Il decreto Crescita (art. 11 DL 34 del 30.04.2019 convertito con modificazioni dalla legge 28.06.2019, n. 58) ha recentemente proposto una riedizione del c.d. “bonus aggregazioni”. Si tratta di un incentivo fiscale a favore delle operazioni di aggregazione aziendale al fine di favorire la crescita dimensionale delle aziende italiane, così da poter risultare più competitive sul mercato globale e più solide in rapporto alla recessione economica.
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Il bonus aggregazioni, introdotto per la prima volta con la Finanziaria 2007 (art. 1 commi 242 – 249 della L. 296/2006) per gli anni 2007 e 2008, e poi riproposto con modifiche dall’art. 4 D.L. 10.02.2009, n. 5 (convertito dalla legge 09.04.2009, n. 33) per l’anno 2009, è di nuovo operativo, seppure revisionato, con riferimento alle operazioni effettuate dal 5 maggio 2019 fino al 31 dicembre 2022.
L’agevolazione è volta a favorire l’incremento dimensionale delle imprese tramite operazioni straordinarie di fusione, scissione o conferimento d’azienda “neutrale” ex art. 176 del TUIR. Le operazioni devono tuttavia essere riferite al trasferimento di un complesso aziendale e non di singoli beni; tale è l’interpretazione data dall’Agenzia (circolare 16/E/2007 e risoluzione 57/E/2009) che ha escluso l’agevolazione laddove oggetto del trasferimento fosse solo un singolo immobile o comunque beni non idonei a configurare un complesso organizzato per l’esercizio di un’attività d’impresa.
Tecnicamente, la norma consente di derogare al principio di neutralità fiscale tipico delle operazioni straordinarie, senza versare alcuna imposta sostitutiva, come invece è previsto nei regimi di affrancamento a pagamento previsti dalla legge (Nota 1).
Entro determinati limiti oggettivi e quantitativi, essa consente infatti di ottenere il riconoscimento fiscale gratuito del maggior valore dei beni trasferiti tramite l’aggregazione aziendale fino ad un massimo di 5 milioni (Nota 2).
In particolare, nel caso di aggregazione mediante fusione o scissione, si ha il riconoscimento fiscale del disavanzo da concambio che si genera per effetto dell’operazione; nel caso di aggregazione mediante conferimento d’azienda ex art. 176 del TUIR, si beneficia del riconoscimento fiscale dei maggiori valori iscritti nella contabilità del soggetto conferitario, rispetto ai valori fiscalmente riconosciuti in capo al conferente.
La norma fa esclusivo riferimento al riconoscimento dei maggiori valori delle poste dell’attivo relative all’avviamento e ai beni strumentali materiali ed immateriali; ciò esclude che possano essere riconosciuti i maggiori valori attribuiti ad altre poste dell’attivo, quali partecipazioni oppure beni merce, come avviene invece nell’affrancamento a pagamento ordinario ex art 176, comma 2 ter Tuir o derogatorio ex art. 15 comma 10 DL 185/2008.
Il beneficio fiscale può essere misurato nel risparmio dell’imposta sostitutiva prevista dall’art. 176 del Tuir (aliquota 12%) per un importo massimo di 600.00 euro (su un valore affrancato di 5 milioni di euro).
In termini pratici, il bonus aggregazione consente di dedurre fiscalmente maggiori ammortamenti e determina una quantificazione più favorevole delle eventuali plusvalenze o minusvalenze realizzate successivamente al decorso del termine di quattro periodi d’imposta (Nota 3).
La norma, come già accennato, ricalca una disposizione del 2006, con la conseguenza che possono ritenersi validi i chiarimenti forniti a suo tempo dall’Agenzia delle Entrate (circolari n. 16/E/2007, n. 57/E/2008, n. 28/E/2009, e risoluzioni n. 468/E/2008 e n. 57/E/2009).
I bonus aggregazione del 2006 e quello attuale presentano senz’altro molti profili in comune, ma hanno anche alcuni aspetti di differenza.
Prima di passare ad esaminare nel dettaglio le caratteristiche dell’agevolazione come riproposta, da ultimo dal DL 34/2019, mettendo in rilievo le analogie e le differenze rispetto alla previgente edizione, occorre segnalare come il bonus aggregazioni crei una asimmetria tra le posizioni delle parti dell’operazione, come osservato da autorevole dottrina (Nota 4) .
Dal un lato, l’incorporante/la beneficiaria/la conferitaria acquisisce il riconoscimento fiscale dei maggiori valori (nel limite di 5 milioni di euro), dall’altro lato, i soci dell’incorporata/della scissa/il soggetto conferente attribuiscono alla partecipazione che ricevono in cambio il valore non rivalutato dell’azienda conferita; ciò, oltre a rinviare l’emersione della plusvalenza alla cessione della partecipazione ricevuta, può determinare un salto d’imposta nella misura in cui consente, in sede di cessione di questa partecipazione, di applicare il regime di participation exemption senza che sia avvenuta una tassazione in capo alla società sul corrispondente reddito (stante l’affrancamento gratuito dei maggiori valori fiscalmente riconosciuti). Evidentemente il legislatore ha ritenuto di poter rinunciare a parte del gettito fiscale per perseguire delle finalità – quelle di incentivare la crescita dimensionale delle imprese- ritenute meritevoli di tutela.
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Passando ad esaminare in dettaglio la disciplina del bonus aggregazione attualmente in vigore, si segnala come sotto il profilo soggettivo, non si rilevano grandi differenze rispetto al passato.
L’art. 11 del DL 34/2019 fa riferimento ai soggetti indicati nell’art. 73, comma 1, lettera a), TUIR, che risultano da operazioni di aggregazione aziendale, realizzate attraverso operazioni di natura straordinaria; vale a dire che mentre il soggetto dante causa può essere costituito in qualunque forma giuridica, il soggetto avente causa (incorporante o risultante dalla fusione; beneficiario della scissione e conferitario dell’azienda), che beneficia del bonus, deve essere per legge una società di capitali residente e soggetta a IRES.
Le imprese partecipanti all’operazione di aggregazione devono soddisfare le condizioni previste dall’art. 11 comma 3 del DL 34/2019: si deve trattare di società “operative” da almeno due anni e che risultino tra loro “terze”.
Il requisito dell’operatività, facendo riferimento a quanto chiarito dall’Agenzia delle Entrate nella circolare n. 16/E/2007, deve essere verificato in termini sostanziali, con la conseguenza che, ai fini della sussistenza di tale presupposto, non è sufficiente la formale costituzione dell’impresa da almeno un biennio, essendo, altresì, necessario che nel biennio stesso sia stata svolta una effettiva attività commerciale. Sono conseguentemente sempre escluse dall’agevolazione le imprese neo costituite; in altri termini, la verifica di società operative non ridursi può al mero test di operatività da società di comodo; a tale conclusione è giunta la stessa amministrazione finanziaria, nella circolare 16/E/2007 (paragrafo 5.1) in contraddizione con quanto affermato in precedenza (cfr risoluzione 57/E/2008, 374/E/2008 che facendo espresso riferimento all’articolo 30 della legge 724/1994 avevano affermato l’esclusione delle società il cui test di operatività risultasse negativo).
Seconda condizione per ottenere l’agevolazione è che l’aggregazione aziendale avvenga tra soggetti estranei tra loro, nel senso che la norma non intende favorire le riorganizzazioni infragruppo ma le unioni fra soggetti terzi. In questo senso, le società coinvolte nell’operazione straordinaria:
- non devono far parte dello stesso gruppo societario;
- non devono essere legate da un rapporto di partecipazione superiore al 20%;
- non devono essere controllate, anche indirettamente, dallo stesso soggetto ai sensi dell’ 2359c.c.
Si segnala qualche differenza rispetto alla precedente edizione del 2006. In passato la norma faceva riferimento al controllo ex articolo 2359 c.c. in senso lato, includendo, quindi, sia al controllo di diritto che al controllo di fatto; la norma attuale si riferisce, invece, esclusivamente al controllo «di diritto» ex articolo 2359, comma 1, punto 1 c.c., cioè al controllo esercitato da chi detiene la maggioranza dei voti esercitabili in assemblea.
Sono escluse dal beneficio le aggregazioni tra soggetti controllati indirettamente dallo stesso soggetto ai sensi dell’art. 2359 c.c, come avviene nel caso di controllo tramite parenti in linea retta entro il terzo grado e affini entro il secondo grado (circolare 16/E/2007, paragrafo 5.4); per fare un esempio una società interamente controllata dal marito non potrà fondersi con la società interamente controllata dalla moglie e ottenere il bonus fiscale.
Non sono previsti requisiti dimensionali, fermo restando il limite di 5 milioni di euro afferente il valore dell’affrancamento.
È inoltre richiesto che “le imprese interessate dalle operazioni di aggregazione aziendale si trovino o si siano trovate ininterrottamente, nei due anni precedenti l’operazione, nelle condizioni che consentono il riconoscimento fiscale” (art. 11 comma 4 del DL 34/2019).
Secondo quanto chiarito in merito dall’Agenzia delle Entrate (circolare 16/2007, § 6), il beneficio potrà essere concesso solo a condizione che le imprese partecipanti alle descritte operazioni di aggregazione aziendale possiedano i requisiti soggettivi ed oggettivi richiesti non solo al momento in cui viene posta in essere l’operazione di fusione, scissione o conferimento ma che li abbiano posseduti ininterrottamente anche nel corso dei due anni precedenti l’operazione stessa.
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Oltre ai predetti limiti soggettivi, il decreto crescita ha previsto dei limiti temporali e ha posticipato gli effetti dell’applicazione del bonus aggregazioni, disponendo che:
– l’agevolazione è riconosciuta per le operazioni di fusione, scissione o conferimento d’azienda effettuate dall’1.5.2019 al 31.12.2022.
– il maggior valore è riconosciuto ai fini IRES e IRAP a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui ha avuto luogo l’operazione di aggregazione aziendale.
Per quanto riguarda l’ambito temporale di applicazione dell’agevolazione, come anticipato non si tratta di una norma a regime; la legge ne limita l’applicazione alle operazioni effettuate dall’entrata in vigore del decreto, 5 maggio 2019, fino al 31 dicembre 2022.
A tal fine, rileva il momento in cui l’operazione di aggregazione aziendale si considera perfezionata sul piano giuridico: per le fusioni e le scissioni, ai sensi dell’art. 2504 bis c.c., tale momento coincide con l’iscrizione dell’ultimo atto presso il registro delle imprese o dalla data successiva indicata nell’atto stesso, in caso di postdatazione.
Per i conferimenti, invece, rileva la data di iscrizione della delibera di aumento del capitale (cfr. circ. Agenzia delle Entrate n. 16/2007); al riguardo la risoluzione 217/2008 ha riconosciuto anche per il conferimento di azienda la possibilità di stabilire convenzionalmente una data successiva dell’effetto dell’atto rispetto a quella di iscrizione al registro impresa, la cui efficacia è condizionata alla circostanza che la conferitaria sia preesistente rispetto al conferimento (condizione peraltro necessaria per beneficiare del bonus essendo richiesta una operatività minima almeno biennale alla data dell’atto finale).
Quanto poi alla decorrenza degli effetti, rispetto alla norma del 2006, quella attuale sposta di un periodo d’imposta il riconoscimento fiscale di maggior valore: il valore rivalutato è riconosciuto ai fini delle imposte sui redditi e dell’IRAP a decorrere dall’esercizio successivo a quello in cui ha avuto luogo l’operazione di aggregazione aziendale. Sotto questo profilo si riscontra una analogia rispetto all’affrancamento oneroso di cui al comma 2-ter dell’art. 176. A titolo esemplificativo, un bene che risulta rivalutato per effetto di una fusione perfezionatasi nel mese di ottobre 2019, verrà ammortizzato, con riconoscimento fiscale del maggior valore solo nel 2020.
Per quanto riguarda gli effetti del bonus ai fini delle plus/minusvalenze, dal tenore letterale del comma 7 dell’articolo 11, Dl 34/19 e dalla lettura della relazione tecnica emerge che i maggiori valori sono riconosciuti ai fini del calcolo delle plusvalenze solo se realizzate successivamente al decorso del termine di quattro periodi di imposta, lasso temporale che costituisce il periodo di monitoraggio di cui al comma 6.
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In analogia al bonus aggregazioni del 2006, come sopra anticipato è previsto un periodo di osservazione quadriennale entro il quale la società risultante dall’aggregazione, pena la decadena dal bonus, non può porre in essere ulteriori operazioni straordinarie ovvero non può dismettere i beni iscritti o rivalutati per effetto dell’operazione di aggregazione, salva la possibilità di richiedere interpello disapplicativo ai sensi dell’art. 11, comma 2, legge n. 212/2000.
In particolare la norma ripropone le ipotesi di decadenza dal beneficio se, nei primi quattro periodi di imposta dal perfezionamento dell’operazione agevolata, la società avente causa (art. 11 comma 6 del DL 34/2019):
- pone in essere ulteriori operazioni straordinarie, di cui al Titolo III, Capi III, e IV del TUIR;
- oppure, cede gli elementi patrimoniali relativamente ai quali ha beneficiato del riconoscimento fiscale dei “maggiori valori iscritti”.
La circ. Agenzia delle Entrate 16/2007 (§ 9) ha chiarito che il quadriennio va computato tenendo conto del periodo d’imposta in corso alla data di perfezionamento giuridico dell’operazione straordinaria mediante la quale è attuata l’aggregazione aziendale agevolata. Ipotizzando quindi un’aggregazione aziendale attuata mediante un’operazione di fusione che si perfeziona nell’ottobre 2019 ed ipotizzando che la società incorporante abbia periodo d’imposta coincidente con l’anno solare, i quattro periodi di imposta, relativamente ai quali potrebbero integrarsi i presupposti di decadenza dall’agevolazione, andrebbero individuati nel quadriennio 2019-2022.
Occorre qui segnalare qualche punto critico legato alla formulazione della nuova disposizione agevolativa; in particolare vi è il dubbio se la cessione del singolo bene, anche se di entità rilevante, comporti la decadenza dall’agevolazione. L’articolo 11, comma 6 del Dl 34/19 , infatti parla di cessione di beni al plurale, per cui occorre in sede interpretativa verificare cosa accade se oggetto della cessione non è l’intero insieme dei beni facenti parte dell’azienda trasferita, bensì il singolo bene sul quale sono stati computati i maggiori ammortamenti: se in tal caso si produce una decadenza selettiva limitata al singolo bene oppure a tutti i beni; non è chiaro neppure la conseguenza della cessione per necessità di sostituzione di cespiti ormai obsoleti. Si auspica che un intervento dell’Agenzia risolva con un chiarimento ufficiale tale punti, salva comunque la possibilità per il contribuente di presentare interpello preventivo.
In caso di decadenza dall’agevolazione, la società è tenuta a liquidare e a versare, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta nel corso del quale si è verificata la decadenza, l’IRES e l’IRAP dovute sul maggior reddito, relativo anche ai periodi di imposta precedenti (con effetto retroattivo), determinato senza tener conto dei maggiori valori fiscalmente riconosciuti. Sulle maggiori imposte liquidate non sono dovute sanzioni né interessi.
E’ comunque possibile evitare tali effetti di decadenza se, tramite interpello disapplicativo ex art. 11, comma 2, legge n. 212/2000, viene riconosciuto un motivato disegno economico alla base della cessione.
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Da ultimo qualche osservazione sul coordinamento fra il bonus aggregazioni e i regimi di affrancamento a pagamento (di cui si allega una Tabella di raffronto).
Come chiarito in passato dall’amministrazione finanziaria (circolare n. 57/E/2008, § 3.3.3), in relazione alla medesima operazione straordinaria è possibile optare per l’applicazione dell’imposta sostitutiva sulle riorganizzazioni aziendali in base ai regimi di affrancamento ordinario o derogatorio sui maggiori valori eventualmente presenti in bilancio e non riconosciuti fiscalmente in quanto eccedenti il limite di 5 milioni di euro; in tal caso, ai fini dell’individuazione dell’aliquota cui assoggettare il residuo da affrancare, non si deve tener conto della parte di maggiori valori che ha ottenuto il riconoscimento fiscale gratuito ai sensi del bonus aggregazioni (Nota 5).
Altra possibile “sovrapposizione” delle due discipline si ha nel caso, ad esempio di opzione per il regime di imposizione sostitutiva riguarda una successiva operazione, ad esempio, di conferimento d’azienda, posta in essere dal medesimo soggetto che ha fruito del bonus aggregazioni
In tal caso, l’ultimo valore fiscale riconosciuto in capo al soggetto conferente deve ritenersi eventualmente comprensivo anche dei maggiori valori iscritti in bilancio in occasione di operazioni di riorganizzazione aziendale che hanno beneficiato del bonus aggregazioni (circ. Agenzia delle Entrate 57/2008, § 3.3.3).
Nel caso in cui si verifichi la decadenza del bonus aggregazioni, a causa dell’effettuazione di un’ulteriore successiva operazione di conferimento d’azienda, fusione o scissione nel corso del quadriennio “di sorveglianza”, resta possibile avvalersi di uno o di entrambi i regimi di affrancamento a titolo oneroso, relativamente a tale successiva operazione straordinaria, fermo restando però che, a quale punto, i valori fiscali di partenza per il riallineamento ai maggiori valori contabili sono quelli che risultavano riconosciuti ante “bonus aggregazioni” (circ. Agenzia delle Entrate 11.6.2009 n. 28, § 8.1).
Nota 1) L’art. 176 comma 2-ter del TUIR prevede un regime di imposizione sostitutiva ai fini delle imposte sul reddito e dell’IRAP in caso conferimento d’azienda, fusione o scissione, consentendo alla società conferitaria (o incorporante o beneficiaria) di ottenere il riconoscimento sul piano fiscale dei maggiori valori contabili iscritti nel proprio Stato patrimoniale e relativi agli elementi dell’attivo che costituiscono immobilizzazioni materiali e immateriali, compreso il valore di avviamento. L’opzione per il regime in esame può essere esercitata, in alternativa nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta nel corso del quale l’operazione è stata posta in essere; oppure, al più tardi, nella dichiarazione dei redditi relativa al periodo di imposta successivo. L’opzione implica il versamento di una imposta sostitutiva, sui maggiori valori contabili di cui si intende ottenere il riconoscimento sul piano fiscale, in misura pari al:
- 12% dei maggiori valori di cui si intende ottenere il riconoscimento fiscale, per la parte di detti maggiori valori fino a 5 milioni di euro;
- 14% dei maggiori valori di cui si intende ottenere il riconoscimento fiscale, per la parte di etti maggiori valori compresi tra 5 milioni di euro e 10 milioni di euro;
- 16% dei maggiori valori di cui si intende ottenere il riconoscimento fiscale, per la parte di detti maggiori valori oltre 10 milioni di euro
Altro regime di affrancamento a pagamento è disciplinato dall’art. 15, commi 10, 11 e 12, del DL 29.11.2008 n. 185, c.d. affrancamento “derogatorio” o ” speciale”, che è limitato all’avviamento, ai marchi d’impresa e alle altre attività immateriali, nonché alle immobilizzazione finanziarie e all’attivo circolante (inclusi i crediti), con il versamento di un’imposta sostitutiva la cui misura varia a seconda della tipologia di elemento patrimoniale che si intende affrancare:
- 16%, se l’affrancamento riguarda l’avviamento, i marchi di impresa o altre attività immateriali;
- 20%, se l’affrancamento riguarda i crediti;
- le ordinarie aliquote IRPEF, IRES ed IRAP, se l’affrancamento riguarda attività diverse da quelle indicate dall’ 176 comma 2-ter del TUIR e da quelle di cui ai due punti precedenti
Per un confronto fra i due regimi di affrancamento oneroso si rinvia al prospetto di raffronto riportato nella Tabella allegata.
Nota 2) Nel caso in cui il maggior valore generatosi per effetto dell’operazione di aggregazione aziendale sia superiore a 5 milioni di euro, il contribuente può individuare autonomamente quali maggiori valori iscritti dovranno considerarsi fiscalmente riconosciuti ai fini del Bonus aggregazioni (così circolare n. 16/2007, § 4.1).
Nota 3) Un esempio può aiutare ad apprezzare i benefici connessi al bonus aggregazione.La società Alfa ha conferito un suo ramo di azienda nella società Beta, ricevendo, in contropartita, una partecipazione societaria in Beta, con aumento di capitale iscritto nel Registro imprese in data 14 ottobre 2019.
Ipotizzando i seguenti valori dei beni oggetto del conferimento: Beni strumentali con valore contabile di € 100.000 (quota di ammortamento 15%%) e valore da perizia € 150.000; Immobili strumentali: valore contabile € 20.000 e valore di perizia € 500.000; Avviamento: valore di perizia € 300.000. Tenendo conto che tali beni sono iscritti nell’attivo della conferitaria al valore di perizia, a fronte di un aumento di capitale di € 950.000, questa rileva i seguenti ammortamenti.
Nel 2019: ammortamento civilistico Beni strumentali 150.000 x 15% = 22.500 con ammortamento fiscale = 15.000; ammortamento civilistico Immobili strumentali 500.000 x 3% =15.000 con ammortamento fiscale = 600; ammortamento civilistico Avviamento 300.000 x 5.5 = 16.500 con ammortamento fiscale = zero.
Nell’anno successivo (2020), invece, la conferitaria rileva i seguenti ammortamenti civilistici e fiscali: ammortamento Beni strumentali 150.000 x 15% = 22.500; ammortamenti Immobili strumentali 500.000 x 3% =15.000; ammortamento Avviamento 300.000 x 5.5 = 16.500.
In totale il bonus aggregazione dà luogo a maggiori ammortamenti fiscali a partire dal 2020 per 38.400 l’anno con un risparmio annuo solo di IRES di 9.216 euro.
Nota 4) Cfr Zizzo “Il ritorno del bonus aggregazione” 17.06.2019 http://www.zizzo.it/il-ritorno-del-bonus-aggregazioni-e-dei-suoi-difetti/
Nota 5) Ad esempio se a seguito di un’operazione di conferimento, la società conferitaria iscrive valori civilistici delle immobilizzazioni ricevute pari a 10 milioni di euro, a fronte di un valore fiscale delle medesime immobilizzazioni presso il soggetto conferente pari a 3 milioni di euro, il disallineamento tra valore civile e fiscale ammonta a 7 milioni di euro. In tal caso, la società conferitaria, con il bonus aggregazioni ottiene il riconoscimento fiscale “gratuito” del maggior valore delle immobilizzazioni nei limiti di 5 milioni di euro e, quindi, incrementando il valore fiscalmente riconosciuto delle stesse sino a 8 milioni di euro. Nell’ipotesi in cui la società conferitaria intenda altresì optare per la disciplina dell’imposta sostitutiva, essa dovrà applicare l’aliquota relativa al primo scaglione (pari al 12%) sull’ammontare residuo del disallineamento tra valore civile e fiscale ancora esistente, ossia fino a 2 milioni di euro (10 milioni – 8 milioni).