La natura generalizzata ed estesa della crisi economica indotta da quella sanitaria ha portato adesso ad una disciplina straordinaria rispetto a due temi cruciali con i quali la gran parte delle imprese italiane si sta confrontando con estrema preoccupazione: gli effetti del conseguimento di perdite rilevanti che riducono il capitale e la verifica della continuità aziendale quale condizione per l’adozione dei criteri di valutazione delle poste di bilancio. Il Decreto Liquidità mette da parte le regole ordinarie per lasciare spazio alla continuità delle imprese.
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L’emergenza Covid 19 ha inevitabilmente un impatto già sui bilanci 2019 se non altro per i contenuti dell’informativa obbligatoria che guardano agli andamenti dell’esercizio in corso ed agli elementi della congiuntura e delle prospettive. E l’aspetto di maggior impatto sembra debba essere individuato nelle conseguenze che l’attuale scenario produrrà sull’apprezzamento della “continuità aziendale” (Nota 1), ai fini delle valutazioni delle voci di bilancio, con conseguenti risvolti sulla evidenziazione di perdite e di situazioni di deficit patrimoniali derivanti da quotazioni penalizzanti degli assets aziendali in assenza della continuità.
La nozione di continuità aziendale è diventata recentemente sempre più protagonista nel nostro sistema e, in questo contesto di difficoltà, unitamente alle disposizioni in tema di integrità del capitale delle srl e spa, a ragione viene vista come una “spina nel fianco” per molte realtà aziendali.
La scelta che è alla base delle nuove disposizioni contenute nel Decreto Liquidità (DL n. 23 del 8 aprile 2020 di seguito anche “Decreto”) si sostanzia nell’obiettivo di sterilizzare la portata degli effetti negativi derivanti dalla pandemia limitatamente alla applicazione sia della normativa codicistica sulle perdite rilevanti, quindi sugli obblighi di ricapitalizzazione e sulle cause di scioglimento delle società (art. 6), sia dei criteri ordinari per il riscontro della continuità aziendale in funzione della chiusura dei bilanci (art. 7) e, da ultimo, di derogare alle disposizione societarie sulla postergazione dei crediti per finanziamenti effettuati dai soci (art 8).
Si tratta di interventi che, in nome della salvaguardia della continuità delle imprese, priorità che viene invocata da tutti, mettono in un secondo piano altri principi cardine del nostro diritto societario, in primis, la disciplina sulla integrità del capitale e sulla causa di scioglimento per perdita del capitale. A tale proposito, è significativa la circostanza che la disapplicazione di questi articoli del codice civile ha un precedente giusto nella legge fallimentare, art. 182 sexies l.f., misura estrema riservata alla fattispecie, per definizione patologica, di impresa che ha depositato il ricorso per il concordato o per l’omologazione degli accordi di ristrutturazione dei debiti.
La portata delle richiamate disposizioni del Decreto Liquidità si apprezza appieno partendo dalla considerazione del quadro della disciplina ordinaria che, limitatamente a questo periodo contingente, viene appunto accantonata.
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Ricordiamo il quadro normativo ordinario, ante decreto.
Rispetto all’insieme delle norme sulla integrità del capitale, mettiamo in evidenza che, operando la causa di scioglimento prevista dal n. 4 dell’art. 2484 c.c. (la riduzione del capitale al di sotto del minimo), gli organi amministrativi, a norma dell’art. 2486 c.c. (sino al passaggio di consegna ai liquidatori) devono orientare la gestione dell’impresa a finalità conservative del patrimonio sociale, abbandonando dunque la normale dinamica imprenditoriale: esattamente il contrario di quanto in questi momenti tutti auspicano guardando la desolazione delle “saracinesche abbassate”. Deve aggiungersi che la portata del predetto obbligo è rafforzata dalla previsione di uno specifico regime di responsabilità personale degli amministratori per il caso di violazione della norma.
Con riguardo alla continuità in tema di bilancio si ricorda che l’art. 2423-bis comma 1 n. 1 c.c. dispone che “Nella redazione del bilancio … la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della continuazione dell’attività nonché tenendo conto della funzione economica dell’elemento dell’attivo o del passivo considerato”, per la valutazione della continuità aziendale nella redazione dei bilanci occorre rifarsi ai criteri Oic e al principio di revisione Isa 570 (Nota 2).
Secondo il principio Oic 11, monitorare la continuità aziendale significa valutare la capacità dell’impresa di costituire un complesso economico funzionante e produttivo di reddito per almeno per i 12 mesi seguenti la data di riferimento del bilancio; la continuità è, quindi, sinonimo di funzionalità aziendale.
In negativo, elementi che minano la continuità aziendale sono costituiti da deterioramenti degli equilibri economici, finanziari e patrimoniali che si traducono in situazioni di crisi; la continuità aziendale viene messa in discussione quando le condizioni attuali e prospettiche non consentono di riscontrare che gli interventi in soccorso dell’impresa necessari per dare adeguata risposta alle situazioni di crisi potrebbero non essere assicurati dalla compagine sociale o dall’ambiente esterno.
Nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale deve quindi effettuare una valutazione prospettica della capacità dell’azienda di continuare a costituire un complesso economico funzionante destinato alla produzione di reddito per un prevedibile arco temporale futuro, relativo a un periodo di almeno 12 mesi dalla data di riferimento del bilancio.
Con una piccola divagazione sulla normativa di futura applicazione, si consideri che il Codice della crisi d’impresa e dell’insolvenza (Dlgs 14/2019) richiede che il monitoraggio della continuità aziendale avvenga in un continuum temporale, non solo quindi come adesso in sede di bilancio, e che la valutazione sia effettuata in relazione all’esercizio in corso o per i sei mesi successivi (se la durata residua dell’esercizio è minore). L’articolo 13 del Codice fornisce gli strumenti per valutare il going concern tramite gli indicatori di crisi, tra cui gli indici elaborati dal Cndcec e quelli che evidenziano la sostenibilità dei debiti per almeno i sei mesi successivi e i ritardi nei pagamenti, specialmente in riferimento ai debiti segnalabili da parte dei creditori pubblici qualificati ex articolo 15 del Codice (Nota 3).
Per inciso, si segnala che l’art. 5 di questo Decreto dispone il rinvio dell’entrata in vigore del Codice della crisi al primo settembre 2021, probabilmente nella consapevolezza della intempestività della entrata in vigore di una disciplina del tutto nuova (e quindi non rodata) che ha, nella introduzione degli strumenti di allerta, uno degli elementi più caratterizzanti.
La normativa civilistica e i Principi contabili nazionali prevedono altresì specifici obblighi di informativa sulla continuità aziendale da riportarsi nella Relazione sulla gestione e/o in Nota integrativa.
Nella Relazione sulla gestione gli amministratori devono fornire una descrizione dei principali rischi ed incertezze ai quali la società è esposta (art. 2428 c.c.) e, come appare evidente, la trattazione della crisi da Covid 19 sarebbe elemento centrale e con ogni probabilità presente nella totalità dei bilanci 2019.
Nell’ipotesi in cui il redattore di bilancio, a seguito della valutazione prospettica, riscontri significative incertezze in merito alla capacità dell’azienda di far fronte alla crisi deve darne informativa nella nota integrativa, nella quale riportare, come indicato dall’Oic 11 e da Assirevi:
- le informazioni relative ai fattori di rischio, alle assunzioni effettuate e alle incertezze identificate;
- i piani aziendali futuri per fare fronte a tali rischi e incertezze.
- le ragioni che le qualificano come significative e le ricadute che esse possono avere sulla continuità.
Anche con riferimento ai predetti contenuti risulta agevole prevedere che l’attenzione sarà rivolta ai riflessi delle modificazioni delle condizioni ambientali a causa della crisi sanitaria.
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Il drastico, e senza precedenti, peggioramento delle condizioni ambientali determinatesi per la crisi sanitaria che stiamo vivendo avrebbe un impatto dirompente in caso di applicazione degli obblighi connessi e conseguenti alla menzionata obbligatoria attività di monitoraggio della continuità aziendale in uno con il controllo sulla integrità del capitale in base alla normativa ordinaria. Si tratta di un tema che, come risulta evidente, diventa molto delicato soprattutto per la numerosa platea delle imprese sottocapitalizzate che, a cose normali, si battono per mantenere più o meno stabili e consolidate condizioni di equilibrio economico, finanziario e patrimoniale. È verosimile credere che lo scenario attuale di crisi – economica indotta da quella sanitaria – importerà per un numero significativo di imprese italiane la perdita di consistenti flussi finanziari in entrata, il conseguimento di perdite, e scenari che nel prossimo futuro si presentano ancora problematici; si tratta di un mix di elementi che, calato nell’attività di rigoroso monitoraggio dell’integrità del capitale con l’attenzione alla verifica della continuità aziendale ai fini del mantenimento di determinati criteri di valutazione di bilancio, fa scattare semafori rossi e campanelli di allarme con il concreto rischio di ingenerare un fenomeno generalizzato di liquidazioni di società non sopportabile dal sistema.
Con favore devono dunque essere viste le disposizioni dell’art. 6 – questa per altro già a suo tempo ricompresa nelle richieste del Consiglio nazione dei dottori commercialisti e Confindustria (punto 20 in Nota 4) – e dell’art. 7 del Decreto Liquidità.
In forza dell’art. 6, limitatamente a questa seconda frazione dell’anno solare 2020 (dalla data di entrata in vigore, 9 aprile 2020 sino a fine anno) si avrà la disapplicazione delle norme del codice civile sugli obblighi di ricapitalizzazione per perdite e, soprattutto, la riduzione del capitale al di sotto del minimo, situazione che è dato prevedere toccherà un numero elevato di società, non costituirà più una causa di scioglimento della società. Si segnala che, non operando questo evento quale causa di scioglimento, in tutti i relativi casi per l’intero anno 2020 gli organi amministrativi potranno gestire le situazioni di difficoltà senza temere (anche per sé) per i divieti altrimenti posti dall’art. 2486 c.c. come sopra commentato. Senza dunque questo tipo di freno, viene quanto meno evitato di ulteriormente sacrificare, stroncandole sul nascere, le potenzialità di una eventuale ripresa della società in continuità, magari grazie anche alla fruizione di aiuti a sostegno delle imprese che, è auspicabile, si susseguiranno nei mesi a venire trovando le imprese stesse non costrette, nel frattempo a “chiudere i battenti” a causa del formarsi di un deficit patrimoniale.
Sulla base dell’idea che possa essere estremamente estesa la platea delle società che nei prossimi mesi, rimanendo vigente la normativa codicistica, si sarebbero dovute predisporre a dare evidenza di uno stato di liquidazione con i conseguenti riflessi sulla operatività aziendale, l’art. 6 dispone la disapplicazione dei citati articoli del codice civile in via generalizzata, di fatto senza alcun filtro per operare un discrimine che dia rilievo al ruolo decisivo o meno della crisi sanitaria rispetto alla formazione delle perdite. Non importa dunque se la formazione delle perdite (che dà luogo alla riduzione del capitale anche al di sotto del minimo) sia o meno ascrivibile, in via diretta o indiretta, alla emergenza sanitaria; la misura a carattere eccezionale si applica indistintamente con il solo limite temporale precisato.
Soluzione in parte diversa è stata invece adottata nell’ambito dell’art. 7, in tema di verifica della continuità aziendale ai fini dei criteri di valutazione delle voci del bilancio. In questo caso, nella nuova disposizione assume rilievo il mutato contesto ambientale laddove viene espressamente previsto che la valutazione delle poste del bilancio di esercizio potrà essere operata comunque (e quindi anche in presenza di elementi che altrimenti negherebbero la continuità) nella prospettiva della continuazione dell’attività, purchè questa condizione risulti sussistente nell’ultimo bilancio chiuso prima del 23 febbraio 2020. In altri termini, individuata nel 23 febbraio 2020 la data a partire dalla quale si è modificato il contesto economico per effetto della crisi sanitaria, il lasciapassare in tema di continuità sarà riservato ai soli casi nei quali è riscontrabile (e se ne deve dare dimostrazione e menzione con richiamo nello stesso bilancio) che il requisito della continuità era sussistente prima dell’emergenza.
Si segnala che, rispetto al testo della bozza, l’art. 7 del Decreto pubblicato in G.U. aggiunge un secondo comma che, molto opportunamente, vale ad includere espressamente l’ambito di applicazione della disposizione sia ai prossimi bilanci degli esercizi chiusi al 31.12.2020, sia anche (e questo non lo si ricavava direttamente dalla precedente formulazione) con riferimento ai bilanci 2019 che devono ancora essere approvati.
In occasione delle approvazioni dei bilanci 2019 dovranno essere compiuti particolari sforzi per ponderare la portata, nei casi concreti, delle misure agevolative a sostegno delle imprese, a partire dagli aiuti economici veri e propri, e da quelle che sospendono o rinviano obblighi di pagamento di tributi, sino alle nuove moratorie dei finanziamenti e congelamento dei fidi bancari accordati ed infine alle misure per l’accesso a nuovi finanziamenti introdotte dallo stesso Decreto Liquidità. Si tratta certamente di quadri da indagare mai così complessi come adesso per maturare un fondato apprezzamento sulla possibilità che, tenuto conto degli aiuti a disposizione e che eventualmente verranno, l’impresa possa superare gli effetti negativi sui vari piani della situazione contingente.
Rimane indubitabile che il contesto resta caratterizzato da un insieme di variabili tanto decisive quanto oggettivamente indeterminate – a partire dalla durata degli attuali arresti di molte attività produttive – ciò che ha reso quanto mai opportune le misure che, in via eccezionale, assicurano agli organi societari una relativa tranquillità di poter operare per la continuità delle imprese nonostante l’obiettiva incertezza del quadro contingente e prospettico, senza però esporsi personalmente a responsabilità.
Ben vengano, dunque, le forzature sulla verifica della continuità che renderanno meno negativi i prossimi bilanci e soprattutto il nulla osta per la prosecuzione (in molti casi dovrà parlarsi intanto di ripresa) dell’attività per tutto l’anno in corso.
A completamento delle due disposizioni sopra commentate, sempre per arginare le conseguenze delle difficoltà adesso incontrate dalle imprese, il Decreto (art. 8) rimuove un elemento previsto dalla normativa societaria che, altrimenti, potrebbe scoraggiare interventi da parte della stessa compagine sociale per supportare il fabbisogno finanziario delle società, prevedendo la disapplicazione degli artt. 2467 e 2497 quinquies c.c..
Anche in questo caso si tratta di misura temporanea, sino al 31 dicembre 2020. Come anticipato, il decreto, oltre all’art. 2467 c.c., semmai ve ne fosse stata necessità, tratta espressamente anche dell’art. 2497 quinquies c.c. che estende la fattispecie regolata dal 2467 ai finanziamenti eseguiti dai soggetti che esercitano attività di direzione e coordinamento nei confronti delle società finanziate.
La norma, adesso disapplicata, è posta per contrastare il fenomeno della sottocapitalizzazione nominale delle società: secondo la disciplina ordinaria, in presenza di determinate condizioni la disposizione rende equiparabili gli apporti di denaro eseguiti dai soci per il titolo di finanziamenti con obbligo di restituzione agli apporti a titolo di conferimento. Si ricorda che a norma del 2467 c.c., se al momento dell’acquisizione dei finanziamenti eseguiti a favore della società dai propri soci risultano presenti condizioni che fanno apparire ragionevole il conferimento (in luogo della contrazione di un debito), la posizione del socio finanziatore diventa quella di creditore postergato rispetto agli altri creditori terzi.
È prevedibile che nei mesi a venire, nei casi in cui compagini societarie possano avere disponibilità per sostenere finanziariamente le proprie imprese, questi eventuali nuovi finanziamenti rientrerebbero quasi certamente nella fattispecie prevista dal secondo comma dell’art. 2467 c.c. dando luogo al paradosso per cui l’ordinamento, anziché favorire iniziative di questo tipo, renderebbe più gravosa la scelta di chi si priva di liquidità per sostenere la prosecuzione dell’impresa.
Anche in questo caso, dunque, la eccezionalità della situazione che stiamo vivendo giustifica l’accantonamento di normative poste per finalità ed a tutela di obiettivi che devono essere momentaneamente sacrificati e cedono il passo alla priorità costituita dalla prosecuzione e continuità delle attività delle imprese.
Nota 1) La continuità aziendale è un principio di derivazione anglosassone previsto dall’art. 2423-bis del codice civile codice civile per la redazione del bilancio di esercizio delle imprese in funzionamento. Si tratta di un principio introdotto dal DLgs. n. 127/1991, in quanto prima era soltanto implicitamente presente nella definizione ragionieristica del bilancio di esercizio come “bilancio di funzionamento”.
Dal principio di continuità dipendono le valutazioni del bilancio, in quanto se un determinato bene strumentale in un’impresa in continuità può avere un valore molto elevato (in considerazione del suo “valore d’uso”), lo stesso bene può avere un valore irrilevante in un’impresa destinata nel breve ad interrompere l’attività.
Secondo L’OIC 5, che tratta dei “Bilanci di liquidazione”, in assenza del presupposto della continuazione dell’attività, è necessario predisporre il bilancio in base a criteri differenti rispetto a quelli tipici di un’impresa in funzionamento, “criteri “alternativi” che tengano conto delle effettive prospettive dell’impresa e del limitato orizzonte temporale.
Prima della data di inizio della liquidazione non è tuttavia possibile abbandonare i criteri di funzionamento e passare tout court ai criteri di liquidazione, poiché non si è ancora verificato il mutamento di destinazione del patrimonio dell’impresa. Ed infatti, in base al principio generale desumibile dall’interpretazione degli artt. 2423-bis comma 1 n. 1 e 2490 c.c., l’abbandono dei criteri di funzionamento propri del bilancio d’esercizio, ed il passaggio ai criteri di liquidazione, devono avvenire nel momento in cui l’azienda non costituisca più un complesso produttivo funzionante e, a seguito della cessazione dell’attività produttiva, si sia trasformata in un mero coacervo di beni destinati al realizzo diretto, all’estinzione dei debiti e alla ripartizione tra i soci dell’attivo netto residuo. Fino a quel momento non è corretto abbandonare i criteri di iscrizione e valutazione di funzionamento, nonostante sia necessario applicarli nella prospettiva della cessazione dell’attività e della liquidazione dell’impresa.
In tali casi, quindi, gli amministratori, nella redazione del bilancio dovranno continuare ad utilizzare i criteri di funzionamento, ma hanno l’obbligo di tener conto degli effetti che la crisi della società produce sulla composizione del suo patrimonio e sul valore recuperabile delle sue attività; in pratica, potranno continuare ad applicare i criteri di valutazione previsti dall’art. 2426 c.c., ma adattandoli al fine di considerare la lo stato di “crisi” e il limitato orizzonte temporale residuo: ad esempio, nella valutazione delle immobilizzazioni immateriali, considerato il venir meno della prospettiva di utilità pluriennale, non sarà più possibile procedere ad ulteriore capitalizzazione degli oneri pluriennali; per quanto riguarda le rimanenze di magazzino occorrerà valutare attentamente il rischio di presenza di materie, merci e prodotti finiti fuori mercato o a lento rigiro al fine di effettuare le necessarie svalutazioni. Va infatti considerato che, in questi casi, il parametro di confronto per individuare l’eventuale minor valore deve essere considerato, per prudenza, inferiore al tradizionale valore desumibile dall’andamento del mercato, in considerazione delle difficoltà che in genere sorgono nella fase di liquidazione.
Nota 2) In particolare, il Principio di Revisione n. 570 ha introdotto un elenco di eventi e circostanze che, singolarmente o nel loro complesso, possono far sorgere significativi dubbi sulla permanenza di validità del postulato del going concern:
- indicatori finanziari: capitale circolante netto negativo o deficit patrimoniale, squilibrio temporale tra impieghi di capitale e fonti di finanziamento, revoca degli affidamenti bancari, budget con cash-flow negativi, indici economico-finanziari di bilancio negativi, significative perdite di valore di attività generatrici di cash-flow, mancanza o discontinuità di distribuzione dei dividendi, incapacità di saldare i debiti alla scadenza, con particolare riguardo al rispetto delle clausole contrattuali dei prestiti, modifiche peggiorative delle condizioni di pagamento accordate dai fornitori, impossibilità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti e investimenti.
- indicatori gestionali: perdita di dirigenti o amministratori chiave, di mercati, contratti o fornitori strategici;
- altri indicatori: perdita del capitale sotto i minimi di legge, contenziosi legali e fiscali con ipotetico esito sfavorevole non sostenibile finanziariamente dall’impresa; modifiche legislative o politiche governative dalle quali si attendono effetti sfavorevoli all’impresa.
Nello specifico gli indicatori contabili (“financial indicators”) sono spesso considerati come elementi di riferimento per l’analisi della difficoltà aziendale e campanelli di allarme di un disequilibrio in atto (CNDC gennaio 2005). Nello studio dei dati dei bilanci particolare rilevanza è posta all’analisi, laddove esistente, della relazione sulla gestione, considerato che questa, a partire dai bilanci dell’esercizio 2008, è tenuta a presentare “nella misura necessaria alla comprensione della situazione della società e dell’andamento e del risultato della sua gestione, gli indicatori di risultato finanziario e, se del caso, quelli non finanziari pertinenti all’attività specifica della società” (CNDCEC 2009, IRDCEC 2008).
In merito alla rilevanza di tali indicatori, va considerato che l’elenco indicato, tuttavia, non è esaustivo, in quanto la presenza di alcuni di essi non risulta idonea a segnalare l’esistenza di un’incertezza significativa, e quindi di una situazione di crisi d’impresa. La rilevanza di tali indicatori andrà parametrata alla situazione complessiva dell’impresa in quanto altri fattori potrebbero mitigarne l’importanza; l’analisi quantitativa, basata sugli indicatori economici e patrimoniali deve quindi essere affiancata da un’analisi di tipo qualitativo (analisi vicende societarie, analisi andamento sul mercato di riferimento, regolarità nella presentazione dei bilanci e degli adempimenti amministrativi ecc..) volta ad individuare qualsiasi fenomeno e indizio connesso ai rischi di crisi aziendale e a consentire quindi di valutare l’esistenza di un’effettiva continuità aziendale.
In forza del Principio ISA 570, l’amministratore, per poter valutare l’applicabilità del presupposto di continuazione dell’attività, è tenuto a redigere un piano industriale o, almeno, il budget dell’esercizio successivo.
Nota 3) Assirevi, nell’audizione del 4 dicembre 2018, ha richiesto che le verifiche ai fini della crisi vengano, comunque, eseguite nel rispetto del principio Isa 570. Quindi, anche se il Codice della crisi non lo prevede, nella valutazione rilevano, secondo il Principio ISA 570 anche:
- il grado di incertezza associato all’esito di un evento e l’impatto sull’azienda;
- le dimensioni e la complessità dell’impresa;
- i risultati degli indicatori finanziari, gestionali e degli altri indicatori individuati dall’Isa 570 (§ A3).
Nota 4) Confindustria e Consiglio nazionale dei dottori commercialisti e degli esperti contabili hanno varato un insieme articolato di proposte condivise per far fronte all’emergenza da Coronavirus, con la richiesta dei seguenti interventi, molte delle quali recepite nei decreti emanati prima del DL Liquidità:
- Sospensione dei versamenti e degli adempimenti tributari, contributivi e assistenziali e relativi all’assicurazione obbligatoria contro gli infortuni, compresi quelli relativi alle ritenute e ai tributi locali, e, alla scadenza, previsione di un periodo congruo di rateazione dei pagamenti sospesi.
- Sospensione dei termini di versamento, con riferimento alle entrate tributarie e non tributarie, derivanti da cartelle di pagamento e ruoli degli agenti della riscossione;
- Sospensione della riscossione coattiva e delle relative azioni cautelari ed esecutive, nonché della riscossione in pendenza di giudizio, anche in relazione ai carichi già oggetto di impugnazione.
- Ulteriore congrua dilazione della rateazione dei pagamenti delle somme dovute a seguito dell’attività di controllo dell’Agenzia delle entrate di cui all’articolo 3-bis del D.Lgs. 18 dicembre 1997, n. 462 (avvisi bonari) e ai sensi dell’articolo 8 del D.Lgs. 19 giugno 1997, n. 218 (accertamento con adesione, mediazione tributaria, conciliazione giudiziale e acquiescenza).
- Sospensione della riscossione dei pagamenti relativi alle definizioni agevolate di cui al D.L. 23 ottobre 2018, n. 119 (conv. dalla L. 17 dicembre 2018, n. 136) e all’articolo 1, commi 184 e ss, della L. 30 dicembre 2018, n. 145 (es.: rottamazione carichi affidati all’agente della riscossione, saldo e stralcio, ecc.), nonché eventuale riapertura delle suddette definizioni agevolate.
- Riconoscimento della sussistenza della “comprovata e grave situazione di difficoltà legata alla congiuntura economica”, indipendentemente dalla verifica delle condizioni previste dall’art. 19, comma 1-quinquies, del D.P.R. n. 602 del 1973, ai fini dell’estensione a 10 anni del periodo di dilazione del pagamento delle somme affidate agli agenti della riscossione.
- Sospensione di tutti i termini processuali tributari e di quelli di impugnazione di atti e sentenze.
- Rinvio di ufficio delle udienze già fissate nonché moratoria nella fissazione di nuove udienze per i processi tributari.
- Sospensione del termine di 90 giorni entro cui svolgere i contraddittori presso gli Uffici territoriali dell’Agenzia delle entrate nell’ambito dei procedimenti di accertamento con adesione e conseguente sospensione del termine per proporre ricorso.
- Riduzione della base imponibile su cui commisurare la ritenuta a titolo di acconto dell’IRPEF per i lavoratori autonomi che dichiarano ai loro committenti che nell’esercizio della loro attività si avvalgono in via continuativa dell’opera di dipendenti o di terzi, in analogia a quanto previsto dall’articolo 25-bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 per le ritenute sulle provvigioni inerenti a rapporti di commissione, agenzia, mediazione, rappresentanza di commercio e procacciamento di affari.
- Incremento del limite annuo per la compensazione dei crediti tributari ad almeno 1 milione di euro, dal 2020.
- Destinazione di maggiori risorse per la gestione e lavorazione delle pratiche di rimborso dei crediti di imposta, al fine di ridurne i tempi.
- Sterilizzazione dell’articolo 17, comma 1, ultimo periodo, D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 (come modificato dall’articolo 3, comma 1, del D.L. 26 ottobre 2019, n. 124, conv. dalla L. 19 dicembre 2019, n. 157) limitatamente alla compensazione dei crediti relativi alle imposte sui redditi e alle relative addizionali, alle imposte sostitutive delle imposte sui redditi e all’imposta regionale sulle attività produttive, per importi superiori a 5.000 euro annui, che attualmente è subordinata alla previa presentazione della dichiarazione annuale da cui emerge il credito;
- Sterilizzazione dell’articolo 17-bis del D.Lgs. 9 luglio 1997, n. 241 in materia di contrasto all’omesso o insufficiente versamento, anche mediante l’indebita compensazione, delle ritenute fiscali, e dei conseguenti adempimenti, a carico di committenti, appaltatori, subappaltatori, affidatari e altri soggetti che abbiano rapporti negoziali comunque denominati.
- Previsione della facoltà, per tutti gli operatori economici, di considerare il periodo d’imposta 2020 quale “periodo di non normale svolgimento dell’attività” ai fini degli indici sintetici di affidabilità fiscale (ISA) di cui all’articolo 9-bis del D.L. 24 aprile 2017, n. 50 (conv. dalla L. 21 giugno 2017, n. 96) e della disciplina in materia di società di comodo di cui all’articolo 30 della L. 23 dicembre 1994, n. 724 e di società in perdita sistematica di cui ai commi 36-decies e 36-undecies dell’articolo 2 del D.L. 13 agosto 2011, n. 138 (conv. dalla L. 14 settembre 2011, n. 148).
- Riduzione del 50%, per il periodo d’imposta 2020, delle percentuali previste dall’art. 30 della L. 23 dicembre 1994, n. 724 ai fini della determinazione dei ricavi minimi e del reddito minimo delle società di comodo e in perdita sistematica.
- Riduzione al 50% della base imponibile Imu per i fabbricati utilizzati dalle imprese che svolgono le attività interdette dai provvedimenti dell’autorità pubblica (ad es., imprese culturali, concessionari dei servizi museali e organizzatori di mostre, settore cinematografico e audiovisivo, settore dei giochi e dell’intrattenimento, servizi ricreativi, bar e ristoranti).
- Sospensione, per il periodo d’imposta 2020 (e 2019, per la maggiorazione Ires), di plastic tax, sugar tax e della maggiorazione Ires sui concessionari autostradali, aeroportuali, portuali e ferroviari.
- Previsione della possibilità per tutte le società di rinviare l’approvazione del bilancio entro il termine di 180 giorni dalla chiusura dell’esercizio sociale (ovvero entro un termine più ampio), anche in assenza di una specifica previsione statutaria in tal senso e senza necessità di motivare il ricorrere delle particolari esigenze relative alla struttura e all’oggetto della società previste dall’articolo 2364, secondo comma, del codice civile; conseguente rinvio della nomina dell’organo di controllo o del revisore prevista dall’articolo 2477 del codice civile.
- Sospensione dell’obbligo di ricostituzione del capitale sociale e rimozione della causa di scioglimento delle società per perdite, estendendo a tutte le società la disciplina prevista per le start-up.
- Proroga del termine per l’approvazione del bilancio consuntivo degli enti pubblici, quali, ad esempio, quelli degli enti territoriali e degli Ordini professionali.
- Sospensione di tutti i termini connessi alle procedure concorsuali ed esecutive in corso.