Sharing economy: spunta una proposta di legge per la regolamentazione del settore

E’ stata depositata il 27 gennaio scorso alla Camera dei Deputati una proposta di legge per la regolamentazione della sharing economy diretta a garantire equità e trasparenza tra chi è attivo in tale settore e gli operatori economici tradizionali. Il disegno di legge contiene anche una proposta di regime fiscale per gli operatori del settore distinguendo tra chi svolge un’attività non professionale destinata ad integrare il proprio reddito, che sarebbe soggetto ad un regime agevolato,  e chi invece opera a livello professionale che resterebbe soggetto alle regole ordinarie.

Anche l’Italia, sulla scorta di quanto già intrapreso da altri paesi quali l’Australia e la Francia, si appresta a regolamentare, anche sotto il profilo fiscale, il settore della sharing economy con un possibile impatto significativo sulle diverse piattaforme digitali largamente diffuse nel nostro sistema economico quali Airbnb, Blablacar e altre.

A tal fine il disegno di legge identifica quali “operatori” i soggetti che gestiscono la piattaforma digitale mentre “utenti operatori” sono i soggetti che attraverso la piattaforma digitale operano erogando un servizio o condividendo un proprio bene.

In merito a quest’ultimi si distingue tra micro-operatori ed operatori che svolgono l’attività in modo professionale. Lo spartiacque è rappresentato dal livello di reddito prodotto: se questi è inferiore a € 10.000,00 siamo di fronte ad operatori non professionali la cui finalità e quella di integrare il proprio reddito personale. E’ quindi previsto che  gli operatori non professionali indichino nella loro dichiarazione dei redditi, in una apposita sezione, il “reddito da attività di economia della condivisione non professionale” da assoggettare ad aliquota sostitutiva del 10%.  Coloro invece che conseguono redditi superiori agli € 10.000,00 sono soggetti al regime ordinario e dovranno quindi identificarsi come professionisti o imprese e conseguentemente saranno soggetti alle regole ordinarie già previste per tali categorie.

L’aspetto più complicato sembra invece riguardare gli “operatori” ovvero i soggetti che gestiscono la piattaforma digitale. Quest’ultimi, infatti, se hanno sede o residenza all’estero, come prevede il disegno di legge,  dovranno dotarsi di una stabile organizzazione in Italia e conseguentemente pagare le imposte per i redditi della stabile prodotti in Italia.

Inoltre gli operatori, in relazione ai redditi generati mediante le piattaforme digitali, opereranno in qualità di sostituti d’imposta degli utenti operatori.

Il previsto regime fiscale per gli operatori non residenti, con particolare riferimento alla identificazione attraverso la stabile organizzazione in Italia, sembra destinato a sollevare questioni di più ampio respiro risultando inevitabile una verifica oltre che sulle norme interne esistenti anche su quelle di emanazione degli organismi internazionali (OCSE) nonché in seno alle regolamentazioni previste nell’ambito delle singole convenzioni bilaterali per evitare la doppia tassazione.

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