Note positive per le imprese dal Decreto Crescita

Note positive per le imprese dal Decreto Crescita

Il Decreto Crescita in GU dal 30 aprile 2019 introduce rilevanti novità sul piano fiscale per le imprese. Tra gli obiettivi del provvedimento quello di stimolare la crescita del sistema economico attraverso una riduzione dell’imposta sulle società (Ires) che vada a premiare, in primis, le aziende più “virtuose”. In tal senso deve essere letta la riproposizione della “maggiorazione dell’ammortamento per i beni strumentali nuovi”, nonché la “revisione mini IRES”. Nella stessa direzione sono apprezzabili anche gli interventi su: “maggiorazione deducibilità IMU dalla imposte sui redditi”, che ha l’effetto di ridurre la base imponibile IRES per tutte le imprese titolari di beni immobili strumentali; bonus aggregazioni; bonus fiere.

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Il decreto in commento (art. 2) interviene per modificare la disciplina della mini-IRES appena introdotta dalla legge di bilancio 2019 (Nota 1) la quale viene sostituita con un nuovo incentivo. La ratio resta quella di agevolare gli utili reinvestiti, tuttavia, la nuova formulazione, pur a fronte di un incentivo ridotto (Nota 2), risulta più attrattiva in quanto semplice e di diretta applicazione. L’aliquota agevolata, infatti, è correlata al solo reimpiego degli utili senza che ne sia richiesta una destinazione specifica all’interno dell’organizzazione.

A regime l’aliquota IRES, sulla parte reinvestita in utili, è ridotta di 3,5 punti percentuali.

In particolare, a decorrere dal periodo di imposta successivo a quello in corso al 31 dicembre 2021 (per i soggetti solari, quindi, dall’esercizio 2022) potrà essere applicato sul reddito di impresa dichiarato, fino a concorrenza dell’importo corrispondente agli utili di esercizio accantonati a riserve, (diverse da quelle di utili non disponibili e nei limiti dell’incremento di patrimonio netto) una IRES in misura del 20,5%.

Per i periodi di imposta successivi a quelli in corso al 31 dicembre 2018, al 31 dicembre 2019 e al 31 dicembre 2020, l’IRES agevolata sulla quota degli utili a riserva è, rispettivamente, pari a 22,5%, a 21,5% e a 21%.

Per comprendere la portata dell’agevolazione si consideri una società con esercizio corrispondente con l’anno solare che al 31/12/2018 chiude con un utile di trecento mila euro. In sede di approvazione del bilancio, ad aprile 2019, l’utile è destinato come segue: centomila in distribuzione e duecento mila a riserva di utili. Se nel corso del 2019 non intervengono riduzioni del patrimonio netto della società, il risultato di esercizio 2019 potrà beneficiare di una aliquota Ires del 22,5% in luogo dell’aliquota ordinaria del 24% con un beneficio di € 3.000,00. A regime nel 2022 il beneficio, ipotizzando sempre un accantonamento a riserva del risultato 2021 di duecentomila euro, sarà pari a € 7.000,00 (Nota 3).

La norma sembra quindi destinata ad influenzare le politiche di destinazione del risultato di esercizio per i prossimi anni. La società con risultati crescenti che intendesse reinvestire accantonando utili a riserva (per accrescere il patrimonio netto rispetto al dato al 31/12/2018) sarà incentivata a procedere in tale direzione; tuttavia, stante il meccanismo crescente del beneficio per i prossimi tre anni, un possibile effetto potrebbe essere quello di “slittare” l’accantonamento per poter beneficiare del maggiore sconto Ires (che dal 1,5% nel 2019 passa al 3,5% nel 2022).

Si osserva che rispetto all’abrogato regime Agevolazione Crescita Economica (ACE) il beneficio in oggetto spetta solo a fronte di incrementi del patrimonio netto derivanti dall’accantonamento degli utili, restando esclusi gli apporti del socio (per esempio l’aumento di capitale sociale a pagamento o i versamenti in conto capitale).  Di contro l’impatto del beneficio derivante dall’accantonamento degli utili è significativamente maggiore rispetto al beneficio fruibile con il meccanismo ACE. IL regime ACE prevede, infatti, la detrazione di un costo commisurato al rendimento nozionale dell’incremento patrimoniale, mentre la mini Ires comporta direttamente un abbattimento dell’imposta attraverso la riduzione dell’aliquota applicabile.

Ipotizzando per semplicità che siano soddisfatte tutte le altre condizioni, proviamo a esemplificare una differenza tra l’impatto agevolativo della “abrogata” ACE con quello della nuova mini Ires.

Come ben evidenziato nella tabella allegata (All. 1) se si ipotizza un accantonamento a riserva di utili pari a duecento mila euro l’agevolazione ACE avrebbe prodotto un beneficio di 880 Euro pari allo 0,44% mentre la mini Ires, in sede di prima applicazione (2019), risulta circa tre volte più efficace  – nell’agevolare il fenomeno dell’autofinanziamento a mezzo accantonamento utili – mediante un beneficio fiscale di 3.000 Euro pari al 1,5% mentre a regime (2022) il beneficio sarà di 6900 Euro pari al 3,4%

Si nota che l’accantonamento utili è da riferirsi all’esercizio precedente rispetto all’esercizio sul quale calcolare il reddito ad aliquota agevolata. La norma prevede, quindi, un meccanismo di carry forward della quota di utile accantonato a riserva che non trovasse capienza nell’utile imponibile dell’esercizio di competenza: nell’esempio sopra riportato se l’imponibile sul quale calcolare l’IRES ridotta (che è quello dell’esercizio successivo a quello cui si riferisce l’utile accantonato) fosse stato pari a cinquanta mila euro, la differenza, pari a centocinquanta mila, avrebbe potuto essere riportata in avanti per fruirne negli esercizi successivi.

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Altra norma di sicuro impatto è quella inerente il c.d. super-ammortamento (Nota 4) che viene riproposta dal Decreto Crescita, con una maggiorazione del costo pari al 30% e con l’inserimento di un tetto di due milioni e mezzo al di sopra del quale il beneficio non spetta par la parte eccedente.

La reintroduzione del super ammortamento sembra doversi collegare alle modifiche previste al regime della mini-Ires, sopra evidenziate; e cioè non essendo più contemplata, nell’ambito della nuova mini Ires, la condizione legata agli investimenti incrementali in beni produttivi, quest’ultimi sono ora incentivati nella forma del super ammortamento.

La proroga del superammortamento al 130% è prevista per il periodo dal 1° aprile 2019 al 31 dicembre 2019. Per effetto di tale differimento la durata del superammortamento poi si allungherà di altri sei mesi e potrà essere utilizzato per gli investimenti effettuati fino al 30 giugno 2020, a condizione, però, che entro la data del 31 dicembre 2019 l’ordine risulti accettato dal venditore e sia già stato liquidato un acconto almeno pari al 20% del costo di acquisto del bene.

L’applicazione del super ammortamento è generalizzata a tutti gli investimenti in beni strumentali nuovi con esclusione però degli acquisti di veicoli e degli altri mezzi di trasporto di cui all’art. 164, comma 1, Tuir (Nota 5) e ferma restando l’esclusione degli investimenti in fabbricati e in altri beni per i quali il decreto del Ministro delle Finanze stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5% (Nota 6).

La misura del beneficio fiscale dipende anche dal piano di ammortamento del bene strumentale agevolato e sarà tanto maggiore quanto maggiore è la quota di ammortamento (e minore è la durata del piano).

A titolo esemplificativo su un investimento agevolato di duecento mila euro i maggiori ammortamenti deducibili sono pari a sessantamila euro con un beneficio fiscale, ripartito sull’arco temporale previsto dal piano, di quattordicimila e quattrocento euro; in termini percentuali sull’investimento agevolato il beneficio equivale quindi ad uno “sconto” di circa il 7%.

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Altra misura apprezzabile contenuta nel decreto crescita riguarda l’aumento progressivo della deducibilità dall’Ires (e dall’Irpef) dell’Imu.

Rappresenta una anomalia del tutta italiana quella per la quale, attualmente, la quota di deduzione dell’Imu pagata dagli imprenditori per gli immobili strumentali è pari al 40%. Il decreto crescita, mediante una disposizione tante volte annunciata e mai adottata, procede al graduale innalzamento della deducibilità dell’IMU che va al 50% per l’anno in corso, al 60% per il 2020 e, a regime, al 70%, a partire dal 2021.

Quanto vale la misura in oggetto?

Consideriamo un IMU di 20 mila Euro. Il passaggio da una quota di deducibilità, ai fini Ires, dal 40% al 70% (quota a regime) implica un maggior costo deducibile di sei mila euro e, quindi, una minore imposta stimata di mille e quattrocento quaranta Euro che, in termini percentuali, a parità di condizioni applicabili alla posizione soggettiva equivale ad una minore incidenza del gravame fiscale del 7%.

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Positiva è anche la reintroduzione del “bonus aggregazioni” diretta a favorire le aggregazioni di imprese, con riferimento alle operazioni straordinarie realizzate fino al 31 dicembre 2022 (Nota 7).

In effetti, come si vedrà, l’entità del benefit è in grado di mitigare in misura significativa i costi connessi all’operazione di aggregazione (M&A) con l’effetto di rendere più appetibile il perfezionamento di tali operazioni.

Tale agevolazione consente di beneficiare dell’affrancamento gratuito, ai fini IRES e IRAP, per un ammontare complessivo non eccedente l’importo di 5 milioni di euro, del maggior valore attribuito all’avviamento e ai beni strumentali per effetto dell’imputazione delle differenze tra valori contabili e valori correnti emergenti nelle operazioni di fusione scissione e conferimento.

Il beneficio fiscale consiste nel diritto alla deduzione fiscale dei maggiori ammortamenti ai fini IRES e IRAP, a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui ha avuto luogo l’operazione di aggregazione aziendale e ha effetto sulla quantificazione delle eventuali plusvalenze o minusvalenze realizzate successivamente al decorso del termine di quattro periodi d’imposta.

Ipotizzando una fusione che genera un disavanzo da concambio pari a 5 milioni, interamente utilizzabile per l’iscrizione di maggiori valori dei cespiti o dell’avviamento, il risparmio d’imposta sarà pari a circa 1,4 milioni (5 milioni x 27% + 3.9%) e sarà realizzato in un periodo tanto più breve quanto minore è il periodo di ammortamento dei cespiti cui il disavanzo è imputabile.

Secondo quanto chiarito in passato dall’Agenzia delle entrate (circolare n. 57/E/2008), in relazione alla medesima operazione straordinaria è possibile optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva onerosa sui maggiori valori eventualmente presenti in bilancio e non riconosciuti fiscalmente in quanto eccedenti il limite di 5 milioni di euro.

Decade dal beneficio la società che pone in essere ulteriori operazioni straordinarie ovvero ceda i beni iscritti o rivalutati nei primi quattro periodi d’imposta successivi all’aggregazione stessa, ferma la possibilità di richiedere il mantenimento dell’agevolazione con interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 11, comma 2, legge n. 212/2000.

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Da ultimo occorre dar conto dell’introduzione, nell’ambito delle ultime modifiche apportate al Decreto Crescita, di un bonus sotto forma di credito d’imposta per le imprese esistenti alla data del 1° gennaio 2019 che partecipano a manifestazioni fieristiche di settore che si svolgono all’estero, ed al fine di favorirne l’internazionalizzazione.

L’agevolazione consiste in un credito di imposta triennale per la partecipazione a fiere internazionali di settore organizzate in Italia da riconoscersi nella misura del 30% delle spese sostenute per la partecipazione alle fiere fino a un massimo di 180 mila euro, credito ripartito in tre quote annuali di pari importo, nell’importo massimo di 60 mila euro. Le spese che concorrono alla determinazione del bonus sono quelle relative all’affitto, allestimento degli spazi espositivi, alle attività pubblicitarie, di promozione e comunicazione connesse alla partecipazione.

Con decreto ministeriale saranno definite nel dettaglio le tipologie di interventi ammessi al beneficio, le procedure di ammissione e l’elenco delle fiere.

Le misure previste dal Decreto crescita sono entrate in vigore il 1° maggio 2019.

Si segnala tuttavia nel corso dell’iter parlamentare per la conversione in legge nei prossimi 60 giorni le disposizioni potrebbero subire ulteriori modifiche.

 

(Nota 1) Si ricorda che l’art. 1 legge 30 dicembre 2018, n. 145 (Finanziaria 2019) aveva sostituto il beneficio ACE (Agevolazione Crescita Economica) con un nuovo meccanismo che prevedeva una riduzione dell’aliquota Ires dal 24% al 15% a fronte del reinvestimento di utili; l’agevolazione in oggetto, tuttavia, è risultata sin da subito poco attrattiva in quanto fruibile al verificarsi di una serie di condizioni legate anche all’acquisto di beni strumentali nuovi ed all’incremento occupazionale attraverso calcoli complessi e che ne depotenziavano, di fatto, la portata agevolativa

(Nota 2) La mini IRES prevista dalla Finanziaria 2019 era pari al 15% mentre quella rivista dal decreto crescita, a regime, sarà pari, a regime, al 20,5%.

(Nota 3) Ai fini della verifica dell’incremento del patrimonio netto occorrerà raffrontare il dato al 31/12/2018, senza l’utile, con quello al 31/12/2022, sempre senza l’utile di esercizio, al netto degli utili accantonati a riserva agevolati nei periodi di imposta precedenti, ovviamente sempre senza considerare eventuali accantonamenti a riserve non disponibili.

(Nota 4) La norma sul super ammortamento è stata introdotta nella misura del 40% dal legge 28 dicembre 2015, n. 208; la disposizione in oggetto è stata da ultimo prorogata, nella misura del 30%, ad opera della Legge 205/2017 per gli investimenti effettuati entro il 31/12/2018 o, a determinate condizioni, entro il 30 giugno 2019; di contro la Legge 145/2018, Legge di Bilancio 2019, non ha disposto la proroga del super ammortamento che è ora invece reintrodotta con il Decreto Crescita.

Nota 5) Si tratta degli aeromobili da turismo, delle navi e imbarcazioni da diporto, delle autovetture, degli autocaravan, dei ciclomotori e motocicli e degli altri mezzi di trasporto richiamati al citato art. 164 del Tuir.

(Nota 6) L’art. 1 del Decreto Crescita, infatti, richiama la disposizione di cui al comma 91 della L. 28 dicembre 2015 n. 208 che enuclea dagli investimenti agevolati quelli in beni materiali strumentali per i quali il decreto del Ministro delle finanze 31 dicembre 1988, pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.  27 del 2 febbraio 1989, stabilisce coefficienti di ammortamento inferiori al 6,5%, agli investimenti  in  fabbricati e costruzioni, nonché agli investimenti in beni di cui all’allegato n. 3 annesso alla  presente legge.

(Nota 7) Il “bonus aggregazioni” era stato istituito per la prima volta con la legge Finanziaria del 2007 (art. 1, commi da 242 a 249, della legge n. 296/2007) e riproposto con l’art. 4 del D.L n. 5/2009 e consente, al ricorrere di determinate condizioni, di ottenere il riconoscimento gratuito del disavanzo da concambio emergente dalle operazioni di fusione e di scissione nonché del maggior valore iscritto dalla società conferitaria in ipotesi di conferimento d’azienda.

L’agevolazione si applica alle società di capitali residenti risultanti da operazioni di fusione, beneficiarie di scissioni o conferitarie di aziende o rami d’aziende, senza alcun limite dimensionale. Si richiede che le imprese partecipanti siano “operative” da almeno due anni e non facciano parte dello stesso gruppo societario o non siano legate tra loro da un rapporto di partecipazione superiore al 20% ovvero controllate indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell’art. 2359 c.c (requisito che deve sussistere alla data dell’operazione e ininterrottamente nei due anni precedenti).

Sul piano applicativo restano validi i chiarimenti forniti a suo tempo dall’Agenzia delle Entrate con circolari n. 16/E/2007, n. 57/E/2008, n. 28/E/2009, e risoluzione n. 468/E/2008.

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