“Prevenire è meglio che curare”: prime indicazioni sugli indici di allerta

“Prevenire è meglio che curare”: prime indicazioni sugli indici di allerta

Gli indici di allerta rappresentano uno degli strumenti previsti dal nuovo Codice della Crisi d’impresa al fine di effettuare il monitoraggio, da parte dell’imprenditore, del proprio stato di salute. Il Consiglio nazionale dei commercialisti ha recentemente pubblicato un documento in bozza che propone una prima elaborazione di tali indici. Deve sin da subito essere chiarito che per quanto utilissimi nella mappatura delle situazioni di crisi, gli indicatori non possono sostituirsi alla valutazione anche qualitativa che – caso per caso ed una volta identificata tale situazione – deve necessariamente essere effettuata dagli organi societari.

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Nell’ambito della recente riforma della Crisi d’impresa (di cui al D. Lgs n° 14 del 2019 inde cit Codice), il legislatore, allo scopo di anticipare o prevenire la crisi, impone alle imprese l’obbligo di una continua valutazione del rischio di crisi e dei relativi fattori. Tale obbligo è posto a carico degli organi sociali attraverso la predisposizione di adeguati assetti organizzativi, così come richiesti espressamente dal novellato art. 2086 del Codice civile (nota 1), norma in vigore dal 16 marzo scorso.

In tale direzione la previsione dell’art. 12, comma 1 del Codice, il quale, ai fini della tempestiva rilevazione della crisi, impone “obblighi organizzativi” come “strumenti di allerta”, dimensionati alla specifica complessità aziendale, che consistono nell’esercizio di specifiche attività di controllo e monitoraggio che dovrebbero favorire l’emersione di precoci segnali di crisi.

L’art 13 del Codice, che entrerà in vigore nell’agosto 2020, conferisce al Consiglio nazionale dei dottori commercialisti ed esperti contabili (CNDCEC) il compito di elaborare con cadenza almeno triennale e per ogni attività economica Istat, un set di indici che “valutati unitariamente, fanno ragionevolmente presumere la sussistenza di uno stato di crisi dell’impresa”. La disposizione prevede inoltre che specifici indici saranno poi elaborati per start-up innovative, PMI innovative, società in liquidazione, imprese costituite da meno di due anni. Il tutto sarà poi sottoposto ad approvazione del Ministero dello sviluppo economico.

La stessa norma fornisce già un indirizzo sui parametri da tenere d’occhio quali indicatori di una crisi in atto (ossia gli squilibri di carattere reddituale, patrimoniale o finanziario) che vengono così individuati:

  • sostenibilità dei debiti per almeno sei mesi;
  • prospettive di continuità aziendale per l’esercizio in corso o, comunque, per almeno sei mesi;
  • ritardi nei pagamenti reiterati e significativi.

Più nello specifico, l’art. 13, comma 1 definisce “indici significativi quelli che misurano la sostenibilità degli oneri dell’indebitamento con i flussi di cassa che l’impresa è in grado di generare e l’adeguatezza dei mezzi propri rispetto a quelli di terzi” (Nota 2).

Lo scorso settembre il CNDCEC ha pubblicato una prima bozza degli indici di allerta della crisi (Nota 3). La bozza fa proprie, doverosamente, le indicazioni di legge ma aggiunge ulteriori indici che “correggono il tiro”.

Sotto il profilo metodologico si segnala che il CNDCEC ha seguito un approccio di natura statistico-sperimentale: gli indici sono stati applicati, in collaborazione con CERVED, sulla base di un campione di circa 568.000 bilanci anni 2010-2015 con 18.000 eventi di insolvenza (fallimento, concordato preventivo, accordo di ristrutturazione dei debiti, liquidazione coatta amministrativa, amministrazione straordinaria) verificatisi negli anni 2011-2018 (Nota 4)

Va precisato che il compito affidato al CNDCEC appare arduo: individuare un numero limitato di misure applicabili ad una platea quanto mai eterogenea di imprese, efficaci nell’innescare una procedura di allerta.

Si segnala in proposito che, nel rispetto della specificità di ogni soggetto, lo stesso Codice (art 13 comma 3 D.Lgs 14/2019) prevede la possibilità, per l’impresa che non ritenesse adeguati gli indici “standard”, di calcolare i propri indici, con l’obbligo di esposizione in nota integrativa con opportuni commenti sulle ragioni della scelta. Un’attestazione di un professionista indipendente allegata – a valere però dall’esercizio successivo – ne certificherà l’adeguatezza. Per contro, per chi adotta gli indici standard non è previsto invece l’inserimento in bilancio.

Nulla è detto per le imprese che non redigono bilancio e/o nota integrativa (imprenditori individuali, società di persone e micro imprese); tuttavia per tali soggetti minori appare ancora più opportuno derogare agli indici.

A differenza dei criteri generali stabiliti dall’art. 13 come sopra descritti, lo schema elaborato dai dottori commercialisti si basa su 7 indici ed opera per step successivi come segue.

  1. La prima grandezza da esaminare è il patrimonio netto: un valore negativo a causa di perdite anche cumulate è segnale di allerta, a meno che non vi sia prova di provvedimenti per la ricapitalizzazione, almeno sino al limite legale.
  2. In caso di valore positivo del patrimonio netto, è previsto un secondo indice, denominato Debt service cover ratio (Dscr), ossia il rapporto tra flusso di cassa libero (flusso da attività operative – flusso di cassa per investimenti) a 6 mesi e ammontare dei debiti finanziari da rimborsare entro lo stesso termine. Un valore inferiore a 1 è ritenuto sintomatico di crisi, in quanto l’impresa non risulta in grado, entro i sei mesi successivi, di far fronte ai propri impegni mediante i flussi generati dalla gestione.

In caso di impossibilità di calcolo del Dscr (che richiede la capacità e, aggiungiamo, l’obiettività di stimare flussi previsionali), o, comunque, quando questo sia ritenuto inattendibile, si procede ad esaminare congiuntamente i seguenti cinque indici. Per ognuno di essi è stata stabilita una soglia differenziata per settore ISTAT (tabella A allegata); in caso di superamento contemporaneo di tutte le soglie si è in presenza di una probabile crisi:

  1. Rapporto Oneri finanziari / Ricavi, indicativo della sostenibilità degli oneri finanziari;
  2. Rapporto Patrimonio netto / Debiti totali, segnalatore di un eventuale squilibrio nella struttura finanziaria;
  3. Rapporto Attività a breve / Passività a breve, (generalmente nominato indice di liquidità secondaria), evidenzia la capacità di coprire passività a breve tramite attività a breve
  4. Rapporto Cash flow / Attivo, misura in che percentuale le attività ritornano in forma liquida
  5. Rapporto indebitamento previdenziale e tributario / Attivo, che offre una indicazione della dimensione relativa di particolari debiti, legati ai soggetti incaricati della cosiddetta “allerta esterna” (Nota 5)

Si noti come gli indici di cui ai punti 3 e 4 discendano dal dettato normativo sopra richiamato.

Considerato che le note metodologiche di supporto non sono state ancora diffuse, appare prematuro commentare indice per indice la capacità segnaletica dello stesso.

E’ tuttavia possibile sin d’ora rilevare che il Dscr è elaborato su dati prospettici, mentre gli altri indici si basano su grandezze consuntive. Pertanto all’impresa è richiesto di dotarsi di un sistema di controllo di gestione e di un sistema amministrativo-contabile efficaci e costantemente aggiornamenti; ciò in conformità a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 2086 del codice civile, introdotto proprio dal D.Lgs 14/2019.

E’ evidente come il legislatore stia chiedendo, anche su questo punto, un cambiamento di mentalità, soprattutto alle imprese di minori dimensioni. Coloro che, per abitudine, attendevano il semestre o addirittura la chiusura dell’esercizio per esaminare la contabilità dovranno, al contrario, munirsi di budget e piani non solo economici, ma anche patrimoniali e dei flussi di cassa – prassi certo non diffusa anche tra le aziende non piccole. Con lo sguardo rivolto in avanti, l’imprenditore dovrà cercare di pilotare la gestione agendo prima di sforare le soglie stabilite, senza accontentarsi di giudicare a posteriori sulla base della mera analisi di indici di bilancio determinati a consuntivo.

Peraltro, la segnalazione all’ Organismo di composizione della crisi d’impresa (OCRI) su iniziativa dello stesso debitore non è considerata tempestiva (oltre che negli altri casi di cui all’art. 24 del Codice della crisi) quando il superamento dei valori-soglia si evidenzia nell’ultimo bilancio approvato o, comunque, per oltre tre mesi. Si perdono in questi casi le misure premiali di cui all’art. 25 al quale si rimanda.

E’ sin troppo scontato sottolineare come la valutazione circa le probabilità di insolvenza di un organismo complesso come un’impresa non possano essere rimesse ad un mero calcolo matematico. Se così fosse, le discipline aziendalistiche avrebbero già da tempo individuato un modello predittivo univoco. Ma non appare questa l’intenzione né del legislatore né del CNDCEC. Il set di indici deve fungere da stimolo per l’adeguamento dell’assetto organizzativo ed amministrativo, da strumento di comunicazione tra l’imprenditore e l’organo di controllo/revisore, da punto di riferimento condiviso dagli attori della crisi d’impresa. Rimane inteso che gli organi interni dell’impresa dovranno attivarsi anche qualora le soglie non siano superate, nei casi in cui conoscano o possano ragionevolmente prevedere eventi della vita dell’impresa pregiudizievoli per la solvibilità e la continuità aziendale.

Da ultimo qualche considerazione circa l’entrata in vigore delle nuove disposizioni. Le norme sulle misure di allerta, compreso l’art. 13 del Codice, che regola gli indici di allerta, entreranno in vigore soltanto il 15 agosto 2020; per contro le modifiche apportate ad alcune disposizioni societarie in materia di doveri e responsabilità degli organi sociali, tra cui il novellato art 2082 c.c. sopra richiamato, sono già in vigore.

Ne consegue che, di fatto, amministratori e organi di controllo delle società, al fine di evitare profili di responsabilità, sono già sin da ora tenuti ad adeguare gli assetti organizzativi e amministrativi aziendali e istituire dei validi presidi per il monitoraggio della continuità aziendale al fine della preventiva e tempestiva valutazione di una eventuale crisi d’impresa.  Gli indici del CNDCEC, seppure in bozza, possono pertanto rappresentare un utile strumento operativo nell’ambito dei protocolli a supporto dell’attività degli organi amministrativi e di controllo.

 

Nota 1) Art. 2086 comma 2 Codice civile: L’imprenditore, che operi in forma societaria o collettiva, ha il dovere di istituire un assetto organizzativo, amministrativo e contabile adeguato alla natura e alle dimensioni dell’impresa, anche in funzione della rilevazione tempestiva della crisi dell’impresa e della perdita della continuità aziendale, nonché di attivarsi senza indugio per l’adozione e l’attuazione di uno degli strumenti previsti dall’ordinamento per il superamento della crisi e il recupero della continuità aziendale.

Nota 2) Alcuni commentatori hanno già fatto notare come tale indicazione non sia del tutto “centrata”. Oltre agli oneri occorre che sia sostenibile la quota capitale; è più indicativo il confronto (qualitativo e quantitativo) attivo/passivo che non il rapporto patrimonio/debiti. (cfr Michele Bana su Eutekne del 4 settembre 2019).

Nota 3) Il Sole24Ore dell’11 settembre 2019.

Nota 4) I test hanno permesso di individuare il 50% delle imprese poi rivelatesi insolventi; in proposito è definito “falso positivo” l’erroneo allarme relativo ad una impresa che non sarà insolvente, Naturalmente, la ricerca empirica è stata condotta sulle imprese che depositano il bilancio, non è quindi possibile avere stime sul resto della popolazione. Nel selezionare il panel il CNDCEC si è posto l’obiettivo di minimizzare la possibilità di segnalazione di imprese che non saranno insolventi, al fine di evitare il sovraccarico del sistema. In contropartita, si è dovuto accettare la possibilità di mancata segnalazione di imprese in crisi; in tal caso caso si parla di “falso negativo” ovvero del mancato allarme per un’impresa in crisi.

Nota 5) Secondo l’art. 15 comma 1del D.Lgs 14/2019, Agenzia delle Entrate, INPS ed Agente della riscossione hanno l’obbligo di segnalare al debitore che l’esposizione nei loro confronti ha superato una determinata soglia (definita al comma 2). In assenza di adeguate risposte (si veda sempre il comma 1), la segnalazione è effettuata all’OCRI.

 

 

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