Ridefinito il regime della Flat Tax

La legge di bilancio 2020 interviene a modificare, ancora una volta, il regime di tassazione forfetaria per imprese e professionisti di piccole dimensioni con una restrizione delle condizioni di accesso; contemporaneamente è abrogata la cosiddetta flat tax al 20% che avrebbe dovuto entrare in vigore dal 1 gennaio 2020, per imprenditori individuali e professionisti con ricavi compresi fra 65mila e 100mila euro.

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Con Legge di Stabilità 2020 (Legge n. 160 del 27.12.2019 in GU n. 304 del 30-12-2019 – Suppl. Ord. n. 45), il legislatore ha riscritto il regime forfetario introdotto dalla Legge Finanziaria 2015 (L. 190/2014, articolo 1 commi 54-89) che, a sua volta, aveva sostituito tutti i precedenti regimi fiscali agevolati per i piccoli contribuenti (regime delle nuove attività produttive di cui alla legge n. 388/2000 e regime dei nuovi minimi ex D.L. n. 98/2011).

Il regime forfettario rappresenta il regime naturale riservato a piccoli imprenditori e professionisti/artisti che svolgono la propria attività in forma individuale con ricavi e compensi fino a 65.000,00 euro; in presenza dei requisiti di legge, tale regime si applica automaticamente senza necessità di effettuare alcuna opzione.

Si tratta di un regime agevolato che comporta rilevanti semplificazioni ai fini IVA e contabili, oltre che la possibilità di determinare forfetariamente il reddito da assoggettare ad un’imposta sostitutiva massima del 15% rispetto a quelle Irpef ordinariamente previste (Nota 1).

In particolare, i forfettari sono esonerati dall’applicazione dell’IVA e dai relativi adempimenti, quali liquidazioni periodiche, dichiarazione annuale IVA ecc.,  incluso l’obbligo della fatturazione elettronica (Nota 2). Conseguentemente, non vi è addebito dell’IVA a titolo di rivalsa, né detrazione di quella assolta, dovuta o addebitata sugli acquisti, anche intracomunitari, e sulle importazioni. Ciò rende concorrenziale il regime forfettario per quei soggetti che hanno prevalentemente clienti privati per i quali la mancata applicazione dell’Iva rappresenta un vantaggio in termini di minor costo sostenuto rispetto al caso di altri fornitori che applicano l’Iva.

Chi applica il regime forfetario e’ altresì escluso dall’obbligo di registrazione e tenuta delle scritture contabili e dall’applicazione degli indici ISA (indici sintetici di affidabilità); non è assoggettato a ritenuta d’acconto e non applica ritenute alla fonte nei confronti dei propri fornitori di servizi, in qualità di sostituto d’imposta, salvo che per i compensi corrisposti a titolo di lavoro dipendente e assimilato.

Ulteriori e rilevanti semplificazioni riguardano le modalità di determinazione del reddito imponibile, e della relativa tassazione. Il regime prevede infatti che la base imponibile dell’imposta sostitutiva sia calcolata (in luogo del calcolo analitico compensi/ricavi meno costi) applicando i coefficienti di redditività che variano in base all’attività esercitata; non rilevano, tra i proventi da assoggettare alle percentuali di redditività, le plusvalenze (circ. n. 10/2016, § 4.3.6), ma possono essere dedotti i contributi previdenziali versati.

Nel calcolo di convenienza per la scelta di aderire o meno al nuovo regime occorre quindi tener conto dell’incidenza di oneri deducibili e detraibili sul reddito assoggettato a Irpef ordinaria, che si perdono passando al regime forfettario (ad eccezione dei contributi previdenziali obbligatori) salvo che non vi siano altri redditi soggetti a tassazione ordinaria; altro elemento da considerare sono i costi dell’attività che, se hanno una forte incidenza sui ricavi, possono rendere conveniente restare nel regime Irpef ordinario in quanto nel forfettario, come visto, la base imponibile è determinata applicando ai ricavi predeterminati coefficienti fissi di redditività.

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L’applicazione del regime forfettario è subordinata al rispetto di parametri dimensionali ed è soggetto a specifiche cause di esclusione, requisiti che nel corso degli anni sono stati oggetto di modifiche sostanziali, da ultimo ad opera della Legge di bilancio 2020.

Di seguito andiamo a riepilogare le modifiche che si sono succedute e riportiamo in allegato A) il testo nelle successive versioni delle disposizioni relative ai requisiti di accesso al regime e alle cause ostative.

Sino al 2018 l’accesso al regime forfettario era condizionato al mancato superamento di limiti di ricavi diversi in base al codice Ateco dell’attività esercitata e dei limiti connessi al sostenimento di spese per lavoro dipendente (5.000,00 euro) e per beni strumentali (20.000,00 euro).

Con decorrenza dall’1.1.2019, il legislatore ha ampliato la platea dei beneficiari, attraverso la rimozione dei limiti connessi al sostenimento di spese per lavoro dipendente e per beni strumentali, lasciando come unico limite il mancato superamento della soglia dei ricavi/compensi percepiti nell’anno precedente. La soglia di ricavi e compensi è stata quindi fissata in misura pari a 65.000,00 euro, uguale per tutte le tipologie di attività, da ragguagliare ad anno e verificare rispetto a quanto “incassato” nell’anno precedente, sia in caso di primo accesso al regime, che in caso di verifica della permanenza nel 2019 (così circolare n. 10 del 4.4.2016 § 2.2) (Nota 3).

Il superamento della soglia determina la fuoriuscita dal regime soltanto a decorrere dall’anno successivo indipendentemente dalla misura dello sforamento, permettendo così di continuare a beneficiare del regime agevolato nell’anno del superamento della soglia, pur in presenza di un fatturato rilevante (Nota 4).

Con decorrenza dal 1 gennaio 2020, la legge di Bilancio 2020, pur mantenendo la soglia dei ricavi di euro 65.000, ha introdotto l’ulteriore requisito, concorrente con il precedente, per cui il soggetto non deve avere sostenuto nell’anno precedente spese per personale di importo complessivo superiore a 20.000 euro lordi; si segnala come tale requisito fosse richiesto sino al 2018, seppure con una soglia di sbarramento più bassa pari, come sopra indicato, a 5.000 euro.

A seguito di tali modifiche, sono ora ammessi al regime forfetario i contribuenti persone fisiche esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, contemporaneamente nell’anno precedente:

a) hanno conseguito ricavi ovvero hanno percepito compensi, ragguagliati ad anno, non superiori a euro 65.000;

b) hanno sostenuto spese per un ammontare complessivamente non superiore a 20.000 euro lordi per lavoro accessorio, per lavoratori dipendenti, collaboratori anche assunti secondo la modalità riconducibile a un progetto, comprese le somme erogate sotto forma di utili da partecipazione agli associati e le spese per prestazioni di lavoro svolte dall’imprenditore o dai suoi familiari. Il nuovo limite è calcolato sulla base dell’ammontare complessivo lordo di spesa sostenuta “per cassa“ nell’anno precedente per cui, per accedere o permanere nel regime nel 2020, occorre considerare le spese sostenute nel 2019.

Un chiarimento fornito nel corso di Telefisco 2020 riguarda l’esclusione dal limite di 65.000,00 euro di ricavi e compensi delle somme percepite a titolo di indennità di maternità. Come già affermato dalla circ. Agenzia delle Entrate 17/2012 (§ 6.1.1, lett. b) con riferimento ad altro regime agevolato di “vantaggio”, tali somme non hanno natura di ricavi o compensi, ma rappresentano proventi sostitutivi di redditi, ai sensi dell’art. 6 comma 2 del TUIR.

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Oltre ai requisiti sopra esaminati per l’accesso al regime agevolato, il legislatore ha altresì previsto delle cause ostative, anch’esse oggetto di numerosi rimaneggiamenti nel tempo.

Sin dall’origine (cfr testo normativo in allegato A) l’articolo 1 comma 57 Legge 190/2014 prevedeva le seguenti cause di esclusione dal regime forfettario:

  • l’utilizzo di regimi speciali IVA e di determinazione forfetaria del reddito (lett. a);
  • la residenza fiscale all’estero (fatta eccezione per i residenti in Stati UE/SEE che assicurino un adeguato scambio di informazioni, che producono in Italia almeno il 75% del reddito complessivo (lett. b);
  • il compimento, in via esclusiva o prevalente, di cessioni di fabbricati o loro porzioni, di terreni edificabili o di mezzi di trasporto nuovi (lett. c);
  • il possesso di partecipazioni (lett d).

In particolare, quest’ultima causa di esclusione è stata oggetto di diverse modifiche. Fino al 31 dicembre 2018, l’accesso al regime forfetario era precluso in caso di contemporaneo possesso di partecipazioni in società di persone o associazioni professionali (art. 5 del TUIR), ovvero in srl in regime di trasparenza (art. 116 del TUIR).

Dal 2019 il regime forfetario risulta precluso non solo agli esercenti attività d’impresa, arti o professioni che, contemporaneamente all’esercizio dell’attività partecipano in società di persone e associazioni, ma anche a quelli che partecipano in imprese familiari nonché a quelli che controllano, direttamente o indirettamente, società a responsabilità limitata o associazioni in partecipazione, che esercitano attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili a quelle svolte dagli esercenti attività d’impresa, arti o professioni (Nota 5).

La formulazione della disposizione relativa alle cause di esclusione, specie quella relativa al possesso di partecipazioni è apparsa sin da subito tutt’altro che chiara (Nota 6) e, pertanto, è stata oggetto di chiarimenti da parte dell’Agenzia delle Entrate in particolare con la recente circolare 9E/2019 e con i numerosi interpelli sempre del 2019 (Nota 7).

E’ stato subito rilevato come non sia contemplata fra le cause ostative la partecipazione in Spa, in società cooperative e in accomandita per azioni che, quindi, non dovrebbero creare incompatibilità.

Persino la detenzione di una partecipazione in S.r.l. risulta ostativa solo al ricorrere congiunto dei due requisiti previsti: a) che il contribuente possieda il controllo diretto o indiretto della società e b) che la srl operi in attività economiche riconducibili a quella della persona fisica in regime forfetario. Il possesso di una quota di partecipazione in una cooperativa a responsabilità limitata non consente mai il controllo della stessa, stante la previsione del citato art. 2538 c.c. secondo cui “..ciascun socio cooperatore ha un voto, qualunque sia il valore della quota o il numero delle azioni possedute”; pertanto non impedisce l’accesso al regime forfetario.

Il riferimento alla necessità che le società controllate esercitino “attività economiche direttamente o indirettamente riconducibili” a quella del socio titolare di partita Iva che intende applicare il regime forfettario, induce ad affermare che non tutte le partecipazioni sono ostative, ma solo quelle in società con attività connessa a quella svolta dal socio, seppure non sempre sia semplice individuare tale connessione (Nota 8).

In linea generale, salvo appunto le eccezioni che andremo ad esaminare, le cause di esclusione vanno riferite all’anno di applicazione del regime e non all’anno antecedente l’ingresso nello stesso. Tuttavia il tenore letterale della norma ha fatto sorgere il dubbio se la causa di esclusione relativa alle partecipazioni in Srl vada riferita al momento di applicazione del regime o all’anno antecedente l’ingresso nel medesimo; in particolare la questione era di stabilire se il contribuente potesse liberarsi della partecipazione in Srl nel 2019 senza compromettere il regime forfettario per il medesimo periodo di imposta.

Nonostante la regola generale sopra evidenziata, l’Agenzia delle Entrate (Videofoum di Italia Oggi del 23.1.2019 e Telefisco 2019)ha chiarito che la causa ostativa connessa al possesso di partecipazioni (in una srl) deve essere rimossa prima dell’inizio del periodo d’imposta di applicazione del regime agevolato (quindi, per il 2019, la partecipazione avrebbe dovuto essere dismessa entro il 31.12.2018); per contro, qualora le quote che determinano la causa ostativa risultassero detenute al 01.01.2019 l’accesso al regime era precluso, anche se la cessione delle stesse fosse avvenuta in corso d’anno entro il 31.12.19.

Si segnala che il chiarimento è stato reso con riferimento alla causa di esclusione relativa alla partecipazione in una srl; diversamente per le partecipazioni in società di persone, come confermato con risposta ad interpello n. 181/2019, resta valido il chiarimento contenuto nella circolare n. 10/2016, che in senso opposto ammetteva l’accesso al regime forfetario a condizione che la cessione della partecipazione avvenisse prima della fine del periodo d’imposta di applicazione del regime (Nota 9).

Sempre in tema di società personali, in sede di Telefisco 2020 l’Agenzia, a conferma di un precedente chiarimento reso con la circolare 9/2019, ha ribadito che la partecipazione in società di persone che pervenga per successione durante il regime forfetario non determina l’esclusione dal regime dall’anno successivo, se la stessa viene rimossa entro la fine dell’anno in cui è stata acquisita. Analoga impostazione vale in caso di donazione.

Dal 2019 è inoltre stata introdotta la nuova causa ostativa di cui alla lett d bis) dell’articolo 1 comma 57 Legge 190/2014, per le persone fisiche la cui attività d’impresa o di lavoro autonomo sia esercitata, prevalentemente, nei confronti di datori di lavoro, o soggetti direttamente o indirettamente ad essi riconducibili, con i quali sono in corso rapporti di lavoro, oppure erano intercorsi rapporti di lavoro nei due precedenti periodi d’imposta (Nota 10); la ratio è di evitare l’avvio di iniziative professionali o d’impresa, al solo scopo di beneficiare della tassazione di favore trasformando l’attività di lavoro dipendente in attività di lavoro autonomo.

E’ stato anche previsto espressamente che tale causa di esclusione non sia applicabile ai soggetti che iniziano una nuova attività dopo aver svolto il periodo di pratica obbligatoria ai fini dell’esercizio di arti o professioni.

Da ultimo, occorre soffermarsi sulle modifiche introdotte a partire dal 2020. Pur essendo confermate le già previste e suindicate cause di esclusione, se ne aggiunge un’altra ovvero l’aver percepito, nell’anno precedente, redditi di lavoro dipendente e redditi assimilati a quelli di lavoro dipendente, eccedenti l’importo di 30.000 euro.

A tal fine occorre considerare tutti i compensi (al lordo delle ritenute a carico del dipendente) assimilati al lavoro dipendente quali ad esempio l’incarico di amministratore di società, l’assegno ricevuto dal coniuge in forza di separazione o l’indennità di un assessore comunale.

L’importo di 30mila euro non deve essere ragguagliato ad anno, per cui, ad esempio, è ammesso al regime il contribuente che abbia percepito la pensione dal mese di settembre di 5mila al mese, per un totale di 20mila euro nell’anno. La verifica della soglia di 30.000 euro non deve essere verificata se il rapporto di lavoro è cessato nel corso dell’anno.

Sul punto devono ritenersi applicabili i chiarimenti già forniti dall’agenzia delle Entrate con circolare 10/ E/16: ai fini della non applicabilità della causa di esclusione, rilevano solo le cessazioni del rapporto di lavoro intervenute nell’anno precedente a quello di applicazione del regime forfettario. Dopo la cessazione del rapporto lavorativo, non devono essere percepiti redditi di pensione i quali, in quanto assimilati al reddito di lavoro dipendente, assumono rilievo, anche autonomo, ai fini del raggiungimento della citata soglia; e dopo la cessazione del rapporto lavorativo, non dev’essere intrapreso un nuovo rapporto di lavoro, ancora in essere al 31.12 dell’anno precedente (circ. Agenzia delle Entrate 4.4.2016 n. 10, § 2.3).

Posto che la lettera della norma non chiarisce la decorrenza di tale nuova causa ostativa al regime forfetario e che la disposizione, in vigore dal 1° gennaio 2020, prevede il calcolo del limite con riferimento all’anno precedente, è sorto il dubbio se per valutare l’utilizzabilità del regime nel 2020, occorra far riferimento ai redditi percepiti nel 2019. Seppure sia stato rilevato che l’applicazione retroattiva confligga con lo Statuto del Contribuente nella misura in cui subordina l’utilizzabilità del regime ad una condizione che è andata consolidandosi nel corso del passato anno 2019, tuttavia il Fisco sostiene ormai fermamente (Risoluzione n. 7 del 11.02.2020 e risposta a interrogazione parlamentare 5.2.2020 n. 5-03471 e 5-03472) che i nuovi presupposti per l’applicazione del regime forfetario, introdotti dalla L. 160/2019, relativi al sostenimento di spese per lavoro e al possesso di redditi di lavoro dipendente e assimilati sono operativi dall’1.1.2020 e vanno considerati con riferimento alla situazione consolidatasi nell’anno precedente (Nota 11).

La causa di esclusione appena esaminata si affianca a quella inserita nel 2019 e tuttora vigente che esclude dal regime le persone fisiche la cui attività sia esercitata prevalentemente nei confronti di datori di lavoro con i quali sono in corso rapporti di lavoro o erano intercorsi nei due precedenti periodi d’imposta, ovvero nei confronti di soggetti direttamente o indirettamente riconducibili ai datori di lavoro. Pertanto, con riferimento all’attività di lavoro dipendente eventualmente esercitata dovranno essere verificati entrambi i requisiti; tuttavia, mentre il limite dei 30mila euro deve essere verificato con riferimento all’anno precedente, la condizione di prevalenza deve essere verificata con riferimento all’anno di applicazione del regime stesso e gli effetti decorrono dall’anno successivo.

In conclusione, lo svolgimento di un’attività autonoma in regime forfetario è compatibile con un contestuale rapporto di lavoro dipendente a condizione che: i) l’attività autonoma non sia svolta in prevalenza nei confronti del medesimo datore di lavoro (o di soggetti a questo riconducibili); ii) i redditi di lavoro dipendente (o a questi assimilati) siano non superiori a 30.000,00 euro.

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Sin qui le modifiche al regime forfettario intervenute sino ad oggi. Per tutto il resto continuano ad applicarsi le disposizioni e le modalità operative di cui all’art. 1 commi 56-75 Legge 190/2014 comprese tutte le semplificazioni fiscali esaminate in premessa.

La Legge di bilancio 2020 ha tuttavia previsto altre due novità per i forfettari, sempre con decorrenza dal 1° gennaio 2020: a) la riduzione dei termini di accertamento in caso di fatturazione elettronica; b) il concorso del reddito tassato a forfait per la valutazione dei requisiti reddituali ai fini del riconoscimento di alcune agevolazioni (detrazioni, deduzione e benefici non tributari).

Sul primo punto è stato infatti disposto che, in caso di adesione spontanea alla fatturazione elettronica con riferimento all’intero fatturato annuo, si abbia la riduzione dei termini di accertamento; aderendo in via volontaria alla fatturazione elettronica, il contribuente “forfettario” beneficia quindi del minor termine di decadenza dall’accertamento ridotto di un anno (da 5 a 4 anni), ciò che conferma che i forfettari non devono emettere fattura elettronica.

Da ultimo viene introdotta la disposizione antielusiva che prevede il concorso del reddito soggetto ad imposta sostitutiva ai fini della valutazione dei requisiti reddituali per la fruibilità o la determinazione di deduzioni, detrazioni o altri benefici, anche non di natura fiscale, ad esempio, per famigliari a carico (limite di reddito euro 2.840,51 – 4mila per i figli che hanno compiuto l’età di 24 anni).

Tale precisazione si è resa necessaria in quanto il reddito rientrante nel regime forfettario non viene riportato nel quadro RN della dichiarazione dei redditi e quindi, in tal modo, non era automaticamente compreso nel calcolo del reddito ai fini delle agevolazioni.

Da ultimo, si segnala che nel corso di Telefisco 2020 , l’Agenzia delle Entrate ha avuto modo di fornire delle utili indicazioni operative per quei contribuenti forfettari che effettuano vendite al minuto,  che non sono esonerati dalla emissione dello scontrino fiscale e quindi dalla memorizzazione e trasmissione telematica dei corrispettivi; secondo l’Agenzia, l’obbligo di memorizzazione elettronica e trasmissione telematica dei corrispettivi può essere sostituito con l’emissione, per ogni operazione, di fatture: in particolare, l’operazione deve essere certificata con fattura (ordinaria o semplificata) “immediata”, ossia emessa: a) entro il dodicesimo giorno successivo all’effettuazione dell’operazione ai fini IVA; b) in formato elettronico, oppure analogico ove ancora normativamente ammesso, come per i soggetti che adottano il regime forfetario o di vantaggio.

 

Nota 1) I soggetti neocostituiti possono addirittura beneficiare dell’imposizione sostitutiva al 5% per i primi 5 anni dall’inizio dell’attività, e della riduzione dei contributi previdenziali. L’aliquota del 5% può essere applicata solo qualora il contribuente inizi una “nuova attività”: tale condizione si verifica qualora il contribuente non abbia esercitato, nei tre anni precedenti l’inizio dell’attività, attività artistica, professionale o d’impresa, anche in forma associata o familiare. L’agevolazione spetta nell’anno di avvio dell’attività e nei quattro successivi. Per tali soggetti è previsto anche un regime contributivo agevolato, che consente di beneficiare di una riduzione del 35% degli oneri contributivi; l’agevolazione si applica esclusivamente agli esercenti attività d’impresa e non ai professionisti che restano assoggettati alla contribuzione ordinaria INPS  o della relativa Cassa Previdenza.

Nota 2) Resta l’obbligo di fatturazione elettronica per i soggetti che operano con la Pubblica amministrazione. Nel corso del Videoforum organizzato dal CNDCEC del 15.01.2019 l’Agenzia ha fornito chiarimenti in merito alla gestione del ciclo passivo di fatturazione, precisando che per quanto concerne gli aderenti al regime forfetario (e a quello di vantaggio), è comunque possibile conservare le fatture passive in modalità analogica (cartacea), qualora non sia stato comunicato al fornitore l’indirizzo PEC o il codice destinatario. Resta tuttavia salva la facoltà di avvalersi del servizio di conservazione digitale offerto gratuitamente dall’Agenzia.

Nota 3) Non concorrono alla determinazione del limite di riferimento i ricavi e compensi determinati in base agli Indicatori di affidabilità fiscale; nel caso di esercizio contemporaneo di attività contraddistinte da differenti codici ATECO, si assume la somma dei ricavi e dei compensi relativi alle diverse attività esercitate.

Nota 4) Nel corso del Videofoum di Italia Oggi del 23.1.2019, l’Agenzia delle Entrate ha inoltre chiarito che potevano mantenere il regime forfettario nel 2019 quei soggetti che pur avendo superato nel 2018 la vecchia soglia di ricavi e compensi prevista per la specifica attività, rispettavano il limite di 65.000,00 euro; ed inoltre ha precisato che nel predetto limite dei ricavi vanno computati anche i proventi conseguiti quali diritti d’autore di cui all’art. 53 comma 2 lett. b) del TUIR.

Nota 5) Diversamente dal caso della detenzione di  partecipazioni in SRL, l’esclusione opera con riferimento alle ipotesi di partecipazione alle snc e alle sas per qualunque quota e per qualunque attività, anche con riferimento al socio accomandante; per contro la partecipazione in una società semplice che non produce redditi di impresa o professionali non è causa ostativa (risoluzione 27/E/2011). Rispetto alla versione previgente della disposizione, dal 2019 è stato aggiunto in modo esplicito il riferimento alle imprese familiari, alle srl anche non in regime di trasparenza e alle associazioni in partecipazione. Quanto all’impresa familiare la causa di esclusione riguarda solo i collaboratori e non, ovviamente, il titolare che potrà beneficiare del regime forfettario con riferimento ai redditi dell’impresa familiare.

Nota 6) Il riferimento a coloro che “controllano direttamente o indirettamente” include qualsiasi tipo di influenza sulla società partecipata: il controllo di diritto con la maggioranza dei voti esprimibili in assemblea, ma anche il controllo di fatto in ragione di specifici rapporti, così come il controllo tramite altri soggetti (il socio detiene una partecipazione di controllo tramite una holding); non si considerano i voti spettanti per conto terzi. La circolare 9/2019 ha definitivamente chiarito che rileva anche il controllo raggiunto attraverso la quota detenuta da un familiare di cui all’art. 5 comma 5 tuir, assimilato a persona interposta, tesi in passato non pacifica. E’ stato altresì precisato che sono sufficienti a generare una condizione di controllo (diretto o indiretto) partecipazioni pari al 50% del capitale della società (circolare 9/2019 § 2.3.2, risposte a interpello Agenzia delle Entrate 108/2019, 118/2019, 122/2019, 151/2019 e 162/2019) e addirittura anche partecipazioni pari al 49% (risposta a interpello Agenzia delle Entrate 126/2019). Non è esclusa l’integrazione di un controllo di fatto neppure in caso di partecipazioni di minoranza, da valutarsi nel merito sulla base dei rapporti economici intercorrenti tra l’imprenditore o il professionista in regime forfetario e la società di cui è socio (Risposte a interpello Agenzia delle Entrate 501/2019, 397/2019, 398/2019, 334/2019).

Nota 7) La circolare 9/2019 ha chiarito la rilevanza delle partecipazioni in società di fatto che svolgono attività commerciale, in quanto equiparate alle snc. Con risposta ad interpello n. 125/2019 e n. 127/2019 l’Agenzia ha anche ammesso la rilevanza delle partecipazioni in nuda proprietà.

Nota 8) Precisazioni sul punto erano contenute nelle risposte ad interrogazioni parlamentari (nn. 5-01179 e 5-01274), con cui il MEF e l’Agenzia delle Entrate avevano chiarito che, per valutare la riferibilità dell’attività della società a quella individuale, occorre aver riguardo all’attività effettivamente esercitata piuttosto che alla classificazione ATECO; conseguentemente, pur in presenza di due codici attività distinti, qualora l’attività svolta in forma individuale sia, di fatto, collegata a quella effettivamente svolta dalla srl, l’accesso o la permanenza nel regime è esclusa. Con la recente circolare n 9/2019 (§ 2.3.2), sono stati forniti ulteriori e importanti chiarimenti secondo i quali la causa di esclusione relativa alla riconducibilità diretta o indiretta dell’attività della srl a quella del titolare di P Iva sussiste solo se ricorrono cumulativamente le seguenti condizioni: a) le due attività sono incluse in una medesima sezione ATECO, da valutarsi non in base ai dati formalmente dichiarati, ma considerando quelli attribuibili in base alle attività effettivamente esercitate; b) la persona fisica effettua cessioni di beni o prestazioni di servizi tassati in regime forfettario alla srl, direttamente o indirettamente controllata, la quale, a sua volta, deduce dal reddito il relativo costo. Per contro, anche in presenza di una partecipazione di controllo, la causa ostativa non opera se: i) la persona fisica non effettua operazioni in favore della srl; ii) oppure il costo per eventuali beni o servizi prestati dalla persona fisica alla srl non sia fiscalmente deducibile; iii) oppure le attività effettivamente esercitate da srl e persona fisica siano incluse in diverse sezioni ATECO. Con risposta a interpello n. 117/2019, l’Agenzia ha ritenuto applicare l’esclusione al caso in cui il soggetto in regime forfetario risultava socio di srl e amministratore della stessa benché, per quest’ultima attività, non percepisse alcun compenso. Anche le risposte a interpello n. 151/2019 e 146/2019, hanno escluso il regime forfettario con riferimento a casi in cui è presupposta la percezione di compensi per il ruolo di amministratore.

La dottrina ritiene ammesso il regime agevolato in questi casi: partecipazione in una società posta in liquidazione la quale non esercita più attività commerciale, ma procede alla dismissione dei beni aziendali; e partecipazione in una società inattiva in quanto non potrebbe, per definizione, esercitare un’attività riconducibile a quella svolta dal socio (Ferranti G. “Regime forfetario e possesso di partecipazioni societarie”, Il fisco n 23 del 2019, p. 2207).

Nota 9) Con circolare n. 10/E/2016 l’Agenzia aveva affermato che la causa di esclusione non opera se la partecipazione viene ceduta nello stesso periodo d’imposta in cui si intende beneficiare del regime forfettario. Si riporta quanto contenuto nella citata circolare (§ 2.3) che, “se la partecipazione viene ceduta nel corso del periodo d’imposta nel quale si intende applicare il regime di favore, la causa di esclusione non opera, perché lo stesso soggetto non sarà titolare anche del reddito di partecipazione, che sarà imputato al titolare della medesima alla data di chiusura dell’esercizio”. Tale conclusione, relativamente alle partecipazioni detenute in snc è stata di recente confermata con risposta ad interpello n. 181/2019.

Nota 10) La prevalenza è valutata in base al parametro dei ricavi/compensi conseguiti. Rispetto alla norma previgente, non sussistono più limitazioni circa l’ammontare di redditi di lavoro dipendente e assimilati percepiti, in quanto ciò che rileva è che l’attività non sia svolta prevalentemente nei confronti di datori di lavoro per i quali si è svolta attività lavorativa nei due anni precedenti, oppure di soggetti comunque agli stessi riconducibili.

Nota 11) A supporto di tale impostazione, è stata richiamata la circ. Agenzia delle Entrate 10/2016, mentre è stata esclusa l’applicabilità dell’art. 3 co. 2 della L. 212/2000 (Statuto del contribuente), in quanto le modifiche apportate con la L. 160/2019 non imporrebbero alcun adempimento immediato finalizzato a garantire l’accesso o la permanenza nel regime.

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