Scambi di partecipazioni di minoranza: agevolate le holding Unipersonali ed esclusi dal beneficio i diritti di usufrutto sulle partecipazioni

La norma introdotta con il Decreto Crescita (DL n. 30/2019) ha esteso il regime del “realizzo controllato” alle partecipazioni di minoranza. Il regime in oggetto consente, attraverso il controllo dell’emersione delle plusvalenze, la mitigazione (o l’annullamento) degli effetti fiscali nelle operazioni di riorganizzazione. Tale disposizione, tuttavia, sta incappando in un serie di interpretazioni restrittive da parte dell’Agenzia delle Entrate. La posizione assunta da quest’ultima, infatti, ne limita, e in certi casi ne esclude, l’utilizzo pur in presenza situazioni analogamente apprezzabili ai fini della successione e della continuità dell’impresa.

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L’art. 11-bis del Decreto Crescita (DL 30 aprile 2019, n. 34, convertito dalla Legge 28 giugno, n 58) ha introdotto il nuovo comma 2-bis nell’art. 177 del Testo Unico delle Imposte sui Redditi, norma contenente disposizioni sul regime fiscale degli scambi di partecipazioni.
La novella interviene sulla disciplina fiscale del “realizzo controllato” nell’ambito dello scambio di partecipazioni di cui all’art. 177, comma 2, a cui fa espresso rinvio. Si ricorda che, ai sensi del comma 2, il realizzo controllato è applicato allo scambio mediante conferimento di partecipazioni, attraverso cui la società conferitaria acquisisce il controllo di diritto – o ovvero integra lo stesso in virtù di un obbligo legale o di un vincolo statutario – ai sensi dell’art. 2359, comma 1°, n. 1 del Codice civile, della società le cui quote partecipative sono “scambiate”.
Gli scambi di partecipazioni di cui si occupa il 2 comma sono quelli idonei a consentire di realizzare (o integrare) il trasferimento del controllo in capo alla conferitaria. Di contro gli scambi di partecipazioni di cui si occupa il comma 2-bis sono quelli che hanno ad oggetto partecipazioni di minoranza purché qualificata.
Più precisamente il regime in oggetto (art. 177, comma 2) riguarda lo scambio di partecipazioni di qualsiasi quota di partecipazione al capitale (quindi sia di controllo, di collegamento o anche inferiori) che sia però in grado di “trasferire” il controllo in capo alla conferitaria (Nota 1).
Il regime introdotto dal Decreto Crescita (art. 177, comma 2-bis), invece, estende il regime del realizzo controllato alle partecipazioni minoritarie “qualificate”.
In questo caso le condizioni poste dalla norma sono due: 1) deve trattarsi di partecipazioni che rappresentano una percentuale dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria superiore al 2% o al 20% ovvero un partecipazione al capitale o al patrimonio superiore al 5% o al 25%, secondo che si tratti di titolo negoziati in mercati regolamentati o di altre partecipazioni; 2) le partecipazioni sono conferite in società, esistenti o di nuova costituzione, interamente partecipate dal conferente.
Lo stesso comma 2-bis prevede poi una regola speciale per i conferimenti di partecipazioni in società la cui attività consiste in via esclusiva o prevalente nell’assunzione di partecipazioni (società holding) nonché una disposizione antielusiva che estende a cinque anni il termine “ordinario” dei dodici mesi per la fruizione del regime di cui all’art. 87 del Tuir (participation exemption).
In sede di applicazione della norma si pongono una serie di interrogativi inerenti alle singole fattispecie non agevolmente risolvibili.
In questa sede si vuole fare il punto su due casistiche: il caso in cui alla partecipazione qualificata si giunga sommando la titolarità di più soggetti e il caso in cui la partecipazione qualificata risulti “suddivisa” tra nuda proprietà ed usufrutto.

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Un tema ricorrente attiene al caso di spettanza o meno del regime speciale nel caso in cui la quota sia qualificata grazie all’intervento di più titolari (anziché di uno solo) che intendano conferirla in un unico atto a società dai medesimi posseduta. L’Agenzia delle Entrate con una serie di recenti risposte ad interpelli (n. 229/2020, 309/2020, 314/2020 e 315/2020) ha affermato che il regime di cui all’art. 177, comma 2-bis, si applica solamente nel caso di un unico conferente e di conferitaria unipersonale. In pratica, secondo l’Agenzia delle Entrate, il regime in oggetto è spendibile al solo fine di convertire una partecipazione qualificata “direttamente” posseduta in una partecipazione qualificata “indirettamente” posseduta attraverso il possesso totalitario della conferitaria.
Sul punto gli autori che hanno esaminato la norma ai fini della sua applicazione hanno rilevato come, da un lato, ragioni di ordine teleologico suggeriscono l’estensione del principio anche ad analoghe fattispecie, quali i casi di partecipazioni che assumono l’entità “qualificata” sommando la titolarità di più soggetti, posto che anche in tale caso si ravvede quella ratio diretta a tutelare la continuità e la successione dell’impresa che la disposizione intende perseguire. Dall’altro lato, elementi di ordine sistematico evidenziano come la disposizione di cui al 2° comma, a cui il comma 2-bis si richiama, può essere validamente integrata anche se l’acquisto del controllo è integrato grazie all’intervento di più soci titolari di quote della società conferita, purché tale acquisizione avvenga in un unico atto. Infine, elementi di carattere letterale si richiamano al contenuto del comma 2-bis che inserisce l’avverbio “complessivamente” con riferimento alle partecipazioni oggetto di conferimento che farebbe presupporre anche all’eventualità di più soggetti conferenti.
Di contro l’Agenzia delle Entrate rileva, sul piano letterale, che l’utilizzo del termine “conferente” al singolare porta a ritenere che “la volontà del legislatore sia quella di favorire la costituzione di holding esclusivamente unipersonali per la detenzione di partecipazioni qualificate”. Più persuasive sono le considerazioni della stessa Agenzia sul piano sistematico stante l’osservazione, condivisibile, che nell’art. 177 del Tuir coesistano in realtà due discipline aventi presupposti ed ambiti di applicazione differenti: per il comma 2 l’obiettivo finale è il conseguimento del controllo della società scambiata, per il comma 2-bis l’obiettivo finale è la riorganizzazione della partecipazione qualificata da parte del singolo possessore.

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Altro tema ricorrente è quello inerente al comportamento della norma nel caso in cui la titolarità della partecipazione sia scissa tra nuda proprietà e usufrutto. Richiamandosi, infatti, al comma 2-bis che fa riferimento sia alla percentuale dei diritti di voto esercitabili nell’assemblea ordinaria (superiore al 2% o al 20%) sia alla partecipazione al capitale o al patrimonio (superiore al 5% o al 25%), si pone il quesito se sia possibile che i su menzionati richiami operino quali condizioni alternative autonomamente idonee a integrare il presupposto oggettivo della norma.
La recente risposta n. 381/2020 dell’Agenzia delle Entrate sul tema dell’usufrutto si esprime nel senso che il conferimento dei meri diritti di usufrutto non è idoneo ad integrare in capo al conferente l’esistenza di una partecipazione oggetto di scambio, ma solo di un diritto ai frutti ritraibili dalla medesima partecipazione, con conseguente inapplicabilità del regime del “realizzo controllato” di cui al comma 2-bis. L’Agenzia pone l’accento sul fatto che la disciplina dell’art. 177 riguarda lo “scambio di partecipazioni” da cui l’esigenza che, sul piano oggettivo, lo scambio sia riferibile alla partecipazione la cui titolarità consenta alla conferitaria di acquisire stabilmente la qualità di socio della società scambiata. Secondo tale impostazione la titolarità di un diritto reale di godimento quale l’usufrutto sulle partecipazioni della società conferita, ancorché munito dei corrispondenti diritti di voto, preclude la configurabilità di uno scambio tra le partecipazioni oggetto di conferimento (la cui titolarità rimane in capo ai nudi proprietari) e quelle ricevute dal conferente.
L’Agenzia delle Entrate si era espressa, in precedenza, solo con riferimento all’applicazione dell’art. 177, comma 2, i cui presupposti oggettivi, come detto, sono differenti rispetto al comma 2-bis. Nella Risposta n. 147/2019, anzitutto, è chiarito che solo lo scambio congiunto dei diritti di proprietà e di usufrutto relativamente alla medesima partecipazione consente di integrare la fattispecie di cui al comma 2 in quanto solo la piena proprietà è idonea a determinare in capo alla conferente l’acquisizione (o l’incremento) del controllo di diritto. L’ulteriore condizione, tuttavia, è che il nudo proprietario, da un lato, e l’usufruttuario, dall’altro, ricevano in cambio partecipazioni a titolo di piena proprietà nella conferitaria. In altri termini non varrebbe ad integrare pienamente la fattispecie di cui al comma 2 dell’art. 177 il caso in cui, a fronte del conferimento di usufrutto e nuda proprietà, i titolari delle medesime ricevessero a loro volta analoghi diritti di usufrutto e nuda proprietà sulle partecipazioni della conferitaria. La fattispecie, in modo particolare, farebbe difetto in capo all’usufruttuario in assenza di una operazione di “scambio di partecipazioni”, ciò che non è tale, ad avviso dell’Agenzia, lo scambio dei soli diritti di usufrutto.
Nella successiva Risposta n. 290/2019, coerentemente con il quadro sopra delineato, l’Agenzia delle Entrate ha confermato che il conferimento della nuda proprietà, in assenza del conferimento dell’usufrutto, è carente dei requisiti normativi su menzionati. In tale occasione, tuttavia, l’Agenzia ha evidenziato che anche il solo conferimento della nuda proprietà, se accompagnato dal contestuale apporto di diritti di voto su base convenzionale (Nota 2), può consentire l’accesso al regime del “realizzo controllato”.
In conclusione, tornando alla casistica di cui all’art. 177, comma 2-bis, Tuir che, come già asservato, non è incentrata sul trasferimento del controllo in capo alla conferitaria ed è, inoltre, sottoposta al vincolo del carattere unipersonale della conferitaria, è lecito domandarsi a quali condizioni (se esistono) è possibile beneficiare del “realizzo controllato” in presenza di una suddivisione della partecipazione minoritaria (qualificata) tra nuda proprietà ed usufrutto. A tal fine l’esame delle risposte su menzionate con riferimento all’ambito di applicazione del comma 2 è fondamentale per inquadrare l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate in tema di art. 177 e “scambio di partecipazioni”.
Ciò detto sembra potersi affermare che, diversamente delle conclusioni a cui è giunta con la risposta n. 381/2020 l’unica sino ad ora a pronunciarsi sulla fattispecie di cui al comma 2-bis in tema di usufrutto, l’Agenzia delle Entrate non dovrebbe avere preclusioni all’applicazione di tale disposizione nel caso in cui il conferimento della quota qualificata abbia ad oggetto la nuda proprietà e, dal lato delle partecipazioni ricevute, la piena proprietà della società unipersonale conferitaria. Non può infatti dubitarsi, alla luce delle menzionate Risposte, che l’orientamento dell’Agenzia delle Entrate è, in tal caso, di una operazione di “scambio di partecipazioni” rientrante nell’ambito applicativo dell’art. 177. A ciò occorre aggiungere che se l’Agenzia dovesse esprimersi nel senso di ritenere che le due distinte soglie di partecipazione previste per la partecipazione qualificata (una attinente ai diritti di voto e l’altra attinente alla partecipazione al capitale o al patrimonio netto) non sono condizioni alternative, ciascuna idonea ad integrare il presupposto oggettivo di legge (Nota 3), bensì complementari, non pare possa riscontrarsi alcuna preclusione a confermare l’applicabilità del regime nel caso in cui il conferimento della nuda proprietà della quota qualificata sia accompagnato dall’attribuzione al nudo proprietario, a titolo convenzionale, dei diritti di voto.

Nota 1) La norma citata, è solo il caso di ricordare, non delinea un regime di neutralità fiscale né un regime opzionale rispetto a quello ordinario del valore normale dettato dall’art. 9 del Tuir. La stessa delinea solo un criterio di valutazione delle partecipazioni ricevute a seguito del conferimento (che resta pertanto una operazione realizzativa) ai fini della determinazione del reddito in capo al soggetto conferente. In applicazione a tale criterio le quote ricevute in cambio dal soggetto conferente sono valutate in base all’aumento del patrimonio netto della conferitaria a seguito del conferimento. Ne discende, quindi, che pur restando una operazione “realizzativa”, l’applicazione del criterio di valutazione appena menzionato consente di “controllare” gli effetti sul piano fiscale attraverso la determinazione convenzionale della variazione del patrimonio netto.
Nota 2) L’art. 2352 del Codice civile (richiamato dall’art. 2472 per le società a responsabilità limitata) prevede che il diritto di voto spetta all’usufruttuario, ma ammette la possibilità di una convenzione contraria.
Nota 3) Sul punto occorre però ricordare che la nozione di qualificata (v. Circolare AGE 52 / 2004) che fa riferimento alla partecipazione al capitale o patrimonio e ai diritti di voto, esprime requisiti alternativi in quanto, affinché una cessione di partecipazione possa essere considerata qualificata, è sufficiente che sia integrato anche un soltanto dei due criteri