Con il decreto collegato alla Manovra di bilancio 2020 la responsabilità amministrativa delle persone giuridiche di cui DLgs. 231/2001 viene estesa ai reati tributari più gravi commessi nel loro interesse o a vantaggio delle medesime e, con lo stesso provvedimento, vengono altresì inasprite le pene per alcune fattispecie penali tributarie alcune delle quali da ora rilevanti anche ai fini del DLgs. 231/2001.
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Con la Legge n. 300/2001, il Governo venne delegato ad emanare la “Disciplina della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche, delle società e delle associazioni anche prive di personalità giuridica, successivamente introdotta con il D. Lgs. 8 giugno 2001, n. 231.
In tal modo il nostro legislatore ha rispettato l’obbligo contemplato nella convenzione OCSE sulla lotta alla corruzione e, al stesso tempo, ha colmato la lacuna normativa consistente nella mancata previsione nel nostro ordinamento di una responsabilità in capo ad enti, dotati o meno personalità giuridica; tale lacuna era tanto più grave in considerazione della circostanza che, negli ultimi anni, i più gravi e pericolosi reati erano posti in essere proprio da società o enti o meglio nell’interesse o a vantaggio di questi.
Dal 2001 gli enti, incluse le società, sono dunque responsabili per i reati commessi nel loro interesse, anche se non esclusivo, o a loro vantaggio, indipendentemente dalla effettiva realizzazione del vantaggio stesso, da soggetti apicali (Nota 1) o da persone sottoposte alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti apicali (art. 5 D Lgs 231/2001); per contro, la responsabilità dell’ente è esclusa qualora le persone ritenute responsabili dell’illecito penale abbiano agito nell’interesse esclusivo proprio o di terzi (Nota 2).
In origine le società erano chiamate a rispondere solo per alcune tipologie di reati cosiddetti “presupposto” a danno dello Stato; di poi, nel corso degli anni, la responsabilità amministrativa è stata progressivamente estesa ad altri reati, escludendo comunque, sino ad ora, i reati fiscali (Nota 3).
Il mancato inserimento, fino ad oggi, delle fattispecie penal-tributarie nel catalogo dei reati-presupposto, è stato frutto di una precisa e consapevole scelta del legislatore; tale scelta ha tuttavia generato un ampio dibattito in quanto considerata come una lacuna ingiustificabile non soltanto sul piano politico-criminale, in quanto i reati tributari in genere commessi nell’interesse e a vantaggio dell’ente, ma anche su quello sistematico (Nota 4).
Il primo intervento legislativo volto ad estendere la responsabilità ex D Lgs 231 ai reati fiscali è avvenuto in ambito comunitario: il 5 luglio 2017 è stata infatti approvata la cd. Direttiva PIF (Direttiva UE/2017/1371), relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, la quale ha previsto l’inclusione delle frodi IVA che coinvolgono due Paesi membri e connotate da gravità (la Direttiva richiede un “danno complessivo di 10.000.000”) tra i reati-presupposto della responsabilità delle persone giuridiche (Nota 5).
Di recente, il nostro legislatore, anticipando il recepimento della Direttiva UE, è intervenuto in materia di D Lgs 231 con il Decreto fiscale collegato alla legge di bilancio 2020 (DL 124/2019 con pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale 26.10.2019 n. 252) prevedendo l’estensione a limitate fattispecie penali tributarie. La ratio si legge nella Relazione illustrativa al Decreto: “Con l’introduzione della responsabilità amministrativa delle persone giuridiche per i più gravi reati tributari commessi nel loro interesse o a vantaggio delle medesime, si inizia a colmare un vuoto di tutela degli interessi erariali che, pur giustificato da ampi settori della dottrina con la necessità di evitare duplicazioni sanzionatorie, non può più ritenersi giustificabile sia alla luce della più recente normativa eurounitaria, sia in ragione delle distorsioni e delle incertezze che tale lacuna aveva contribuito a generare nella pratica giurisprudenziale.”
Il testo originario dell’art. 39 del Decreto (la cui entrata in vigore era posticipata alla data di pubblicazione della legge di conversione), che non teneva conto delle indicazioni fornite dalla Direttiva Pif, estendeva la responsabilità amministrativa di cui al D.Lgs. n. 231/2001 al solo delitto di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di falsi documenti per imponibili superiori a 100.000 euro e non prevedeva sanzioni interdittive.
Con le modifiche introdotte in sede di conversione con legge appena approvata dal Senato (in corso di pubblicazione sulla GU), la responsabilità degli enti viene ora estesa anche ai reati di emissione di fatture false (a prescindere dall’imponibile), dichiarazione fraudolenta con utilizzo di fatture false (anche per imponibili inferiori a 100.000 euro) dichiarazione fraudolenta mediante altri artifizi, occultamento o distruzione di scritture contabili e sottrazione fraudolenta al pagamento delle imposte.
Si rinvia alla Tabella Allegata sub A per l’indicazione delle fattispecie disciplinate dal D. Lgs 74/2000 incluse nei reati presupposto ai fini del D Lgs 231/2001, con l’indicazione delle sanzioni pecuniarie a carico dell’ente.
In concreto, nel caso di contestazione di uno di questi reati al rappresentante legale della società o ad altra persona fisica legata alla società (apicale o altro soggetto), posto che la responsabilità penale resta personale, in caso di condanna della persona fisica la società potrà essere chiamata a rispondere in via amministrativa con applicazione delle sanzioni previste dall’art. 9 del D.Lgs. n. 231/2001: si tratta di sanzioni pecuniarie, sanzioni interdittive, confisca e pubblicazione della sentenza (Nota 6).
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Come anticipato, con il Decreto collegato alla Finanziaria 2020, il legislatore, oltre ad estendere la responsabilità amministrativa degli enti ai reati fiscali, interviene a riformare il sistema sanzionatorio penale tributario, con effetto a partire dall’entrata in vigore della Legge di conversione.
Con modifiche alle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 74/2000, vengono potenziati gli strumenti penali di repressione dei fenomeni di evasione. Alcune fattispecie di reato sono interessate da un aumento delle pene:
- Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 2 D.Lgs. 74/2000)
- Dichiarazione fraudolenta mediante altri artifici (articolo 3 D.Lgs. 74/2000)
- Dichiarazione infedele (articolo 4 D.Lgs. 74/2000)
- Omessa dichiarazione (articolo 5 D.Lgs. 74/2000)
- Omessa dichiarazione del sostituto d’imposta (articolo 5 comma 1 bis D.Lgs. 74/2000)
- Emissione di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti (articolo 8 D.Lgs. 74/2000)
- Occultamento o distruzione di documenti contabili (articolo 10 D.Lgs. 74/2000)
E’ ridotta da 150 mila e 100 mila la soglia di punibilità per il reato di infedele dichiarazione (articolo 4 D.Lgs. 74/2000) (Nota 7). Si rinvia alla tabella B) allegata per l’indicazione a confronto delle pene vigenti con quelle ora previste dal Decreto fiscale convertito.
In sede di conversione viene estesa ai delitti di dichiarazione fraudolenta mediante utilizzo di false fatture (art 2) e con altri artifici (art 3) la causa di non punibilità attualmente prevista per l’infedele (art 4) ed omessa dichiarazione (art 5), consistente nel versamento del debito tributario con ravvedimento operoso prima che l’autore del reato abbia avuto conoscenza di controlli o procedimenti penali.
Da ultimo, con l’inserimento dell’art. 12-ter del DLgs. 74/2000, il Decreto estende la cosiddetta confisca “di sproporzione o allargata” ai reati tributari più gravi connotati dal superamento di soglie rilevanti (100.000 euro) di imposta evasa o, a seconda della struttura del delitto, di redditi sottratti all’imposizione fiscale (vd Tabella B).
Si tratta delle previsioni di cui all’articolo 240 bis c.p., in forza del quale è sempre disposta la confisca del denaro, dei beni o delle altre utilità di cui il condannato non può giustificare la provenienza e di cui, anche per interposta persona fisica o giuridica, risulta essere titolare o avere la disponibilità a qualsiasi titolo in valore sproporzionato al proprio reddito, dichiarato ai fini delle imposte sul reddito, o alla propria attività economica.
Si evidenzia in proposito che, se sino ad ora, il sequestro del profitto del reato era eseguito contro la società solo in via diretta (disponibilità bancarie e liquide) mentre nei confronti del rappresentante legale la misura cautelare riguardava anche l’“equivalente” consentendo quindi l’aggressione anche di beni mobili e immobili di valore corrispondente, con l’applicazione del Dlgs 231/2001 anche ai reati tributari, anche il sequestro per equivalente potrà invece essere eseguito anche nei confronti della società così che il patrimonio del rappresentante legale verrà aggredito meno di frequente.
Nota 1) persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione dell’ente o di una sua unità organizzativa dotata di autonomia finanziaria e funzionale nonché da persone che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo dello stesso;
Nota 2) La responsabilità dell’ente è altresì esclusa nell’ipotesi in cui si dia prova che:
- a) l’organo dirigente ha adottato ed efficacemente attuato, prima della commissione del fatto, modelli di organizzazione e di gestione idonei a prevenire reati della specie di quello verificatosi;
- b) il compito di vigilare sul funzionamento e l’osservanza dei modelli di curare il loro aggiornamento è stato affidato a un organismo dell’ente dotato di autonomi poteri di iniziativa e di controllo;
- c) le persone hanno commesso il reato eludendo fraudolentemente i modelli di organizzazione e di gestione;
- d) non vi è stata omessa o insufficiente vigilanza da parte dell’organismo di cui alla lettera b).
In mancanza dell’adozione dei modelli organizzativi la responsabilità amministrativa della società è sempre sussistente, sulla base dell’inversione dell’onere della prova che grava sulla società (Cass., sentenza n. 3683/2009).
Nota 3) I reati presupposto che danno luogo alla responsabilità amministrativa ex D Lgs 231, sono una fattispecie chiusa che nel tempo è stata progressivamente ampliata; in un primo momento erano inclusi solo i reati a danno dello Stato, delle Comunità Europee, ovvero i reati commessi da soggetti incaricati di pubblico servizio o da pubblici ufficiali, come la concussione, la corruzione e la frode, per poi comprendere negli anni una serie di altri reati che variano dalla frode informatica ai reati ambientali, ai reati in materia di sicurezza dei luoghi di lavoro, al riciclaggio, ai reati societari ecc.. sino ad arrivare oggi all’inclusione dei reati fiscali.
Nota 4) Con sentenza n. 10561/2014, le Sezioni Unite della Suprema Corte hanno riconosciuto l’irrazionalità dell’assetto legislativo in materia, evidenziando come «il mancato inserimento dei reati tributari fra quelli previsti dal d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231, rischia di vanificare le esigenze di tutela delle entrate tributarie», oltre a sottolineare il rischio che «la stessa logica che ha mosso il legislatore nell’introdurre la disciplina sulla responsabilità amministrativa degli enti finisca per risultare non poco compromessa proprio dalla mancata previsione dei reati tributari tra i reati-presupposto nel d.lgs. n. 231 del 2001, considerato che, nel caso degli enti, il rappresentante che ponga in essere la condotta materiale riconducibile a quei reati non può che aver operato proprio nell’interesse ed a vantaggio dell’ente medesimo». La giurisprudenza di legittimità ha già in passato sdoganato la confisca in via diretta dei beni di una persona giuridica il cui legale rappresentante fosse autore di una violazione tributaria e, conseguentemente ha ritenuto punibile l’ente, pur non essendogli addebitabile alcuna responsabilità per le violazioni fiscali commesse nel suo interesse o a suo vantaggio.
Nota 5) La legge di delegazione Europea (Legge 4/10/2019 n. 117), in recepimento della Direttiva PIF (Direttiva (UE) 2017/1371) relativa alla lotta contro la frode che lede gli interessi finanziari dell’Unione, affida al governo il compito di integrare il D Lgs 231/2001 prevedendo espressamente la responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche anche per i reati che ledono gli interessi finanziari dell’Unione europea. In attuazione della suddetta direttiva, il Governo è tenuto, inoltre a prevedere, ove necessario, che, in caso di commissione di tali reati possano essere applicate alcune delle sanzioni di cui all’articolo 9 della direttiva (UE) 2017/1371, in aggiunta alle sanzioni amministrative previste dagli articoli da 9 a 23 del d.lgs 231/2001 (quali: i) l’esclusione dal godimento di un beneficio o di un aiuto pubblico; ii) l’esclusione temporanea o permanente dalle procedure di gara pubblica; iii) l’interdizione temporanea o permanente di esercitare un’attività commerciale; iv) l’assoggettamento a sorveglianza giudiziaria; v) provvedimenti giudiziari di scioglimento; vi) la chiusura temporanea o permanente degli stabilimenti che sono stati usati per commettere il reato) e infine prevedere, in ogni caso, che tutte le sanzioni siano effettive, proporzionate e dissuasive (art. 3, co. 1, lett. h). Posto che il termine per il recepimento della direttiva è già scaduto il 6 luglio 2019, il decreto di attuazione dovrà essere adottato entro tre mesi dalla data di entrata in vigore della legge di delegazione europea (2 novembre 2019).
Nota 6) Le sanzioni interdittive di cui all’art. 9, comma 2, lettere c), d) ed e), D.Lgs. n. 231/2001 includono: il divieto di contrattare con la pubblica amministrazione, salvo che per ottenere le prestazioni di un pubblico servizio; l’esclusione da agevolazioni, finanziamenti, contributi o sussidi e l’eventuale revoca di quelli già concessi; il divieto di pubblicizzare beni o servizi.
Nota 7) Sono invece confermate le soglie di punibilità per i reati di omesso versamento: di ritenute dovute o certificate (articolo 10-bis D.Lgs. 74/2000), reato che si configura a seguito dell’omesso versamento di ritenute per un ammontare pari a 150.000 euro; reato di omesso versamento Iva (articolo 10-ter D.Lgs. 74/2000), si configura a seguito del mancato versamento di Iva per un importo pari a 250.000 euro. Nel Decreto originario era previsto un abbassamento di tali soglie rispettivamente a euro 100.000 e 150.000, che di fatto non è mai entrato in vigore.