Sfruttamento degli “Intangibles”: benefici fiscali per le persone fisiche

I beni immateriali o intangibles, quali marchi, brevetti, know how ecc. hanno raggiunto nel tempo una crescente rilevanza nell’ambito dei processi produttivi e rappresentano altresì una variabile strategica nella pianificazione fiscale non solo internazionale; in ambito nazionale una favorevole normativa sulla tassazione dei redditi derivanti dallo sfruttamento di tali beni può comportare, in alcuni casi, importanti vantaggi quando la titolarità rimane in capo a persone fisiche che non esercitano attività d’impresa.

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Il fenomeno della crescente rilevanza degli “intangibles” nello sviluppo economico e nella creazione di valore delle aziende ha assunto grande rilievo negli ultimi anni soprattutto in settori come quello della digital economy in cui i cosiddetti big data rappresentano un fattore strategico (Apple, Google e Amazon), così come nel settore della moda in cui si rilevano i brand più importanti al mondo. In Italia numerose PMI detengono asset intangibili con un elevato valore, ad esempio nel settore farmaceutico, alimentare e dell’innovazione tecnologica, con particolare riferimento alle start up innovative.

I beni immateriali sono generalmente correlati a competenze professionali, opere d’ingegno, brevetti e marchi aziendali, la cui titolarità spesso, soprattutto nelle fasi iniziali, è detenuta da persone fisiche. Per ciò che concerne in particolare i marchi aziendali che, come noto, sono segni distintivi che identificano un prodotto o un servizio (art. 2569 c.c.), a seguito delle modifiche al codice civile introdotte dal D. Lgs n. 480/1992, possono essere trasferiti separatamente dall’azienda; non è inconsueto, quindi, che un marchio sia detenuto da soggetti non imprenditori. Le stesse considerazioni valgono per i brevetti, disciplinati dall’art. 2585 e ss del c.c. e dal cosiddetto Codice della proprietà industriale (D Lgs. 30/2005) che hanno origine da un’invenzione, che abbia un’applicazione industriale.  Generalmente marchi e brevetti vengono registrati presso l’Ufficio Italiano Brevetti e Marchi dall’autore/inventore per poi essere concessi in uso a terzi mediante la stipula di contratti di licenza che garantiscono il diritto a percepire canoni periodici o royalties (Nota 1). Con la concessione in licenza si ha quindi la dissociazione tra la proprietà del bene immateriale, che rimane in capo al titolare licenziante e il diritto all’utilizzo, che viene trasferito ad un altro soggetto, licenziatario.

Nel tempo gli assets immateriali hanno visto aumentare la loro importanza anche come strumento di pianificazione fiscale. Senza soffermarci sull’utilizzo degli intangibles nella pianificazione fiscale delle imprese, che sarà oggetto di un prossimo approfondimento, nel presente lavoro si intende invece focalizzare l’attenzione sulle opportunità di sfruttamento degli intangibles offerte dalla normativa italiana per i soggetti, persone fisiche, che operano al di fuori di un’attività commerciale. Il quadro interno consente ad oggi, come vedremo, a tali soggetti di conseguire importanti vantaggi fiscali, la cui rilevanza è tanto più apprezzabile in un contesto fiscale, come quello italiano, caratterizzato da un alto livello di imposizione Irpef (aliquota 43% sui redditi oltre 75 mila euro).

In particolare, interessanti opportunità di pianificazione fiscale sono legate alla concessione in licenza di marchi o brevetti, da parte del titolare privato che non svolge attività d’impresa, a favore di una società commerciale che li utilizza nel proprio processo produttivo corrispondendo al licenziante delle royalties. In merito ai benefici preme sin da subito segnalare che le attuali disposizioni consentono l’applicazione di una tassazione assai ridotta delle royalties che può arrivare, in alcuni casi, sino ad un’aliquota minima del 13,8%, la cui convenienza è ancor più evidente se raffrontata con l’aliquota minima Irpef ordinaria pari al 23% (per i redditi sino a 15 mila euro).

In effetti, nel nostro ordinamento il regime Irpef delle royalties incassate da privati varia in funzione della natura del percettore a seconda che si tratti dell’autore del diritto di privativa industriale o di altri soggetti; ciò rileva sia con riferimento alla categoria di reddito che si determina in capo al soggetto percettore, sia in termini di misura dell’imposta applicabile. Qualche precisazione in più poi deve essere fatta per i diritti relativi al marchio, per cui ad oggi vi è una lacuna normativa a seguito dell’abrogazione del previgente art. 49 DPR 597/1973.

In linea generale, i maggiori vantaggi in termine di minore tassazione, sono appannaggio dell’autore; nel caso infatti in cui il compenso per lo sfruttamento del diritto di autore sia percepito direttamente dall’autore dell’intangible, il reddito è qualificato come reddito di lavoro autonomo ai sensi dell’art. 53 Tuir comma 2, lett. b), che include in tale categoria “i redditi derivanti dalla utilizzazione economica, da parte dell’autore o inventore, di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di processi, formule o informazioni relativi ad esperienze acquisite in campo industriale, commerciale o scientifico, se non sono conseguiti nell’esercizio di imprese commerciali”.

La dottrina è solita ricomprendere, tra i redditi connessi alla “utilizzazione economica” in capo all’autore o inventore che se ne riserva la proprietà, sia i redditi che derivano dalla “mera” concessione in uso di tali beni immateriali, sia i redditi che si originano dalla loro cessione a titolo definitivo a terzi (Nota 2). Nel senso dell’equiparazione tra cessione a titolo definitivo del brevetto e il “mero” sfruttamento dei diritti ad esso connesso si è espressa anche la giurisprudenza di merito (sentenza C.T.P di Roma n. 163 del 15.7.2002) e nell’ambito della prassi seppure in epoca risalente nel tempo, l’ormai soppresso Comitato Consultivo per l’applicazione delle norme antielusive, con parere n. 32, rilasciato in data 4 ottobre 2006.

Per quanto riguarda la misura della tassazione, ai sensi dell’art. 54 comma 8, il reddito in capo all’autore è determinato applicando al compenso percepito una deduzione forfettaria che tiene conto di alcune spese e la cui misura varia in ragione dell’età; si applica la deduzione del 40% nel caso in cui la royalties sia percepita da soggetti di età inferiore ai 35 anni; altrimenti la deduzione del 25% della royalties percepita, nel caso in cui il compenso sia percepito da soggetti di età superiore ai 35 anni. Sull’importo delle royalties al netto della predetta deduzione deve essere applicata, in sede di pagamento delle stesse, la ritenuta di acconto del 20%, ai sensi dell’art. 25 comma 1 del DPR 600/73; successivamente le royalties, sempre  al netto delle deduzioni spettanti, saranno poi tassate in via definitiva nella dichiarazione dei redditi, ove sconteranno l’IRPEF ordinaria (Nota 3).

Un differente regime fiscale si applica se le royalties sono percepite da parte di un soggetto diverso dall’autore, in linea generale con benefici più contenuti in termini di risparmio d’imposta, rispetto al caso precedente; in tale fattispecie, ai sensi dell’art. 67 Tuir, si configura non più un reddito di lavoro autonomo, bensì un “reddito diverso“; oltre alla qualificazione cambia anche la misura della imposizione, posto che i redditi diversi beneficiano di una deduzione forfettaria del 25%, solo se i diritti sono stati acquisiti a titolo oneroso dal soggetto percettore. Nessuna deduzione è invece applicabile nel caso in cui i diritti siano stati acquisiti a titolo gratuito e, pertanto, in tal caso, le royalties devono essere tassate integralmente senza poter tener conto di eventuali spese sostenute. Ciò fa sì, evidentemente, che in tale ultimo caso, non vi sarà alcuna convenienza a mantenere la titolarità dell’asset in capo alla persona fisica, rispetto al trasferimento della proprietà in capo a strutture societarie che garantiscono, in linea generale, la deducibilità dei costi e, quindi, una tassazione più contenuta.

Anche le royalties percepite da soggetti diversi dall’autore sono soggette a ritenuta a titolo di acconto del 20% sulla parte imponibile, ossia come sopra indicato sul 75%, se i compensi sono erogati al soggetto che ha acquistato i diritti di utilizzazione dall’autore o inventore, o sul 100%, se essi sono erogati all’erede o donatario, per poi scontare anch’esse la tassazione definitiva in dichiarazione dei redditi (Nota 4).

In considerazione di quanto sopra esposto, la tassazione in capo alle persone fisiche non imprenditori delle royalties su un brevetto, può variare nelle seguenti percentuali:

  • da un minimo del 13,8% (ovvero il 60% del 23% IRPEF) fino ad un massimo del 25,8% (ovvero il 60% del 43% IRPEF) per gli autori con meno di 35 anni;
  • da un minimo del 17,25% (ovvero il 75% del 23% IRPEF) fino ad un massimo del 32,25% (ovvero il 75% del 43% IRPEF) per gli autori con più di 35 anni e per i soggetti che li abbiano acquisiti a titolo oneroso da altri soggetti;

sino ad arrivare alla tassazione Irpef in misura ordinaria (100% delle royalties con le aliquote ordinarie) per i soggetti che li abbiano acquisiti a titolo gratuito, ad esempio per donazione o successione.

I vantaggi di una tassazione contenuta, negli specifici casi sopra indicati, sono tanto più apprezzabili se si considera il fatto che sulle royalties percepite da una persona fisica fuori dall’esercizio di un’attività d’impresa o professionale, non si applica l’IVA (Nota 5) e non sono dovuti contributi INPS/INAIL. Ciò rende ad esempio, particolarmente conveniente per un soggetto privato, mantenere la titolarità di un brevetto e concederlo in uso a terzi piuttosto che trasferirne la proprietà in capo ad una società, anche controllata, dalla quale percepire dei compensi come socio /amministratore.

Le considerazioni di cui sopra, come già anticipato, non valgono automaticamente con riferimento ai diritti di sfruttamento dei marchi a seguito dell’abrogazione dell’art. 49 DPR 597/1973 che prevedeva che i redditi derivanti dall’utilizzazione economica dei marchi, se non conseguiti nell’ambito dell’attività di impresa, dovevano essere considerati e tassati come reddito di lavoro autonomo. Posto che il vigente art. 53 Tuir non fa alcun riferimento ai proventi realizzati dallo sfruttamento di un marchio, è controverso se tali redditi configurino comunque un reddito di lavoro autonomo o, piuttosto, come sostenuto dall’Agenzia (risoluzione 30/E/2006 e n. 108 del 29.03.2002) redditi diversi ex art. 67 Tuir “derivanti dall’assunzione di obblighi di …permettere”. Quest’ultima è anche la tesi più accreditata in dottrina (Nota 6), sebbene, nell’attuale vuoto normativo non manchi chi sostenga la non tassabilità di tali redditi. In conclusione, aderendo all’interpretazione dell’Agenzia i redditi derivanti dall’utilizzazione economica che marchi devono essere tassati come redditi diversi, con ritenuta d’acconto del 20% e tassazione ordinaria in dichiarazione, senza poter beneficiare di alcuna forfettizzazione del reddito o alcuna deduzione di costi, come previsto invece per i brevetti.

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Infine, a completamento dell’analisi, qualche nota sul trattamento fiscale delle royalties percepite da soggetti non residenti. L’art. 23 comma 2 lett. c) del TUIR, considera prodotti in Italia, se corrisposti dallo Stato, da soggetti residenti o da stabili organizzazioni di soggetti non residenti, “i compensi per l’utilizzazione di opere dell’ingegno, di brevetti industriali e di marchi d’impresa nonché di processi, formule e informazioni relativi ad esperienze acquisite nel campo industriale, commerciale o scientifico”. Quindi le royalties pagate a persone fisiche non residenti, a fronte della concessione a terzi del diritto di sfruttamento economico di opere coperte da diritto d’autore e, più in generale, di opere dell’ingegno, sono imponibili in Italia se il soggetto che le eroga è un soggetto fiscalmente residente in Italia (la territorialità è legata alla residenza dell’erogante); ciò vale sia per le royalties pagate direttamente all’autore o inventore, sia per le royalties pagate a soggetti che hanno a loro volta acquisito il diritto dall’autore o inventore.

Tali redditi sono tassati in Italia come redditi diversi (tra cui rientrano i compensi per l’utilizzo dei beni mobili) con ritenuta a titolo d’imposta del 30% “sulla parte imponibile del loro ammontare” (art. 25 comma 4 del DPR 600/73). Come chiarito dall’Agenzia delle Entrate con la circolare n. 47/2005 (paragrafo 6.4), il riferimento alla ” parte imponibile del loro ammontare” indica la necessità di operare il prelievo sul 75% dell’ammontare corrisposto, se il soggetto non residente ha acquisito i diritti di sfruttamento dei beni immateriali a titolo oneroso, ai sensi dell’art. 67 Tuir. Per espressa previsione di legge, nei confronti dei soggetti non residenti tale ritenuta è operata a titolo d’imposta ed esaurisce in via definitiva gli obblighi di tali soggetti, i quali sono pertanto esonerati dall’obbligo di presentare la dichiarazione in Italia se non hanno altri redditi di fonte italiana.

Al fine di evitare la doppia imposizione delle royalties in Italia e nel proprio Paese, i non residenti hanno tuttavia la possibilità di richiedere l’applicazione delle più favorevoli regole stabilite nella specifica Convenzione contro le doppie imposizioni. La ritenuta è, di regola, ridotta in base ai Trattati internazionali stipulati dall’Italia; alcuni prevedono la tassazione esclusiva nello Stato di residenza del percipiente (vd Convenzioni con l’Irlanda, l’Ungheria o la Russia); altre Convenzioni, invece (It-Cecoslovacchia) prevedono un trattamento differenziato a seconda della natura delle royalties: se le royalties sono pagate da un residente italiano a un residente ceco o slovacco, sono esenti da imposizione in Italia “se corrisposte per l’uso o la concessione in uso di un diritto d’autore su opere letterarie, artistiche o scientifiche, comprese quelle cinematografiche e televisive”; negli altri casi sono assoggettate a imposizione in Italia nella misura ridotta del 5%. Come noto, per ottenere l’applicazione delle regole convenzionali (esenzione o ritenuta ridotta), il soggetto non residente deve consegnare al sostituto d’imposta italiano il modello di autocertificazione, con il certificato della residenza fiscale estera rilasciato dall’Amministrazione fiscale dello Stato di provenienza.

 

Nota 1) I requisiti per ottenere la tutela giuridica di un brevetto per invenzione sono: la novità l’invenzione non deve essere già compresa nello stato della tecnica); l’attività inventiva; l’applicazione industriale, ovvero deve poter essere oggetto di fabbricazione e utilizzo in campo industriale; liceità. Il brevetto per invenzione industriale dura 20 anni a decorrere dalla data di deposito della domanda e non può essere rinnovato, né può esserne prorogata la durata e garantisce al titolare i diritti esclusivi sullo sfruttamento economico.

Nota 2) Leo M. “Le imposte sui redditi nel Testo Unico”, Giuffrè, Milano, 2016, p. 874; risposta “Cessione di un brevetto industriale – Disciplina applicabile”, Il fisco, 28.6.2004 n. 26; Zanetti E. “Utilizzazione economica dei beni immateriali e degli altri diritti: trattamento fiscale”, Il fisco, 25, 2001, p. 8771.

Nota 3) In particolare, tali redditi si dichiarano nel quadro RL del modello Redditi Persone Fisiche, nella Sezione III al Rigo RL25, come proventi derivanti dall’utilizzazione economica dei diritti d’autore conseguiti direttamente dall’autore o inventore, ai sensi del comma 2, dell’articolo 53, del DPR n 917/86, con le deduzioni del 25%, ovvero del 40%, in base all’età dell’autore.

Nota 4) In dichiarazione vanno indicate nel rigo RL13 le royalties che non sono percepite direttamente dall’autore ma da colui che ha acquistati i diritti a titolo oneroso o gratuito. Per gli acquirenti a titolo oneroso va dichiarato l’importo percepito, forfetariamente ridotto del 25%, mentre per quelli che lo hanno acquisito a titolo gratuito il reddito va dichiarato integralmente senza deduzione di spese.

Nota 5) Ai fini IVA l’articolo 3, comma 4 lettera a) DPR n 633/72 sancisce che: “non sono da considerarsi prestazioni di servizi le cessioni, concessioni, licenze e simili relative a diritti d’autore o diritti simili effettuate dagli autori e da loro eredi o legatari

Nota 6) Edoardo Belli Contarini “Regime fiscale delle royalties derivanti dalla licenza di un marchio da parte di un privato in Rivista di Diritto Tributario 12 aprile 2019 e Rebecca Ceccon concessione in licenza di un marchio da parte di privati: quale trattamento fiscale Il Fisco 2014.