A seguito delle modifiche introdotte dalla Legge di Bilancio 2018, entrano in vigore rilevanti novità sulla tassazione dei dividendi a partire dal 1° gennaio 2018 Nel descrivere le modifiche si coglie anche l’occasione per fare il punto generale sulla tassazione degli utili percepiti sia dalle persone fisiche che dalle società.
La Legge di Stabilità 2018, Legge n. 27.12.2017 n. 205 (in GU n.302 del 29-12-2017 – Suppl. Ord. n. 62) ha introdotto modifiche che interessano i soggetti Irpef che detengono le partecipazioni al di fuori dell’attività di impresa modificando sia la disciplina relativa alla tassazione dei redditi di capitali (utili distribuiti), sia quella relativa alla tassazione dei redditi diversi (plusvalenze da trasferimento della partecipazione). Importanti novità inoltre sono introdotte con riferimento alla tassazione dei dividendi provenienti da Paesi Black List in capo alle società soggette a Ires.
In merito alla novità che interessa i soggetti Irpef la stessa va nel senso di non distinguere più la circostanza che la partecipazione societaria dalla quale deriva il reddito – sia esso l’utile distribuito sia esso il capital gain – sia una partecipazione qualificata oppure una non qualificata (Nota 1).
La nuova legge contempla la applicazione della medesima imposta sostitutiva del 26% da applicarsi – a regime – a tutti i casi. E’ poi previsto un articolato regime transitorio che comporta, di fatto, un passaggio graduale nel tempo dalla vecchia alla nuova disciplina.
Deve essere subito osservato come l’equiparazione tra partecipazioni qualificate e non fosse da tempo attesa: ed in effetti stante il progressivo innalzamento dell’aliquota unica dal 12,50% al 20% ed, infine, al 26% si erano ormai da tempo invertiti, almeno nella maggior parte dei casi, gli originari termini di convenienza diretti a favorire il piccolo investitore (partecipazione non qualificata) rispetto al grande investitore (partecipazione qualificata), quest’ultimo orami avvantaggiato nell’ambito della tassazione a regime ordinario.
In particolare con la modifica dell’art. 44 Tuir sui redditi di capitale il legislatore ha allineato il prelievo su tali rendite finanziarie, con applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%, finora applicata solo sugli utili e proventi assimilati “non qualificati” (derivanti da partecipazioni non qualificate).
Si segnala che le nuove regole si applicano soltanto ai redditi conseguiti da persone fisiche residenti in Italia che li percepiscono al di fuori dell’esercizio dell’impresa. Di contro non sono interessati dalla modifica normativa né i soggetti Irpef imprenditori (persone fisiche che detengono la partecipazione nell’ambito di attività di impresa e le società persone), né i soggetti non residenti nello Stato; per questi restano in vigore le regole previgenti.
La tassazione con l’aliquota secca del 26% trova poi applicazione anche per gli utili derivanti dalla partecipazione in società estere a regime fiscale non privilegiato, nuovamente senza distinzione sulla misura della partecipazione. In merito alla concreta applicazione di detta tassazione occorre segnalare che in caso di presenza di un intermediario residente, la stessa avverrà attraverso la ritenuta a titolo d’imposta del 26%, prelevata dallo stesso intermediario sul cd. “netto frontiera” e con la conseguenza che non emergeranno obblighi dichiarativi in capo al contribuente; nel caso in cui l’accredito degli utili avvenga dalla società estera a favore del socio in modo diretto e non mediato, il pagamento dell’imposta sostitutiva per i redditi di capitale di fonte estera prevista dall’art. 18 del Tuir avverrà in sede di autoliquidazione, assolvendo dunque anche all’indicazione in dichiarazione. Sul punto occorre segnalare che, per quanto sia discutibile l’effetto di disparità di trattamento che ne consegue, ove non intervenga un intermediario residente l’aliquota del 26% in sede di autoliquidazione sembra doversi calcolare sull’importo lordo (anziché sul cd. “netto frontiera”).
Restando nell’ambito di partecipazioni in società estere deve dirsi che le novità non riguardano, invece, gli utili provenienti da società localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata diversi da quelli dell’Unione europea o dello Spazio economico europeo, sempre percepiti dalle persone fisiche al di fuori del reddito di impresa; tali utili continuano a concorrere alla formazione del reddito complessivo imponibile per il loro intero ammontare risultando dunque soggetti alle ordinarie aliquote progressive (Nota 2). Come anticipato, anche nella tassazione dei capital gain l’imposizione adesso si uniforma con applicazione della medesima aliquota secca del 26% e senza più distinguere fra partecipazioni qualificate e non qualificate (Nota 3).
Si è detto di una applicazione graduale nel tempo delle novità sui dividendi. La disciplina transitoria prevede che per le distribuzioni di utili derivanti da partecipazioni qualificate deliberate dall’1.1.2018 al 31.12.2022 e realizzati sino all’esercizio in corso al 31.12.2017, continuano ad applicarsi le previgenti disposizioni del DM 26.5.2017; ne consegue che tali proventi concorrono alla formazione del reddito complessivo:
– per il 40% del loro ammontare, se relativi a utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31.12.2007;
– per il 49,72% del loro ammontare, se relativi a utili prodotti a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2007 e fino all’esercizio in corso al 31.12.2016;
– per il 58,14% del loro ammontare, se relativi a utili prodotti nell’esercizio successivo a quello in corso al 31.12.2016
La disposizione della normativa transitoria fa riferimento alla data della delibera. Si pone pertanto un dubbio interpretativo per il caso di delibere di distribuzione già adottate nel 2017, ma che non hanno visto esecuzione nell’anno e che danno luogo al pagamento degli utili nel 2018. La lettura rigorosa della norma non consentirebbe di ricomprendere tale fattispecie nella disciplina transitoria, e dunque, renderebbe rischioso la soluzione dell’assoggettamento delle somme all’imposta sostitutiva del 26% in caso di partecipazione qualificata. Se non intervengono chiarimenti sul punto, al fine di sgombrare il campo da dubbi, si può pensare di procedere con una preventiva revoca della delibera 2017 e con la adozione di una nuova delibera in corso di anno 2018.
Rispetto al tema della stratificazione degli utili per periodo di formazione si segnala che il DM 26.5.2017 contempla una presunzione (Nota 4), in base alla quale, ai fini della tassazione in capo al socio, i dividendi che sono oggetto di distribuzione si considerano formati:
• in via prioritaria con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
• e, successivamente, con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016.
Si osserva infine che guardando al confronto della previgente tassazione ordinaria (Irpef e relative addizionali) con il passaggio all’aliquota unica al 26% risulteranno avvantaggiati i percettori di dividendi nella fascia di reddito oltre i 75 mila euro, mentre saranno svantaggiati i contribuenti che si trovano negli scaglioni di reddito più bassi.
Con decorrenza dal 1° gennaio 2018 il legislatore ha introdotto alcune novità anche alla disciplina dei dividendi percepiti dai soggetti Ires.
In linea generale, i dividendi percepiti da tali soggetti continuano a concorrere alla formazione della base imponibile Ires nel limite del 5%, per effetto della disciplina Pex di cui all’art. 89 comma 2 Tuir (Nota 5).
La novità riguarda la tassazione degli utili che provengono da società partecipate localizzate in Stati o territori aventi un regime fiscale privilegiato, per i quali è stato introdotto un regime agevolato che prevede, a determinate condizioni, l’esclusione parziale, in misura pari al 50%, dal reddito della società percipiente.
Si ricorda che la normativa previgente prevedeva l’integrale imposizione dei dividendi di provenienza black list, salvo solo l’ipotesi in cui gli utili stessi fossero imputati al socio per trasparenza ai sensi della disciplina Cfc, ovvero a seguito della dimostrazione che «dalle partecipazioni non fosse conseguito l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori a regime fiscale privilegiato» (seconda esimente).
Oggi , con modifica dell’art. 89, comma 3 Tuir, sono introdotte le seguenti due novità sui dividendi provenienti da paradisi fiscali:
1. tassazione al 50% per i dividendi provenienti da società operative residenti in Stati o territori a fiscalità privilegiata a condizione che sia dimostrata la c.d. “prima esimente” ex art. 167 comma 5 lett. a) del TUIR;
2. esenzione ordinaria del 95% per la distribuzione degli utili prodotti quando la controllata non era inclusa nella black list, anche se al momento della percezione la stessa è considerata residente in un paradiso fiscale.
Con la prima modifica si dà rilevanza, ai fini dell’esclusione dal reddito del 50% dei dividendi percepiti, all’effettivo svolgimento, da parte del soggetto non residente, di un’attività industriale o commerciale nel mercato dello Stato o territorio di insediamento. A tale scopo è possibile ipotizzare il ricorso allo strumento dell’interpello.
Si segnala che fino ad oggi, la dimostrazione dell’esimente dell’attività commerciale risultava rilevante solo nell’ambito della disapplicazione della disciplina Cfc evitando la tassazione per trasparenza ma ferma restando la tassazione integrale dei dividendi percepiti.
Rimane, inoltre, la possibilità di computare il credito d’imposta per le imposte assolte dalla partecipata, sugli utili maturati durante il periodo di possesso della partecipazione, in proporzione alla quota imponibile degli utili conseguiti (50%) e nel limite massimo dell’imposta italiana relativa a tali utili.
Con la seconda modifica è introdotta la possibilità di beneficiare del regime ordinario Pex dei dividendi (tassazione Ires sul 5%) attraverso la dimostrazione dell’esimente di cui alla lett. b) del comma 5 dell’art. 167 del Tuir, ossia che dalle partecipazioni non è stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati.
Infine, mancando una specifica puntualizzazione sulla decorrenza, le nuove regole dovrebbero applicarsi alle distribuzioni di utili eseguite dal 1° gennaio 2018, indipendentemente dall’esercizio di maturazione e dalla data della delibera.
Si segnala che le disposizioni da ultimo esaminate valgono ad incentivare il rimpatrio degli utili da paesi Black List così come le ulteriori modifiche apportate dalla Legge di Stabilità hanno la finalità di offrire adesso un correttivo rispetto ai differenti criteri adottati negli anni 2014 e 2015 per identificare i Paesi Black List (Nota 6).
Si riporta in tabella uno prospetto riepilogativo delle nuove regole di tassazione dei dividendi.
Nota 1) Per partecipazioni «qualificate» si intendono quelle che rappresentano oltre il 20% dei voti in assemblea ordinaria o il 25% del capitale (2% e 5% per le azioni negoziate in mercati regolamentati). Per gli strumenti finanziari partecipativi e per i contratti di associazione in partecipazione si fa riferimento al rapporto fra apporto e patrimonio netto dell’emittente o dell’associante.
Nota 2) Il regime di integrale imposizione dei dividendi provenienti da soggetti residenti in Stati a regime fiscale privilegiato non si applica se:
• tali dividendi siano già stati imputati al socio per trasparenza, secondo le disposizioni CFC (art. 167 del TUIR);
• ovvero, sia stata data dimostrazione che dalle partecipazioni non è stato conseguito, sin dall’inizio del periodo di possesso, l’effetto di localizzare i redditi in Stati o territori in cui sono sottoposti a regimi fiscali privilegiati (art. 167 co. 5 lett. b) del TUIR).
Nota 3) La Legge di Bilancio 2018 ha modificato anche la tassazione dei redditi diversi, plusvalenze e minusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni, strumenti finanziari e contratti assimilati, realizzati dall’1.1.2019 (rileva il realizzo economico non quello finanziario).
In questo caso i soggetti interessati alla modifica sono tutte le persone fisiche «non imprese» residenti e non residenti (questi ultimi risultano peraltro di norma esentati in base alle convenzioni contro le doppie imposizioni), comprese le società semplici e gli enti non commerciali residenti in Italia. Anche per questi soggetti, la nuova imposta secca del 26% riguarderà anche le plusvalenze qualificate, fermo restando il concorso integrale al reddito complessivo imponibile delle plusvalenze derivanti dalla cessione di partecipazioni in società localizzate in Paesi a fiscalità privilegiata.
Per quanto riguarda le plusvalenze relative a partecipazioni qualificate il nuovo regime porta il vantaggio che sarà possibile compensare le plusvalenze e minusvalenze derivanti da partecipazioni qualificate con le minusvalenze e plusvalenze non qualificate.
Analoghe modifiche sono state previste per i redditi realizzati nell’ambito dei regimi del risparmio amministrato e del risparmio gestito (artt. 6 e 7 del DLgs. 461/97).
Nota 4) La norma recita “A partire dalle delibere di distribuzione successive a quella avente ad oggetto l’utile dell’esercizio in corso al 31 dicembre 2016, agli effetti della tassazione del soggetto partecipante, i dividendi distribuiti si considerano prioritariamente formati con utili prodotti dalla società o ente partecipato fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007, e poi fino al predetto esercizio in corso al 31 dicembre 2016.”
Nota 5) Il regime ordinario si applica agli “utili” distribuiti in qualsiasi forma dalle società ed enti residenti, nonché ai proventi derivanti da strumenti finanziari partecipativi, la cui remunerazione sia costituita totalmente dalla partecipazione ai risultati economici dell’emittente o di altre società del gruppo, e alla remunerazione dei contratti di associazione in partecipazione e cointeressenza che prevedono un apporto di capitale da parte dell’associato.
In caso di utili distribuiti da società non residenti è inoltre richiesto che gli stessi siano indeducibili dal reddito estero dell’emittente e che non siano “provenienti” da società in Paesi a fiscalità privilegiata diversi da quelli Ue o See.
Nota 6) Si ricorda che la legge di Stabilità 2015 (legge n. 190/2014) aveva modificato i criteri di determinazione dei regimi fiscali privilegiati, limitatamente all’esercizio 2015, stabilendo che, ai fini dell’individuazione degli stessi, per “livello di tassazione sensibilmente inferiore” si intende un livello di tassazione inferiore al 50% di quello applicato in Italia e considerando, in ogni caso, privilegiati i regimi fiscali speciali che consentono un livello di tassazione inferiore al 50% di quello applicato in Italia, indipendentemente dalla circostanza che tale regime sia previsto da un ordinamento estero che applica un regime generale di imposizione non inferiore al suddetto limite percentuale.
Poi la legge di Stabilità 2016 (legge n. 208/2015) modificando il comma 4 dell’art. 167 TUIR ha disposto che “i regimi fiscali, anche speciali, di Stati o territori si considerano privilegiati laddove il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”. In sostanza, con tali modifiche, a partire dal 1° gennaio 2016 si considerano privilegiati: – i regimi in cui “il livello nominale di tassazione risulti inferiore al 50 per cento di quello applicabile in Italia”; – i regimi “speciali”, a prescindere dall’esistenza di un adeguato scambio di informazioni tra l’Italia e il Paese di volta in volta interessato.