2018: di nuovo sfruttabile la rivalutazione delle partecipazioni

2018: di nuovo sfruttabile la rivalutazione delle partecipazioni

Il disegno di legge di Bilancio 2018 contempla la proroga della rideterminazione del valore di acquisto dei terreni e delle partecipazioni – questo il titolo dell’art. 87 del testo approvato il 30 novembre dal Senato che passa ora alla discussione alla Camera – consentendo dunque anche per l’anno prossimo una pianificazione per conseguire legittimi risparmi fiscali tali, in alcuni casi, da condizionare scelte nella gestione e allocazione della ricchezza personale.


Il ddl del bilancio 2018 ripropone la riapertura dei termini per la applicazione, anche per il prossimo periodo d’imposta 2018 (la prima disposizione normativa è stata introdotta con riferimento all’anno 2002), della disciplina sulle rivalutazioni di terreni e partecipazioni che costituisce ormai una costante del nostro quadro normativo tributario seppure tale carattere derivi dal sistematico ripetersi dei provvedimenti legislativi di riapertura dei termini anziché dall’introduzione di una norma “a regime”.
Deve segnalarsi che la rivalutazione in commento, che lo si ricorda ha ad oggetto, oltre che i terreni, le partecipazioni societarie, rileva esclusivamente ai fini della rideterminazione del valore fiscale di carico da prendere a base per la determinazione delle plusvalenze che il contribuente realizza in caso di cessione a titolo oneroso ex art. 67, comma 1, lettere c) e c bis), TUIR.
La richiamata disposizione del testo unico sui redditi riguarda dunque le plusvalenze a seguito del realizzo di partecipazioni al di fuori dell’esercizio di attività d’impresa. Più precisamente, l’ambito di applicazione interessa le persone fisiche, gli enti non commerciali e le società semplici, in relazione alle partecipazioni non quotate in mercati regolamentati.
Oltre che le operazioni di vendita, rientrano nel novero delle cessioni a titolo oneroso interessate dalla disciplina anche i conferimenti in società, operazioni che hanno natura realizzativa e rilevano ai fini del menzionato art. 67, comma 1, lettere a c bis.
Diversamente, operazioni in ambito societario che pure apparentemente presentano elementi di analogia rispetto alla cessione a titolo oneroso della partecipazione, quali il conseguimento della liquidazione del valore della partecipazione sociale in conseguenza dello scioglimento del rapporto sociale (per recesso, esclusione, morte), o l’ottenimento in esito alla liquidazione della società della quota della liquidazione per riparti parziali o finali, non sono interessati dagli effetti di questa rivalutazione (nota 1). In effetti, nelle fattispecie sopra prese in considerazione il contribuente non realizza i redditi diversi di cui alla richiamata disposizione dell’art. 67 ma consegue redditi di capitali o redditi di partecipazione che la normativa in esame non richiama.
Chiarito il perimetro nel quale rileva la disposizione normativa in commento, qui di seguito si offre un breve cenno alla disciplina della tassazione di tali redditi diversi per l’evidenziazione degli effetti della rivalutazione in commento.
Deve ricordarsi che la normativa sui capital gains distingue il trattamento in relazione alla misura della partecipazione societaria che dà luogo alla plusvalenza: partecipazione qualificata o non qualificata, replicando l’analoga differenziazione che viene prevista per la tassazione dei dividendi riscossi dal titolare di uno o dell’altro tipo di partecipazione di società di capitali. Per le ipotesi di partecipazioni qualificate trova applicazione l’assoggettamento alla tassazione ordinaria irpef (quindi con cumulo di questo imponibile insieme agli altri assoggettati ad irpef) della frazione del 58,14% (per quelle realizzate dal 2018 nota 2) della plusvalenza realizzata, mentre per il caso di plusvalenza derivante dalla cessione di partecipazione non qualificata, su tale base imponibile si applica l’imposta sostitutiva del 26%.
La materia è interessata dalla successiva disposizione, art. 88 di questa legge di bilancio 2018 che, nell’ambito di una riforma della tassazione sia dei redditi di capitale sia dei capital gains realizzati da persone fisiche al di fuori dell’attività d’impresa relativamente alle partecipazioni qualificate, si orienta verso una armonizzazione delle discipline abbandonando progressivamente le distinzioni tra qualificate e non qualificate. Per quello che qui interessa, il predetto diverso regime di tassazione dei capital gains per le partecipazioni qualificate dovrebbe essere destinato ad essere sostituito dall’unitaria applicazione dell’imposta sostitutiva del 26%, senza quindi distinzione rispetto al caso di non qualificate, a decorrere dal periodo d’imposta 2019. Più articolata risulterebbe invece la casistica per la graduale applicazione anche ai titolari di partecipazioni qualificate della tassazione sostitutiva dei dividendi (anche in questo caso con la previsione della ritenuta 26% a titolo d’imposta); per questa ulteriore equiparazione si renderà necessario distinguere in base all’anno di formazione degli utili destinati a dividendo, continuando a valere le disposizioni attualmente vigenti per le delibere adottate dal 2018 al 2022 di distribuzione di utili se questi si sono formati sino all’esercizio in corso al 31.12.2017.
Resta che la determinazione della misura della plusvalenza tassabile – la differenza tra il corrispettivo riscosso (è tale anche il valore attribuito a fronte del conferimento della partecipazione) e il costo fiscalmente rilevante dell’acquisto della partecipazione – si ottiene in applicazione delle medesime regole, in questo caso senza distinguere se la partecipazione è qualificata o meno. Vale la pena, anche ai fini della verifica di convenienza della rivalutazione, ricordare che concorrono nel costo le spese accessorie sostenute per l’acquisto, le spese incrementative (quali finanziamenti vincolati a capitale, versamenti per copertura perdite) e, nel caso di partecipazioni in società di persone, l’importo complessivo degli imponibili per redditi di partecipazione attribuiti per trasparenza al socio al netto degli utili effettivamente riscossi. Tenuto conto di quanto sopra, con riferimento ad una determinata cessione il contribuente potrebbe conseguire una minusvalenza, differenza negativa che assume rilievo fiscale favorevole al contribuente potendo essere portata in scomputo di una differenza positiva conseguita (o che sarà conseguita nei quattro anni) su altre operazioni di cessione a titolo oneroso.
Trattandosi di proroga / riapertura dei termini della medesima normativa di rivalutazione troveranno applicazione l’insieme delle specifiche e chiarimenti validi per l’ultima rivalutazione 2017.
La rivalutazione per il 2018 renderà possibile assumere quale costo fiscalmente rilevante ai fini del raffronto con il corrispettivo conseguito per la determinazione della plusvalenza il valore della partecipazione alla data dell’1 gennaio 2018 che risulti da perizia asseverata con giuramento resa da un professionista abilitato entro il 30 giugno 2018. Per poter utilizzare il valore rivalutato il contribuente dovrà eseguire il pagamento di un’imposta sostitutiva da calcolarsi sul valore di perizia. Cosi come nelle versioni ultime 2016 e 2017, l’aliquota dell’imposta sostitutiva sembra sarà riconfermata nell’8%, senza distinzione per le partecipazioni qualificate o non qualificate, e saranno riproposti termini e modalità del relativo pagamento come in passato: in una unica soluzione oppure con dilazione sino a tre rate annuali con interessi, scadenza del versamento dell’imposta (o della prima rata) 30 giugno 2018.
Gli effetti della prossima rivalutazione 2018 si potranno avere rispetto alle plusvalenze realizzate sin da gennaio 2018; eseguita nel primo semestre 2018 una operazione di cessione a titolo oneroso di una partecipazione, il contribuente potrà poi decidere di dotarsi della perizia giurata di stima ed eventualmente beneficiare degli effetti della rivalutazione nel rispetto dei termini sopra indicati, ancorchè successivi al perfezionamento della cessione (che, si ribadisce, deve però seguire il primo gennaio 2018).
Deve ricordarsi che l’affrancamento del valore della partecipazione è possibile soltanto se avviene “esattamente” sulla base delle risultanze della perizia non costituendo il relativo dato un limite massimo per libere scelte del contribuente di affrancamento, in questo senso “parziale”. Diversamente, il socio è libero di scegliere se rivalutare l’intera propria partecipazione in una determinata società oppure una parte soltanto di essa. Per esemplificare, ipotizzando una perizia da rivalutazione che conclude con la determinazione del valore della Alfa spa alla data del 1 gennaio 2018 di un milione di euro, al contribuente titolare di un pacchetto di n. 200 azioni pari al 20% del capitale è preclusa la possibilità di rivalutare le proprie azioni al parametro di 750 euro per azione; egli potrà scegliere se rivalutare l’intero proprio pacchetto azionario (sostenendo il costo per l’imposta sostitutiva pari a 16 mila euro), oppure di rivalutare un pacchetto del solo 15% (sostenendo il costo dell’imposta sostitutiva pari a 12 mila euro). In quest’ultimo caso, si avrà che, al momento delle cessioni a titolo oneroso delle azioni, (in applicazione del criterio lifo), si considereranno cedute per prime le n. 150 azioni interessate dalla rivalutazione e, in seconda battuta, le altre 50 azioni rimaste escluse dalla rivalutazione (nota 3); la determinazione della plusvalenza imponibile avverrà dunque, con riferimento alle prime 150 azioni raffrontando il corrispettivo realizzato con il parametro della rivalutazione (mille euro per azione), e per le altre 50 azioni sulla base del costo di acquisto determinato in modo ordinario.
Deve segnalarsi che il dato della rivalutazione può ridurre o azzerare la plusvalenza imponibile conseguita ma non rileva ai fini della formazione di una differenza negativa da computare (come per le minusvalenze effettivamente sofferte) in riduzione di plusvalenze conseguite dalla cessione di altre partecipazioni.
Stante il ripetersi nel tempo dei provvedimenti di riapertura dei termini per la rivalutazione potrà presentarsi nel 2018 il caso di contribuenti che, con riferimento ad una determinata partecipazione, abbiano già operato in passato una rivalutazione; in questa ipotesi resta possibile affrancare gli ulteriori maggiori valori rimasti “scoperti” rispetto alla rivalutazione precedente, operando il calcolo dell’imposta sostitutiva sempre sulla base del valore alla data del 1 gennaio 2018 risultante dalla nuova perizia giurata entro il 30 giugno 2018, potendo portare in diminuzione dell’importo ora dovuto il pagamento dell’imposta sostitutiva già in precedenza versata per il medesimo titolo.
Infine, guardando alle formalità dichiarative, si fa presente che è al momento della redazione della dichiarazione dei redditi per il periodo d’imposta nel quale ci sarà la rivalutazione (quindi per la nuova rivalutazione 2018 la dichiarazione dei redditi 2019) che il contribuente definisce e cristallizza le proprie opzioni in merito alla eseguita rivalutazione. Basandoci sul quadro più recente (in Unico 2017 la Sezione VII del quadro RT) è prevedibile che ciò avverrà mediante indicazione del valore rivalutato della partecipazione risultante dalla perizia giurata di stima, esplicitando l’importo eventualmente già versato in occasione di precedente rivalutazione per la determinazione di quanto dovuto.

Nota 1) per completezza, si noti che nel caso del cd. recesso atipico, che si ha quando la liquidazione del valore della quota al socio avviene, anziché da parte della società con riduzione del suo patrimonio netto, mediante acquisto della partecipazione da parte degli altri soci o di un terzo da questi indicato, la rivalutazione esplica i suoi effetti atteso che la concreta modalità adottata consta di una cessione a titolo oneroso.

Nota 2) Si ricorda che per partecipazioni qualificate, la % di tassazione è così variata negli anni in funzione della modifica dell’aliquota IRES:

– 40% per i dividendi relativi ad utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
– 49,72% per i dividendi relativi ad utili formatisi dopo l’esercizio in corso al 31 dicembre 2007;
– 58,14% per i dividendi formatisi a decorrere dall’esercizio successivo a quello in corso al 31 dicembre 2016.

 

Nota 3) e dall’altra parte, ove la partecipazione detenuta derivi da più operazioni di acquisto, si considerano rivalutate per prima le partecipazioni di acquisto più recente.