La SPAC è una particolare tipologia di società veicolo destinata alla raccolta di capitali di rischio attraverso la quotazione (IPO o Initial Public Offer) e con l’obiettivo di investimento in una o più società operative esistenti (società “target”). La SPAC sta riscuotendo particolare successo in Italia tra gli operatori grazie anche ai capitali derivanti dai Piani Individuali di Risparmio (PIR, Legge di Bilancio 2017) e quale valido strumento, alternativo al private equity, per la capitalizzazione delle PMI.
Il temine SPAC deriva dall’acronimo Special Purpose Acquisition Companies, ovvero società con la specifica finalità di acquisizione di un business già esistente. Il tratto caratteristico di tale società è rappresentato dalla circostanza che la raccolta (IPO) si basa su un progetto di investimento in quanto la target sarà individuata successivamente e pertanto la sottoscrizione da parte degli investitori avviene “quasi al buio”. Al termine della fase dell’IPO, dunque, l’unico asset in portafoglio è la liquidità raccolta che esprime anche il valore di mercato di tale società.
L’antenata della SPAC è comunemente considerata la c.d. blank-check company o shell company, veicolo societario non regolamentato nato negli Stati Uniti all’inizio negli anni ’80, dotata della peculiarità per la quale al momento della raccolta dei fondi non era conosciuto l’oggetto dell’investimento. La peculiarità di tale società ha posto sin da subito l’esigenza di tutela degli investitori dai numerosi abusi posti in essere sul mercato. Al fine di arginare tali fenomeni le autorità statunitensi sono intervenute varie volte e, da ultimo nel 1992, mediante l’introduzione, nel Securities Act del 1939, della “Rule 419” (NOTA 1).
Gli autori che hanno approfondito la materia fanno riferimento all’introduzione della “Rule 419”, quale “atto di nascita” della SPAC; ed in effetti tale attribuzione pare giustificata in quanto detta norma delineò, già all’epoca, i tratti salienti della disciplina, che sono tutt’oggi rinvenibili nei regolamenti di mercato della moderna SPAC. Tre i profili che sono tutt’oggi i capisaldi della disciplina della SPAC: il primo riguarda la “protezione” dei fondi raccolti con l’IPO che devono essere obbligatoriamente trasferiti in un conto di garanzia fino al momento dell’approvazione dell’acquisizione (investimento nella Target); il secondo riguarda la previsione di un diritto di way out a favore dell’investitore da esercitarsi in base all’informativa dell’investimento (Target) individuato dalla società; il terzo attiene alla fissazione di termine entro il quale la società deve portare a compimento l’investimento oppure, in caso negativo, sciogliersi e restituire il capitale agli investitori (NOTA 2)
Le analisi condotta sulla diffusione del fenomeno SPAC negli Stati Uniti, indicativa del suo andamento a livello internazionale, mostrano come tali società abbiano avuto uno sviluppo coerente con l’evoluzione dell’economia globale. Il trend presenta una crescita sino al 2007 e poi, dopo la battuta di arresto determinata dalla crisi dei mercati mondiali, di nuovo una ripresa a partire dal 2011 in avanti (NOTA 3)
In Italia le SPAC hanno fatto la loro apparizione all’inizio di questo decennio grazie ad apposite previsioni regolamentari del mercato borsistico. In particolare il 24 maggio 2010 con l’istituzione del segnamento MIV (Mercato degli Investment Vehicles) che ha introdotto un mercato borsistico dedicato ai veicoli di investimento ed accessibile anche alle SPAC. Questi pertanto si è aggiunto all’AIM Italia, Mercato Alternativo del Capitale specificamente dedicato alle PMI, quale mercato per la quotazione della SPAC con la differenza che, come è noto, AIM rappresenta un sistema multilaterale di negoziazione non soggetto CONSOB.
Segnatamente la prima SPAC italiana è stata costituita ad agosto del 2010 ed ha realizzato l’IPO nel gennaio 2011. Negli anni successivi e sino ad oggi sono nate oltre 30 SPAC, con una accelerazione però nell’ultimo biennio (2017-2018) nel corso del quale sono state costituite quasi i due terzi del totale dei “veicoli” ed è stata perfezionata gran parte della raccolta. La diffusione del fenomeno in Italia a partire dal 2017 deve poi essere ricondotta all’introduzione dei PIR (avvenuta con la Finanziaria 2016) che, come è noto, a fronte di benefici fiscali concessi ai sottoscrittori, sono caratterizzati da un vincolo di investimento di una parte della raccolta in PMI.
Lo schema di sintesi proposto da Borsa Italiana, valido nel contesto italiano come in quello internazionale, mostra come il ciclo di vita della SPAC possa essere suddiviso nelle seguenti quattro fasi principali:
a) la costituzione della SPAC;
b) l’IPO della SPAC;
c) la ricerca di una target company, con i requisiti adeguati in rapporto al progetto di investimento, da presentare al mercato come obiettivo della successiva business combination;
d) la votazione da parte dell’assemblea sulla business combination e, in caso di esito positivo della votazione, l’eventuale il perfezionamento della fusione e/o integrazione e la liquidazione dei soci dissenzienti oppure, in caso di esito negativo, lo scioglimento della SPAC e la restituzione dei capitali agli investitori.
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La costituzione della SPAC avviene a cura di soggetti, di norma persone fisiche, denominati “sponsor o promotori”, i quali apportano il capitale iniziale necessario per (i) la costituzione (ii) la gestione corrente della società (iii) le commissioni dell’IPO nella successiva fase di quotazione. Gli stessi soggetti, di norma, assumono anche la carica di amministratori (management team) della società. Gli sponsors o promoters possono non coincidere con il management team, quest’ultimo incaricato di individuare le opportunità di investimento (target), anche se, almeno nella prassi italiana, solitamente i soggetti coincidono.
Nella fase costitutiva, quindi, i promoters detengono il 100% delle azioni della SPAC e gli stessi, è importante evidenziare, assumono il rischio dell’iniziativa. La loro remunerazione, infatti, anche nel caso in cui rivestano l’incarico di amministratori, è prevista solo nella forma di assegnazioni di azioni, nell’eventualità di un esito positivo della business combination, della società risultante dalla combination, alle condizioni favorevoli descritte nel prospetto di investimento.
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Dopo la costituzione si procede con l’aumento di capitale della società. La modalità è quella della IPO sui i mercati MIV (Borsa Italiana) o AIM (mercato alternativo del capitale) (NOTA 4). L’offerta pubblica del nuovo capitale implica la sottoscrizione di units, che rappresentano una combinazione di azioni ordinarie e warrant, rappresentative, di norma, di oltre il 90% del capitale della SPAC. All’esito della IPO il controllo della società passa dagli sponsors agli investitori. E’ agevole comprendere quanto sia fondamentale lo standing e la reputazione finanziaria degli sponsors affinché tale fase abbia successo. Infatti, non essendo individuata sin da subito la destinazione finale dei fondi raccolti, gli investitori aderiscono all’iniziativa basandosi esclusivamente sull’affidamento riposto negli sponsors e in particolare nella loro capacità di (i) individuare la target adeguata al progetto di investimento e (ii) portare a termine la business combination a condizioni in grado di creare valore per gli shareholders. E’ importante ricordare che in base ai regolamenti di mercato i capitali raccolti confluiscono in un conto vincolato (escrow account) spendibile solo in sede di perfezionamento della business combination (controllata dagli stessi investitori).
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Il regolamento delle SPAC contiene i profili rilevanti dell’operazione tra cui i dettagli della politica di investimento e i criteri selettivi per la successiva fase che è quella della ricerca della target company. Tale fase è sottoposta ad un termine, a tutela degli investitori, che può essere di 18 o 24 mesi dall’avvio delle negoziazioni (IPO) ma è estendibile se nel frattempo è stata firmata, e comunicata al mercato, una lettera di intenti con la società target. In caso di decorso del termine senza che la società target sia individuata, la SPAC è posta in liquidazione e i fondi vincolati sono restituiti agli investitori.
Individuata la target entro i termini previsti e superata la fase preliminare di due diligence, le parti (SPAC e le target) sottoscrivono un contratto che è soggetto all’approvazione da parte dell’assemblea dei soci/investitori della SPAC. L’operazione in oggetto (business combination) è soggetta alla maggioranza di legge per l’approvazione delle operazioni straordinarie, fermo restando che spesso gli statuti della SPAC prevedono maggioranze rafforzate o soglie oltre le quali se i soci/investitori chiedono di esercitare il diritto di recesso l’accordo con la target decade e la SPAC viene posta in liquidazione. La business combination, di norma preceduta dall’aumento di capitale di target riservato alla sottoscrizione da parte della SPAC, implica (i) la fusione di target e SPAC (in forma diretta o inversa) o, più raramente, (ii) il mantenimento del controllo di target da parte della SPAC che assume il ruolo di Holding.
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Da tutto quanto sopra esposto si ricavano, infine, alcuni tratti caratteristici che sembrano profilare il successo della SPAC – anche in rapporto al private equity – sia nell’ottica dell’investitore che nell’ottica della società target (NOTA 5)
Anzitutto, per gli investitori, è da evidenziare il basso profilo di rischio in relazione al fatto che, in caso insuccesso e liquidazione della SPAC, gli stessi hanno diritto al rimborso integrale dell’investimento a valere sull’escrow account. Altro vantaggio è rappresentato dai costi contenuti/bassi di tale schema non essendo previsti management fees per promotors e, quest’ultimi, coprendo anche tutti i costi dell’IPO; gli investitori hanno diritto di voice sulla politica di investimento e in caso di dissenso possono sempre uscire (esercitando il diritto di recesso in sede di votazione sulla business combianation; infine è da evidenziare un certo grado di liquidità dell’investimento mentre altrettanto non accade nell’investimento del private equity.
Per la società target, il primo vantaggio consiste nella evidente semplificazione del processo di quotazione; altro vantaggio si rinviene nella riduzione del rischio del prezzo di quotazione delle azioni in quanto, rispetto all’IPO diretta dove il prezzo è fissato sul mercato, nella business combination il prezzo è un elemento della negoziazioni tra le parti (SPAC e target), ciò che consenta alla target di aderire solo in presenza delle condizioni economiche ritenute soddisfacenti; infine il sistema ed i vincoli di governance risultano meno invasive rispetto al private equity in quanto soggetti alle regole del mercato e non alle “imposizioni” di una parte contrattuale forte.
(NOTA 1) cfr Valentina Cioli, SPAC e business combination, Analisi critica della quotazione di SeSa Spa, Aracne Editrice, 2017
(NOTA 2) Marco Fumagalli, Lo Sviluppo della SPAC in Italia, Egea, 2014; Valentina Cioli, op. cit.; Giovanni Barbara, SPAC esegesi di un successo annunciato, La Gestione Straordinaria delle Imprese, 1/2019
(NOTA 3) Si veda: www.spacanalytics.com
(NOTA 4) Il 77% delle SPAC risultano quotate sul segmento AIM che presenta regole più semplici e costi minori rispetto al MIV
(NOTA 5) Si veda anche: A. Sacco Ginevri e altri, Appunti sulle “Special Purpose Acquisition Companies”, in dirittobancario.it, 2018; G. Gagliardi, Le Spac approdano in Italia, in Finanza Aziendale, 10/2011; D. Pellegrini, La stagione delle Spac: cenni in merito all’operatività del veicolo e riflessioni di carattere fiscale, in ditittobancario.it, 2018.