate in società italiane.

Nota 4) I Piani individuali di risparmio a lungo termine (PIR) sono stati introdotti dalla Legge di bilancio 2017 (legge 232/16, articolo 1, commi 100- 114) e rappresentano una forma di raccolta del risparmio familiare, riservata esclusivamente a persone fisiche al di fuori dall’esercizio attività d’impresa (ogni persona fisica può essere titolare di un solo PIR ed ogni PIR non può avere più di un titolare). La gestione del PIR deve essere affidata ad una Società di Gestione del Risparmio (SGR) e l’importo massimo investimento è di € 30.000 l’anno e non più di 150mila euro nell’arco di 5 anni.
Ai fini delle agevolazioni fiscali previste per gli investimenti in PIR continua ad essere rilevante la nozione di partecipazione qualificata: ai sensi dell’art. 1 co. 100 della L. 232/2016, non sono soggetti ad imposizione i redditi di capitale di cui all’art. 44 del TUIR diversi da quelli relativi a partecipazioni qualificate

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