La società semplice: un istituto utile per l’attività di holding statica

La società semplice: un istituto utile per l’attività di holding statica

Le recenti modifiche normative in ambito tributario, unite all’orientamento ormai consolidato circa il possibile utilizzo della società semplice per le finalità di mero godimento, hanno “riabilitato” tale strumento per l’utilizzo quale holding statica. I vantaggi apprezzabili della società semplice ricavabili dalla flessibilità della sua disciplina e dall’assenza di formalità non si estendono però al regime fiscale, ciò in ragione del fatto che essa agisce al di fuori del perimetro dell’impresa commerciale. Per questi motivi la costituzione della società semplice – in alternativa ad altre forme di acquisto e/o gestione collettiva delle partecipazioni – si presta all’utilizzo quale forma di gestione alternativa non tanto rispetto alle altre forme societarie, bensì rispetto alla comunione di beni oppure come soluzione di governance sostitutiva rispetto ai patti parasociali.

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La società semplice è uno strumento che può prestarsi a diverse forme di utilizzo e che si caratterizza per la semplicità e l’economicità della gestione.

In particolare, la società semplice, dal punto di vista della disciplina civilistica, non è soggetta a forme particolari in sede di costituzione e beneficia di ampie opzioni nella regolamentazione dei rapporti tra i soci e amministratori.  Oltre a ciò, la società non è obbligata alla tenuta delle scritture contabili mentre, sul piano dell’oggetto – che comunque non può comprendere l’attività commerciale – è orami pacifico che possa essere ricompresa anche l’attività di “mero godimento” di beni (tipicamente partecipazioni sociali e beni immobili) risultando superate le tesi dottrinali e giurisprudenziali che a lungo hanno individuato nella comunione legale l’unica forma collettiva per il “mero godimento” di uno o più beni (Nota 1). Ricordato che la società semplice è esclusa dall’esercizio dell’attività commerciale, nell’ambito dell’attività di holding appare ammessa unicamente quella riconducibile alla c.d. holding statica, la cui attività e limitata alla gestione delle partecipazioni con esclusione della prestazione di servizi in capo alle partecipate (Nota 2).

Dal punto di vista tributario, l’assenza di commercialità rende la società semplice un soggetto escluso dalla disciplina delle società di comodo e, parimenti, escluso da parametri o da metodi induttivi di determinazione del reddito, mentre i criteri di calcolo dell’imposta ricalcano la disciplina delle categorie reddituali prevista per le persone fisiche. Per le stesse ragioni alla società semplice non è consentito l’accesso alla disciplina sul consolidato fiscale, né a quelle in ambito Iva.

In merito all’utilizzo della società semplice quale holding statica occorre segnalare il recente intervento normativo tributario di cui al D.L. del 26 ottobre 2019 n. 124, che ha introdotto l’art. 32-quater intitolato alle “Modifiche al regime fiscale degli utili distribuiti a società semplici” (poi oggetto di ulteriore modifica, ma solo al fine di correggere alcune dimenticanze, da parte del D.L. del 8 aprile 2020 n. 23, art. 28).

La novella è certamente importante tuttavia, a ben vedere, non ha introdotto un regime fiscale agevolativo per tali tipi di società, bensì ha semplicemente eliminato i profili di doppia tassazione esistenti, riconsegnando agli operatori un regime coerente con i principi dell’ordinamento (Nota 3).

In sostanza è introdotto un principio fiscale di look through in caso di detenzione di partecipazioni da parte delle società semplice in una società commerciale (società di capitali o società di persone).  Il regime, che decorre dal 1° gennaio 2020 (Nota 4), stabilisce che i dividendi non sono più dichiarati dalla società semplice e si intendono percepiti per trasparenza direttamente dagli stessi soci della società semplice con la conseguenza dell’applicazione del corrispondente regime fiscale.

In specifico per i soggetti Ires (soci della società semplice) tenuti all’applicazione dell’art. 89 del Tuir gli utili sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo nella misura del 95% del loro ammontare; per i soggetti (soci della società semplice) quali imprenditori individuali, società in nome collettivo e società in accomandita semplice tenuti all’applicazione dell’art. 59 del Tuir gli utili sono esclusi dalla formazione del reddito complessivo nella misura del 41,86% del loro ammontare; infine, per i soggetti persone fisiche (soci della società semplice) che detengono la partecipazione (qualificata o non qualificata) non in regime di impresa si applica il regime della ritenuta a titolo di imposta prevista dall’art. 27 dpr n. 600/73.

Sempre nell’ottica di evitare forme di doppia tassazione tributaria devono essere apprezzate due recenti pronunce dell’Agenzia delle Entrate: la n. 754/2021, in materia di cessione di partecipazioni rivalutate detenute dalla società semplice, e la n. 486/2022, in materia di dividendi distribuiti alle società semplici.

Nel primo caso, ricordato che le società semplici sono tra i soggetti ammessi alla rivalutazione delle partecipazioni societarie di cui alla Legge n. 448/2001 (Nota 5), è confermato che la successiva distribuzione ai soci dell’utile derivante dalla cessione, nei limiti del costo affrancato, non genera tassazione. Nel secondo caso, dove la tassazione delle società semplice è richiamata quale disciplina applicabile anche alle associazioni professionali, è confermato il regime recentemente novellato circa la tassazione per trasparenza in capo ai soci dei dividendi distribuiti alle società (il c.d. look through sopra ricordato).

Occorre ora riflettere sul fatto che le holding sono spesso costituite nell’ambito dei processi di riorganizzazione che vedono più società operative preesistenti di consistenti dimensioni e valore. Anche in tali ipotesi si affacciano i notevoli limiti, sul piano tributario, all’uso della società semplice ed in considerazione della sua natura “non commerciale”. La costituzione della holding statica, infatti, è sovente attuata mediante atto di “conferimento di partecipazioni”. E però quando la conferitaria è una società semplice il conferente è esposto alla valorizzazione della partecipazione in base al “valore normale” con il conseguente assoggettamento all’imposta in capo al conferente della relativa plusvalenza. Tale impatto inevitabilmente richiama il regime speciale previsto dall’articolo 177, 2° comma, Tuir, c.d. regime del “realizzo controllato”, che è riservato alle operazioni nelle quali sia il soggetto conferito (ovvero la società le cui partecipazioni sono l’oggetto del conferimento), ma soprattutto, per il caso qui interessa, la conferitaria (ovvero la società che riceve le partecipazioni) sono società commerciali. Il regime del “realizzo controllato” appare particolarmente utile nelle operazioni di “riorganizzazione” in quanto consente di controllare l’emersione della plusvalenza in capo al conferente attraverso l’adozione di un determinato comportamento contabile da parte della conferitaria (Nota 6). La questione è stata affrontata nella Risoluzione dell’Agenzia delle Entrate del 4 aprile 2017 n. 43 e l’orientamento ivi espresso non sembra potersi discutere anche alla luce del fatto che la società semplice, non essendo tenuta alla contabilità, non può iscrivere nei registri il costo di acquisizione della partecipazione ricevuta. Parimenti non risulta applicabile alla società semplice conferitaria il regime di cui all’art. 177, comma 2.bis, riferito al conferimento di una “partecipazione qualificata” (Nota 7).

Al fine di completare la riflessione circa i profili tributari della società semplice in funzione di holding statica occorre ricordare che la società semplice è spesso proposta in chiave di liquidity company, ovvero per la gestione della liquidità detenuta dalla stessa. Il motivo è essenzialmente legato alla presenza di un tetto massimo per l’applicazione dell’imposta di bollo previsto per le società ed assente per le persone fisiche. In particolare, sui conti deposito l’imposta di bollo (Nota 8) si applica in misura proporzionale ed è pari allo 0,20% (Nota 9). Tale imposta è applicata senza limiti per le persone fisiche mentre per le società è previsto un tetto di € 14.000,00, ciò che rende il soggetto societario più conveniente per la gestione di conti deposito con un valore a partire dai 7 milioni di euro. Se associamo la circostanza appena descritta col il fatto che la società semplice offre il “modello societario” più duttile, leggero e senza costi di gestione si comprende come l’utilizzo della società semplice possa avere una certa attrattività in chiave di liquidity company. Non sembra tuttavia che l’interesse possa essere esteso, per il caso della holding statica, alla gestione della liquidità rinveniente dalle partecipazioni detenute. Si pensi al caso della società semplice detenuta da persone fisiche che partecipa nella società commerciale. La distribuzione del dividendo, sulla base del principio del look through prima ricordato, fa sì che la società non dichiara il dividendo e l’imposta è applicata al 26% anche nel caso in cui non sia distribuita ai soci in quanto la liquidità è gestita direttamente in capo alla società. Viene naturale, ancora una volta, confrontare tale regime tributario con quello applicabile ad altra società, ovvero alla società di capitali, che in analoga situazione è incisa solo del 1,2% (quale risultante dell’applicazione del 24% solo sul 5% del dividendo). Altrettando dicasi per la liquidità ricavabile dalla cessione della partecipazione che beneficia del criterio della partecipation exempion (esenzione per il 95% della plusvalenza che nuovamente restituisce un tassazione al 1,20%) per il caso di società di capitali, mentre la società semplice può tutt’al più beneficiare della rivalutazione dalla partecipazione con il pagamento, in base all’ultima versione della legge per l’affrancamento delle partecipazioni, di una imposta sostitutiva del 14% applicata sul corrispettivo.

Alla luce di quanto appena descritto, in conclusione, sembra che la forma della società semplice quale holding statica non sia in grado di competere, sul piano tributario, con la società di capitali (Nota 10). Viceversa, lo strumento in commento sembra poter essere apprezzato in sede di acquisto collettivo della partecipazione quale forma alternativa alla comunione legale oppure, previo esame dell’impatto fiscale specifico per la costituzione in relazione a quanto illustrato sopra, anche quale strumento di governance alternativo rispetto ai patti parasociali. Quest’ultimi, infatti, esplicano effetti solo sul piano “obbligatorio” (e non sul piano “reale”) e presentano un certo grado di “instabilità” in relazione ai limiti di durata imposti per legge. In patti parasociali, ai sensi dell’art. 2341-bis del Codice civile, possono essere a tempo determinato ma di durata non superiore a 5 anni, ancorché rinnovabili alla scadenza ovvero a tempo indeterminato e, in tal caso, ciascun contraente può recedere con un preavviso di 180 giorni. Si osserva come tali limitazioni temporali possano, in molti casi, risultare inadeguate nella pianificazione della governance degli assets partecipativi di medio lungo periodo.

Nota 1) Questa impostazione si fondava sul presupposto che il legislatore del 1942 avesse inteso circoscrivere il perimetro di operatività della società attraverso l’abolizione delle c.d. società civile di cui al codice del 1865. Non vi è dubbio che l’abrogato codice, attraverso l’articolo 1697, forniva una definizione molto ampia del contratto di società con il quale “due o più persone convengono di mettere qualcosa in comune al fine di dividerne il guadagno che ne potrà derivare” e che tale definizione non si rinviene nel codice del 1942. Quest’ultimo, infatti, sembra tracciare già in sede definitoria uno spartiacque tra il contratto di società e la comunione di godimento. L’art. 2247 indica il contratto di società come quel contratto destinato “all’esercizio in comune di una attività economica allo scopo di dividerne gli utili” mentre la comunione a scopo di godimento, di cui all’art. 2248, è istituita “al solo scopo del godimento di una o più cose” e come tale regolata dalle norme del titolo VII del libro III del Codice civile. E’ stato tuttavia osservato come rimanesse un “ampio spazio vuoto” tra l’attività agricola e quella commerciale che non poteva certamente dirsi colmato dalla comunione di godimento (ex articolo 2448 c.c.) e ciò in quanto la funzione della società semplice è regolata in negativo essendo tale tipo di società, ai sensi dell’art. 2249, 2° comma, c.c. costituita per “l’esercizio di un’attività diversa” rispetto all’attività commerciale. Da ultimo deve essere ricordata la normativa fiscale che ha espressamente “sdoganato” le società di mero godimento, nell’ambito della disciplina di cui alla legge 208/2015, riconoscendo benefici fiscali anche per il caso di trasformazione delle società commerciali in società semplici aventi lo scopo di mero godimento dei beni (per ogni riferimento: Tommaso Caciolli, La società Semplice tra mero godimento e attività economica non commerciale, Nota a commento della sentenza del Tribunale di Roma del 8 novembre 2016, in Le Società, n. 7, 2017, pag. 856 e ss).

Nota 2) In particolare, la società semplice sembra esclusa dall’attività cd. di holding dinamica la quale, oltre alla mera gestione delle partecipate, presta servizi alle stesse nell’ambito delle attività funzionali quali quelle amministrative, di controllo di gestione, finanziari etc.

Nota 3) Le incongruenze derivavano dall’introduzione generalizzata dell’imposta sostitutiva al 26% (L. n. 205/2017, art. 1, commi da 999 e 1006) nei confronti delle persone fisiche non imprenditori (partecipazioni qualificate e non) nella parte in cui si era dimenticata della disciplina delle società semplici. Il mancato coordinamento tra le modifiche alle norme tributarie, in particolare all’art. 47 e del Tuir e all’art. 27 del dpr 600/73, infatti, aveva indotto alcuni a ritenere che il regime delle società semplici fosse immutato rispetto al passato, mentre altri hanno ipotizzato la tassazione integrale (100%) del dividendo ricevuto dalla società semplice. Di poi, com’è noto, le istruzioni al modello ministeriale della dichiarazione dei redditi avevano aderito alla soluzione della tassazione integrale, pur ammettendo un regime transitorio con applicazione del DM 26.5.2017 (tassazione al 58,14%) per i dividendi deliberati sino a tutto il 2022 ed inerenti alle annualità fino al 2017

Nota 4) Poi è previsto un regime transitorio con riferimento alle distribuzioni deliberate entro il 31/12/2022 ma inerente ai dividendi formatisi con utili prodotti fino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2019: per tali dividendi si applica per tutti i soggetti la tassazione al 40% per gli utili formatisi fino all’esercizio in corso al 31 dicembre del 2007; il 49,72% per gli utili formatisi dopo l’esercizio in corso al 31 Dicembre 2007 e sino all’esercizio in corso al 31 dicembre 2016; il 58,14% per gli utili formatisi dall’esercizio in corso al 31 dicembre 2017 e fino all’esercizio in corso al 31 dicembre del 2019.

Nota 5) Da ultimo riproposta nell’ambito della conversione del Decreto Energia, L. legge del 27 aprile 2022 n. 34, con costo dell’affrancamento fissato al 14%.

Nota 6) In sostituzione al regime del valore normale nella determinazione della plusvalenza da conferimento è possibile adottare il “diverso” valore di iscrizione della partecipazione conferita nella contabilità della conferitaria (che corrisponde anche alla variazione del patrimonio netto della conferitaria in conseguenza del conferimento) il quale potendo anche coincidere con il “costo fiscale” della partecipazione in capo al conferente consente l’azzeramento di qualsiasi plusvalenza imponibile

Nota 7) Per una disamina della relativa fattispecie sia consentito rinviare a P. Torracca, Gli orientamenti dell’Agenzia delle Entrate in tema di Conferimenti delle partecipazioni minoritarie, Tax News, Giappichelli Editore, 2021, 2, pag. 327.

Nota 8) E ai fini dell’Ivafe che è “l’imposta di bollo” sulle consistenze estere; si veda l’art. 134, D.L. n. 34/2020 che ha modificato il comma 20 dell’art. 19 D.L. n. 201/2011.

Nota 9) L’imposta si applica sulle attività finanziarie, ciò che consente di escludere le partecipazioni strategiche detenute dalla società semplice non iscritte nell’ambito delle attività finanziarie.

Nota 10) Si ricorda però che la società semplice è ricompresa, al pari delle altre società, negli obblighi di comunicazione all’anagrafe dei rapporti societari di cui art 10 D. Lgs. 13.8.2010 n. 141 (S.O. n. 212 G.U. 4.9.2010 n. 207). Sul punto si veda la Consulenza giuridica Agenzia delle Entrate n. 956 2020 richiesta da Feder Holding a seguito della risposta ad interpello DRE Piemonte n. 901-384 del 2019, espressesi in senso contrario.