Prende avvio la riforma IVA in ambito comunitario

Prende avvio la riforma IVA in ambito comunitario

Nell’ambito di una futura riforma sistematica dell’Iva comunitaria, La Direttiva 1910/2018 ed il Regolamento 1912/2018 introducono modifiche sostanziali alla disciplina delle cessioni intracomunitarie che entreranno in vigore già a partire dal 1 gennaio 2020. Le principali novità riguardano: la lotta alle frodi Iva con il ritorno all’obbligatorietà dell’iscrizione al VIES, l’introduzione di regole più certe ai fini della prova delle esportazioni, l’armonizzazione della disciplina del cosiddetto call of stock e la semplificazione delle vendite a catena.

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E’ all’esame della Commissione Europea la riforma dell’IVA delle operazioni intracomunitarie-transfrontaliere con l’obiettivo di introdurre il sistema definitivo IVA UE; attualmente vige infatti un sistema definito “transitorio” che in Italia è stato introdotto con il DL 331/93 convertito nella L. 427/93.

La proposta di riforma, che si articola in due fasi distinte (Nota 1), con decorrenza dal 1° luglio 2022, ha come principale obiettivo quello di contrastare le frodi e l’evasione IVA  attraverso l’assoggettamento IVA delle operazioni intracomunitarie nel paese di origine del cedente ma con applicazione delle aliquote IVA previste dal Paese di destinazione dei beni (Nota 2).

Considerato che per l’avvio a regime della riforma mancano ancora più di due anni e mezzo, di seguito ci limitiamo ad esaminare le norme che entreranno in vigore già dal 1° gennaio 2020. Si tratta delle misure urgenti denominate “Quick Fixes”, approvate in data 4 dicembre 2018 dal Consiglio UE, che riguardano quattro specifiche tematiche finalizzate a migliorare il funzionamento pratico di determinate aree storicamente problematiche (Nota 3); tali misure saranno applicabili a tutti i soggetti passivi registrati ai fini IVA in uno Stato Membro dell’Unione Europea, senza distinzioni in base all’ubicazione della sede dell’attività operativa all’interno o all’esterno del territorio comunitario.

Di seguito, passeremo quindi in rassegna le nuove regole in materia di prova del trasferimento dei beni oggetto di una cessione intracomunitaria, prevista dal Regolamento 282/2011, per poi esaminare, in sintesi, le novità introdotte dalla direttiva Ue 2018/1910 in materia di: a) numero identificativo Iva di iscrizione VIES; transazioni «a catena» (triangolazioni) e disciplina del cosiddetto «call off stock».

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La prova delle cessioni UE

A partire dal 01.01.2020, in ambito UE vengono uniformate le regole ai fini della prova delle esportazioni, condizione necessaria per l’applicazione del regime di non imponibilità alle cessioni di beni intra comunitarie, di cui all’articolo 41, comma 1, D.L. 331/1993.

Le cessioni intracomunitarie sono operazioni non imponibili Iva cui si applica il regime di “tassazione a destino” nel Paese dello Stato UE di destinazione dei beni, purché siano rispettate congiuntamente le seguenti condizioni:

  1. a) entrambi i soggetti coinvolti nell’operazione devono essere soggetti passivi Iva;
  2. b) l’operazione deve essere onerosa e comportare il trasferimento della proprietà dei beni oggetto della stessa;
  3. c) vi deve essere l’effettivo trasferimento fisico della merce dal territorio dello Stato al territorio di un altro Paese UE.

Le novità che decorrono dal 2020 attengono proprio a tale ultimo requisito e sono volte a dipanare le lacune legislative e la mancanza di regole uniformi fra i Paesi membri UE, posto che la Direttiva 2006/112/CE e la giurisprudenza comunitaria avevano lasciato al legislatore nazionale l’onere di disciplinare quali dovessero essere i validi documenti di prova da esibire per dimostrare l’effettivo trasferimento fisico della merce in un altro Stato UE.

Sotto il profilo interno, posto che la normativa italiana non contiene una specifica previsione in merito, nel corso degli anni l’Agenzia delle entrate si è espressa con vari documenti di prassi che, tuttavia, non sono riusciti ad evitare un elevato numero di contenziosi (Nota 4).

Occorre evidenziare come, secondo l’orientamento consolidato della giurisprudenza comunitaria e nazionale, l’onere della prova grava sul fornitore e non sull’Amministrazione finanziaria; ciò in quanto il regime di esenzione Iva delle cessioni intracomunitarie rappresenta una deroga al principio generale di tassazione nel Paese in cui si trovano i beni al momento iniziale della spedizione o trasporto. E’ altresì pacifico che al contribuente non possono essere richiesti adempimenti troppo complessi che rendano eccessivamente difficile e complessa fornire la dimostrazione del trasferimento fisico dei beni e, in seconda istanza, la prova della sua buona fede ed estraneità ad eventuali frodi.

In forza del nuovo Regolamento di esecuzione UE 2018/1912, a decorrere dal 2020 in tutti gli Stati membri si applica il nuovo articolo 45-bis del Regolamento UE 282/2011, che stabilisce quali debbano essere le prove attraverso le quali si possa presumere che i beni siano trasportati o spediti dal Territorio di uno Stato membro verso una destinazione esterna al proprio territorio in altro Stato UE; la norma distingue il caso in cui il trasporto venga effettuato direttamente dal cedente o da un terzo per suo conto dal caso in cui il trasporto sia eseguito dall’acquirente (o da un terzo per suo conto).

In particolare, nel caso in cui i beni siano stati trasportati dal venditore o da un terzo per suo conto, al fine di provare l’effettivo trasferimento fisico della merce il cedente deve essere in possesso: di almeno due elementi di prova di cui al seguente elenco (elementi gruppo a) rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra:

  • documento o una lettera CMR riportante la firma (si ritiene che si faccia riferimento alla firma del trasportatore che ha preso in carico la merce);
  • polizza di carico;
  • fattura di trasporto aereo;
  • fattura emessa dallo spedizioniere.

oppure, in alternativa, uno qualsiasi degli elementi di prova di cui al gruppo a) in combinazione di uno qualsiasi dei singoli elementi di prova di cui al seguente elenco (gruppo b) che confermano la spedizione o il trasporto, rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra:

  • polizza assicurativa relativa alla spedizione o al trasporto dei beni o i documenti bancari attestanti il pagamento della spedizione o del trasporto dei beni;
  • documenti ufficiali rilasciati da una pubblica autorità, ad esempio un notaio, che confermano l’arrivo dei beni nello Stato membro di destinazione;
  • ricevuta rilasciata da un depositario nello Stato membro di destinazione che confermi il deposito dei beni in tale stato membro.

Nel caso, invece, in cui i beni siano stati trasportati o spediti dall’acquirente o da un terzo per suo conto è necessario acquisire la dichiarazione rilasciata dal cessionario che certifichi che la merce è giunta nel Paese di destinazione (Nota 5), congiuntamente al possesso dei documenti di prova come sopra individuati (Nota 6).

In termini pratici, ai fini della corretta individuazione dei mezzi di prova, occorrerà prestare particolare attenzione ai termini di resa o Incoterms contenuti negli accordi contrattuali.

Ad una prima analisi, le regole prescritte dal Regolamento non sembrano idonee a risolvere le difficoltà della prova, specie nei casi in cui il trasporto sia effettuato dal cessionario con mezzi propri e ancor di più quando il trasporto venga eseguito da un vettore incaricato dal cessionario; resta infatti a carico del venditore l’onere di attivarsi per acquisire dall’acquirente la certificazione corredata dalle prove documentali.

Ed inoltre, occorre anche considerare che le presunzioni introdotte dall’art. 45 bis sono relative e non assolute in quanto confutabili dalle Autorità fiscali degli Stati membri, per cui occorrerà avere particolare accortezza nella predisposizione del corredo documentale a supporto delle operazioni, non escludendo in tale ambito anche specifici elementi di prova che attestino la propria buona fede.

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Il numero di identificazione Iva VIES

Per quanto attiene al numero di identificazione Iva, la Direttiva prevede che detto numero diventi per il fornitore – oltre che elemento necessario per il trasporto dei beni al di fuori dello Stato membro di cessione – anche condizione sostanziale per l’applicazione della non imponibilità alle operazioni intracomunitarie. L’applicazione di tale regime, dal 1.01.2020, sarà quindi condizionata:

  • all’inserimento dei dati del cessionario nel Vies, elemento che diventa essenziale per consentire allo Stato membro di arrivo di essere informato della presenza dei beni nel suo territorio;
    • alla identificazione del cessionario ai fini dell’Iva in uno Stato membro diverso da quello in cui la spedizione o il trasporto dei beni ha inizio e alla comunicazione al cedente di tale numero di identificazione Iva.
  • al rispetto, da parte del cedente, dell’obbligo di presentazione dell’elenco riepilogativo Intrastat riportante le informazioni corrette sulla cessione intracomunitaria (fra cui è compreso l’identificativo Iva del cessionario).

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Le transazioni a catena o triangolazioni

Per quanto riguarda le cosiddette “transazioni a catena o triangolazioni”, che sono costituite da più cessioni di beni cui segue un unico trasporto intracomunitario, l’esigenza di una loro disciplina uniforme è derivata dai diversi approcci adottati in questi anni dai singoli Stati membri in riferimento a tali fattispecie, approcci che hanno avuto come conseguenza, in taluni casi, la doppia imposizione o la non imposizione.

In particolare, le difficoltà di applicazione delle norme sono state legate all’individuazione dell’operazione alla quale imputare il trasporto, che è l’unica operazione a beneficiare della non imponibilità prevista per le cessioni all’interno dell’UE, secondo il consolidato orientamento della Corte di giustizia.

Secondo la giurisprudenza comunitaria, nelle vendite a catena solo una cessione può assumere il carattere di vendita intracomunitaria non imponibile, mentre le successive cessioni vanno assoggettate ad iva, ciò che potrebbe rendere necessaria l’identificazione iva del cedente nello Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati.

Il nuovo articolo 36-bis, della direttiva 2006/112/Ce introduce, a valere dal 1° gennaio 2020, una disciplina generale ed anche un’esplicita deroga. La regola generale prevede che, qualora lo stesso bene sia ceduto più volte e sia spedito o trasportato da uno Stato membro a un altro, direttamente dal primo cedente all’ultimo acquirente nella catena, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione effettuata nei confronti dell’operatore intermedio ed è quindi questa che può fruire del regime di non imponibilità (Nota 7). Tale regola si applica alle operazioni a catena nelle quali intervengono almeno tre soggetti:

  • un fornitore, il quale all’inizio della «catena» cede i beni ad un operatore intermedio (primo cedente);
  • un operatore intermedio, ovvero «il cedente all’interno della catena diverso dal primo cedente della catena, che spedisce o trasporta i beni esso stesso o tramite un terzo che agisce per suo conto» (articolo 36-bis, paragrafo 3);
  • un acquirente, ovvero il soggetto passivo a cui l’operatore intermedio cede i beni.

Dunque, in un’operazione tra tali soggetti, il trasporto o la spedizione dei beni è imputato alla cessione eseguita nei confronti dell’operatore intermedio e, di conseguenza, tale cessione è considerata intraUe, se si verificano le seguenti condizioni:

a) i beni sono ceduti successivamente;

b) i beni devono essere spediti o trasportati da uno Stato membro all’altro;

c) i beni sono trasportati o spediti direttamente dal primo venditore all’ultimo acquirente della catena, con trasporto a cura dell’operatore intermedio o di un terzo che agisce per suo conto.

Nel consegue l’esclusione dalla disciplina in questione delle le cessioni a catena che coinvolgono importazioni ed esportazioni, o che riguardano solo cessioni domestiche, in quanto non soddisfano la condizione sub b).

In deroga a questa regola, la spedizione o il trasporto sono imputati unicamente alla cessione di beni effettuata dall’operatore intermedio, se quest’ultimo ha comunicato al cedente il numero di identificazione Iva attribuitogli dallo Stato membro a partire dal quale i beni sono spediti o trasportati; di conseguenza, la cessione nei confronti dell’operatore intermedio sarà soggetta a Iva nello Stato membro di partenza, mentre la cessione intraUe non imponibile sarà quella effettuata dall’operatore intermedio nei confronti del cliente finale (Nota 8).

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Il call off stock o consignment stock

La direttiva 2018/1910/UE  introduce dall’1.1.2020 alcune modifiche alla disciplina comunitaria IVA in materia di call-off stock o consignment stock (Nota 9), con lo scopo di semplificare e di uniformare il trattamento di tali operazioni nell’ambito UE.

Esistono infatti delle differenze nella disciplina applicata dai diversi Stati membri all’accordo di call-off stock, nell’ambito del commercio transfrontaliero, ciò che comporta che una medesima operazione sia considerata una cessione intracomunitaria presunta nello Stato di partenza e un acquisto intracomunitario presunto nello Stato di arrivo, con successiva realizzazione di una cessione interna nello Stato membro di arrivo nel momento in cui si realizza il prelievo dei beni da parte dell’acquirente e conseguente obbligo per il cedente di identificarsi nello Stato di destinazione, con evidenti complicazioni e appesantimenti amministrativi.

Le nuove disposizioni (nuovo articolo 17-bis, della direttiva n. 2006/112/Ce), che sostanzialmente non differiscono dalla norme interne e dalle indicazioni fornite dall’Agenzia delle entrate (Nota 10),  prevedono che il call-off stock, nel rispetto di specifiche condizioni (Nota 11), dia luogo a una cessione intracomunitaria non imponibile nello Stato membro di partenza dei beni e a un acquisto intracomunitario, soggetto a inversione contabile, nello Stato membro in cui è situato lo stock; pertanto, il trasferimento dello stock da uno Stato membro all’altro non comporta, per il cedente, obbligo di identificazione nel luogo in cui è situato lo stock. In altri termini, dal 2020, l’invio dei beni in regime di call off stock da uno Stato membro a un altro, non configurerà più un’operazione intracomunitaria assimilata, ma una cessione e un acquisto intracomunitari effettivi, che si realizzano, tuttavia, solo al momento del trasferimento del diritto di disporre dei beni come proprietario in favore del soggetto destinatario dei beni e purché il trasferimento abbia luogo entro il termine di 12 mesi dall’arrivo dei beni.

 

Nota 1) Per un approfondimento e un inquadramento normativo si rinvia allo Studio pubblicato nel settembre 2019 dal Consiglio Nazionale dei Dottori Commercialisti ed Esperti contabili, insieme alla Fondazione nazionale dei commercialisti, dal titolo «Gli scenari futuri dell’Iva alla luce delle direttive e delle proposte dell’Ue».

Nota 2) In particolare, si prevede che nella prima fase della riforma si passi all’imposizione nel paese di destinazione dei beni, allo stesso modo di quanto avviene per le cessioni nazionali, con superamento dell’attuale sistema del reverse charge. Ciò avverrà mediante un’adozione generalizzata dello sportello unico Moss (già utilizzato per i servizi di telecomunicazione, di teleradiodiffusione ed elettronici) che verrà esteso a tutte le operazioni del commercio elettronico, che permetterà alle imprese di essere soggette all’obbligo di registrazione ai fini Iva (partita Iva) solo negli Stati membri in cui sono stabilite. Lo strumento dello sportello unico Moss si applicherà alle sole imprese che non siano certificate dalle rispettive amministrazioni fiscali, mentre le imprese certificate dalle loro amministrazioni fiscali (Certified taxable person: Ctp) continueranno come ora a essere debitrici dell’Iva per i beni acquistati da altri Stati membri UE con il sistema attuale del reverse charge, come avviene oggi.

Nella «seconda fase», poi, il versamento dell’Iva sarà posto a carico del cedente con le aliquote del paese del cessionario, in modo da uniformare il trattamento di tutte le cessioni di beni e servizi nel mercato unico, siano esse nazionali o transfrontaliere.

Nota 3) Le misure cosiddette denominate “Quick Fixes” riguardano, in particolare i seguenti aspetti: 1) l’obbligo dell’acquirente di disporre di un numero di identificazione IVA dove ha luogo l’acquisto intracomunitario come requisito sostanziale per il fornitore per l’attuazione della cessione intracomunitaria esente da IVA; 2) la semplificazioni ed armonizzazione del regime di “Call-off stock” per evitare che il fornitore debba identificarsi ai fini IVA nell’altro Stato UE dove è ubicato il magazzino merci dell’acquirente 3) la semplificazione e armonizzazione delle norme concernenti le operazioni a catena tra tre operatori, quando il trasporto è organizzato dall’operatore intermedio per stabilire in modo univoco la cessione intracomunitaria esente da IVA; 4) l’introduzione di disposizioni comuni inerenti le prove documentali del trasferimento fisico delle merci nell’ambito delle cessioni intracomunitarie.

Nota 4) Si veda il parere fornito in risposta al recente interpello n. 100 dell’8/4/2019, con cui l’Agenzia delle Entrate ha confermato le indicazioni già fornite con le precedenti Risoluzioni n. 345/E/2007, n. 477/E/2008 e n. 19/E/2013, attestandone, peraltro, la conformità con quanto previsto dal Regolamento UE del 2018/1912 in esame.

Nota 5) Tale dichiarazione, che deve essere fornita al venditore entro il decimo giorno del mese successivo alla cessione, deve riportare: la data di rilascio; il nome e l’indirizzo dell’acquirente; la quantità e la natura dei beni; la data e il luogo di arrivo; nel caso di cessione di mezzi di trasporto, il numero di identificazione del mezzo di trasporto; l’identificazione della persona che accetta i beni per conto dell’acquirente.

Nota 6) E quindi, alternativamente: almeno due degli elementi di prova di cui al gruppo a), rilasciati da due diverse parti indipendenti l’una dall’altra oppure uno qualsiasi dei singoli elementi di cui al gruppo a) in combinazione con uno qualsiasi dei singoli elementi di prova di cui al gruppo b) che confermano la spedizione o il trasporto, documenti sempre rilasciati da due parti indipendenti l’una dall’altra.

Nota 7) Si veda il caso di cessioni a catena multiple in ambito UE con le seguenti movimentazioni fisiche dei beni: 1) da un operatore francese a un tedesco; 2) dal tedesco a un operatore spagnolo; 3) dallo spagnolo a un operatore portoghese in cui, prima della movimentazione fisica dei beni dalla Germania alla Spagna si realizzino altre cessioni, senza trasferimenti ulteriori della merce: a) tra il tedesco e un operatore italiano; b) tra l’italiano e un operatore austriaco; c) tra quest’ultimo e lo spagnolo. Queste ultime cessioni possono propriamente dirsi «vendite a catena» con trasporto unico dalla Germania alla Spagna. Diversamente, la cessione “a monte” (francese/tedesco) e quella “a valle” (spagnolo/portoghese) sono semplici cessioni intraUe fuori dalla catena. All’interno della catena, se l’operatore intermedio che cura il trasporto è l’italiano, il trasporto sarà imputato alla cessione operatore tedesco/italiano. Di conseguenza, l’operazione effettuata dall’operatore tedesco, ai fini Iva, è da considerarsi come cessione intraUe non imponibile in Germania ed un acquisto effettuato dall’italiano imponibile in Spagna. Le vendite italiano/austriaco e austriaco/spagnolo sono transazioni rilevanti in Spagna.

Nota 8) Per meglio comprendere l’ambito di applicazione della deroga può giovare una esemplificazione: supponendo due cessioni di beni consecutive, la prima effettuata da un operatore francese a un operatore tedesco, la seconda dal tedesco a un soggetto passivo italiano, con trasporto unico dalla Francia all’Italia, il problema sta nel determinare a quale delle due cessioni va imputato il trasporto. Se il tedesco ha un identificativo Iva in Francia e lo comunica al fornitore francese, allora la prima cessione (Francia-Germania) sarà qualificata come un’operazione domestica rilevante in Francia, mentre la seconda cessione (dal tedesco all’italiano) sarà una cessione intraUe non imponibile e l’italiano effettuerà l’acquisto intraUe assolvendo l’Iva in Italia col meccanismo del reverse charge.

Nota 9) Il call of stock, nel nostro ordinamento meglio noto come  consignment stock, è uno schema negoziale diffuso nella prassi commerciale, principalmente negli scambi transnazionali di beni, che ha ampie similitudini con il contratto estimatorio di cui all’art. 1556 c.c, cui il quale il cedente invia beni mobili presso un deposito di proprietà o in uso al cessionario; i beni stoccati, nonostante la consegna, restano di proprietà del cedente finchè il cessionario li preleva dal deposito per proprie esigenze produttive o commerciali.

In particolare, l’accordo di call-off stock ricorre quando il venditore trasferisce uno stock di beni presso un deposito situato in un altro Stato membro, a disposizione di un acquirente conosciuto, e tale acquirente diventa il proprietario dei beni all’atto della loro estrazione dal deposito.

In ogni caso, l’accordo prevede una condizione sospensiva, rinviando il trasferimento della proprietà al momento del prelievo o allo scadere del termine concordato tra le parti per la restituzione.

Nota 10) Sino ad ora in ambito interno, ai sensi dell’art. 39 comma 1 del DL 331/93 le regole previste dall’art. 6 comma 2 lett. d) del DPR 633/72 per le cessioni domestiche effettuate in esecuzione di un contratto estimatorio valgono anche per le operazioni intracomunitarie. In applicazione di tali norme, in caso di trasferimento, ad opera di un soggetto passivo IVA italiano, di beni mobili dall’Italia al deposito di altro operatore economico in altro Stato membro, l’effettuazione della cessione intracomunitaria di beni è sospesa fino al prelievo dei beni ad opera dell’acquirente intracomunitario o alla restituzione dei beni (o di una parte di essi) stessi al cedente italiano.

Ed inoltre, in caso di costituzione, ad opera di un soggetto passivo IVA in altro Stato membro, di uno stock di beni presso il deposito di un operatore economico italiano, l’effettuazione dell’acquisto intracomunitario di beni è sospesa fino al prelievo dei beni ad opera dell’acquirente nazionale o alla restituzione dei beni stessi (o di una parte di essi) al cedente comunitario. La sospensione opera non solo ai fini dell’individuazione del momento impositivo e, conseguentemente, di emissione della fattura e di adempimento degli obblighi ad essa connessi, ma anche ai fini della presentazione degli elenchi riepilogativi INTRASTAT, solo a condizione che l’operatore economico italiano (sia cedente o cessionario) osservi gli adempimenti previsti dall’art. 50 comma 5 del DL 331/93, al fine di vincere le presunzioni di cessione ed acquisto di cui al DPR 10.11.98 n. 441 e quindi: istituisca un registro secondo le regole generali previste dall’art. 39 del DPR 633/72 in cui vengano annotate le movimentazioni dei beni.

Nota 11) Secondo l’art. 17 bis, si applica il nuovo regime di call-off stock qualora siano soddisfatte contemporaneamente le seguenti quattro condizioni: 1) i beni oggetto dell’operazione sono spediti o trasportati da un soggetto passivo IVA in uno Stato membro (o da un terzo per suo conto) verso un altro Stato membro, in previsione del fatto che, dopo il loro arrivo, detti beni saranno ceduti ad un altro soggetto passivo il quale, in forza dell’accordo esistente tra le parti, ha il diritto di acquisirne la proprietà; 2) il soggetto passivo che spedisce i beni non ha stabilito, nello Stato membro in cui i beni sono spediti, la sede della propria attività economica, né ivi dispone di una stabile organizzazione; 3) il soggetto acquirente è identificato ai fini IVA nello Stato membro in cui i beni sono spediti e la sua identità ed il numero di identificazione sono noti al soggetto che spedisce nel momento in cui ha inizio la spedizione/trasporto dei beni; 4)  il soggetto che spedisce/trasporta i beni registra detto trasferimento in un apposito registro e li inserisce negli elenchi riepilogativi delle cessioni intra-Ue.