Sponsorizzazioni non è contestabile l’antieconomicità a posteriori

La Cassazione in diverse recenti sentenze è nuovamente intervenuta sulla questione relativa alla deducibilità fiscale delle spese di sponsorizzazione confermando la deducibilità delle stesse dal reddito d’impresa nell’ambito delle disposizioni sulle spese di pubblicità e non nell’ambito di quelle di rappresentanza e contestando inoltre ogni sindacato di antieconomicità da parte dell’amministrazione finanziaria.


Come noto, il contratto di sponsorizzazione è quello in virtù del quale un’impresa, detta sponsor, versa un corrispettivo ad un soggetto terzo o sponsee, affinché questi pubblicizzi e propagandi il prodotto, i servizi, il marchio e l’attività svolta dallo sponsor.
In considerazione dell’esistenza di tale rapporto sinallagmatico, le spese di sponsorizzazione sono riconducibili nell’ambito di quelle di pubblicità (Nota 1) con esclusione del possibile inquadramento nell’ambito delle spese di rappresentanza caratterizzate dall’elemento della “gratuità”.
In particolare, con circolare del 13.7.2009 n. 34 l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che le spese di pubblicità sono quelle sostenute in forza di un contratto a prestazioni corrispettive, la cui causa va ricercata nell’obbligo della controparte di pubblicizzare/propagandare – a fronte della percezione di un corrispettivo – il marchio e/o il prodotto dell’impresa al fine di stimolarne la domanda (Nota 2) Di contro le spese di rappresentanza, come definite dal DM 19.11.2008 sono le “spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni; il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare anche potenzialmente benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore”. Quest’ultime, si ricorda, sono soggette a limiti quantitativi di deducibilità ben identificati dal legislatore in rapporto alla dimensione dell’impresa (Nota 3).
Si ricorda che prima della riforma attuata dalla L. 244/2007, che ha definito e disciplinato le spese di rappresentanza, prevaleva l’orientamento secondo cui, in difetto di dimostrazione da parte del contribuente della sussistenza di una diretta aspettativa di ritorno commerciale, le spese di sponsorizzazione dovessero essere qualificate come spese di rappresentanza e dedotte quindi nei limiti di legge previsti per tale tipologia di spese (Cass. 5.3.2012 n. 3433, Cass. 27.5.2015 n. 10914)
Occorre inoltre segnalare che anche nel vigore delle nuove norme l’Amministrazione finanziaria ha contestato la deducibilità delle spese di sponsorizzazione sindacandone la congruità alla luce di una presunta antieconomicità delle stesse (es. costo ritenuto troppo elevato, sproporzione tra corrispettivo pagato e valore del messaggio promozionale fornito dal soggetto sponsorizzato, ecc.); alla luce della qualificazione come sottospecie delle spese di pubblicità, infatti, secondo l’ufficio, le spese di sponsorizzazione, per risultare integralmente deducibili, devono rispettare i requisiti previsti dall’art. 109 Tuir: inerenza ed effettività della spesa finalizzata alla promozione della propria immagine o prodotto o del marchio dell’impresa; e funzionalità della stessa alla produzione del reddito d’impresa.
Sulla scorta di numerose decisioni giurisprudenziali (CTP di Pisa n. 94/01/15 e n. 423/1/14, C.T. Prov. Lucca 8.10.2012 n. 160140, e CTP Mantova sentenza 30.4.2013 n. 114/1/13), è stato invece affermato che le spese di sponsorizzazione sono sempre deducibili dal reddito d’impresa, anche in assenza di risultati tangibili in tema di incremento del fatturato; di conseguenza è stato ritenuto illegittimo giudicare ex post l’effetto della sponsorizzazione e concludere che, ove l’aumento delle vendite non sia sensibile, allora il costo è antieconomico e come tale non deducibile. La valutazione della congruità o sproporzione del costo per la produzione del reddito dell’impresa è rimessa, quindi, all’autonomo giudizio dell’imprenditore.
La recente pronuncia della Corte di Cassazione (n. 23033/2017), come anticipato si allinea a tale orientamento che esclude ogni sindacato a posteriori da parte dell’agenzia delle entrate sulla base dei risultanti economici conseguiti dall’azienda e riconducibili all’attività di sponsorizzazione (Nota 4).
Inoltre si segnala l’ormai consolidato orientamento della giurisprudenza di legittimità (tra le altre, Cassazione ordinanze n. 7202 e 8981 del 2017, sentenza n. 21333 del 14.9.2017 e n. 5720 del 23.03.2016) e di merito (cfr. C.T. Prov. Vicenza 7.6.2017 n. 444/1/17), sulla integrale deducibilità, seppure nei limiti previsti dall’art. 90 della legge 289/2002 delle spese di sponsorizzazione a favore di un ente sportivo dilettantistico. E’ pacifico che per dedurre tali spese, se di importo non superiore a 200.000,00 euro, non occorre provare l’inerenza della sponsorizzazione, in quanto l’art. 90 co. 8 della L. 289/2002 prevede una presunzione legale assoluta di qualificazione di tali oneri quali spese di pubblicità (in questo senso, anche circ. Agenzia delle Entrate 21/2003). La dimostrazione dell’inerenza deve essere resa soltanto per le spese di importo superiore.
Secondo la Corte la previsione di cui all’articolo 90 sopra citato, ha introdotto una esimente rispetto alla regola generale che impone la corrispondenza tra l’attività sponsorizzata e l’attività di impresa svolta dallo sponsor; in effetti l’art 90 della legge 289/2002 ha introdotto una disposizione speciale diretta a favorire le sponsorizzazioni a favore del dilettantismo sportivo, in deroga alle regole ordinarie di cui all’art. 108, comma 2 Tuir (Nota 5).
In conclusione, secondo quanto sopra illustrato, una spesa di sponsorizzazione può essere dedotta integralmente dal reddito d’impresa come spesa di pubblicità nel rispetto dei principi generali e, quindi, alla sola condizione che:
• i corrispettivi erogati siano effettivamente stati destinati alla promozione dell’immagine o del prodotto dell’impresa;
• che la promozione per la quale si è versato il corrispettivo sia effettivamente esistente
• che il soggetto beneficiario sia idoneo allo svolgimento dell’attività in oggetto (Nota 6)
Da ultimo, sul piano operativo, è opportuno che l’azienda predisponga e conservi un fascicolo contenente:
– il contratto scritto di sponsorizzazione con data certa
– documentazione atta a provare l’effettività del rapporto di sponsorizzazione (dossier fotografico che dimostri il contesto in cui è avvenuta la sponsorizzazione, servizi giornalistici sugli eventi, materiale pubblicitario quali maglie, borse con immagine sponsor ecc.)
– ricevute dei pagamenti con strumenti tracciabili (es. bonifico, assegno, bancomat)

Nota 1 In tal senso si è pronunciata anche Assonime nell’Approfondimento n. 6/2013, atteso che, in base al DM 19.11.2008, si considerano di rappresentanza le spese per erogazioni a titolo gratuito di beni e servizi, effettuate con finalità promozionali o di pubbliche relazioni e il cui sostenimento risponda a criteri di ragionevolezza in funzione dell’obiettivo di generare, anche potenzialmente, benefici economici per l’impresa ovvero sia coerente con pratiche commerciali di settore. Posto quindi il loro carattere gratuito, tra di esse non possono certo essere incluse le spese di sponsorizzazione, che traggono origine da prestazioni corrispettive: tali oneri vanno quindi considerati di pubblicità.
Nota 2 E’ utile ricordare che dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2015 (2016, per i soggetti solari), tali spese vanno rilevate in bilancio a conto economico non essendo più possibile la loro capitalizzazione nell’attivo dello Stato patrimoniale (ad eccezione per i costi di pubblicità sostenuti nell’ambito delle attività di impianto e ampliamento) e sono interamente deducibili nell’esercizio di sostenimento ai sensi dell’art. 108 co. 1 del TUIR. Le spese di pubblicità capitalizzate nell’esercizio in corso in corso al 31.12.2015 o in esercizi precedenti continuano ad essere dedotte secondo la disciplina fiscale previgente In precedenza, gli oneri in esame potevano essere dedotti, a scelta del contribuente, per intero nell’esercizio in cui erano stati sostenuti, oppure in quote costanti in tale esercizio e nei quattro successivi.
Nota 3 A seguito delle modifiche introdotte con il Decreto legislativo 147/2015 a quanto previsto dal comma 2 dell’art. 108 del Tuir, a partire dal 1 gennaio 2016 sono previsti i seguenti limiti di deducibilità per le spese di rappresentanza:
• 1,5% dei ricavi e altri proventi della gestione caratteristica fino a euro 10 milioni;
• 0,6% dei ricavi e altri proventi della gestione caratteristica per la parte eccedente euro 10 milioni e fino a 50 milioni;
• 0,4% dei ricavi e altri proventi della gestione caratteristica per la parte eccedente euro 50 milioni.
Per la cessione gratuita di beni il limite di deducibilità è rimasto a 50 euro.
Nota 4 Nel caso di specie l’Agenzia delle Entrate contestava l’integrale deducibilità delle spese sostenute per l’attività di sponsorizzazione a favore di un’associazione sportiva dilettantistica di basket in cui la corresponsione di somme a favore dell’ente aveva come controprestazione l’esposizione del marchio dell’impresa sulle divise e in occasione di eventi. A suo avviso, non era rispettato il requisito della inerenza dato che le spese non avevano determinato incrementi nelle vendite del contribuente in entità significativa e tale da giustificarne il costo.
Nota 5 La stessa Agenzia delle Entrate (circolare 21E del 22.04.2003 e risoluzione n. 57E del 23.06.2010) aveva chiarito che la disposizione di cui all’art 90 della legge 289/2002 aveva introdotto, ai fini delle imposte sui redditi, una “presunzione assoluta” circa la natura di spese di pubblicità delle somme erogate alle società/associazioni sportive nel limite di 200 mila euro. Con risoluzione n. 57E/2010 l’Agenzia ha poi affermato che la norma sopra citata “individua l’importo entro il quale dette somme costituiscono per presunzione assoluta spese di pubblicità” e aggiunge che “l’eccedenza sarà eventualmente deducibile capo al medesimo erogante secondo le regole ordinarie previste dal Tuir”.
Nota 6 Nel caso di società sportiva dilettantistica che la stessa sia affiliata ad una federazione o ad un ente di promozione sportiva, affinché l’erogazione sia integralmente deducibile, seppur nel limite di 200 mila euro stabilito dall’art. 90 legge 289/2002, come specificamente previsto per tali enti