A seguito delle recenti modifiche al regime civilistico della scissione, lo “scorporo” di elementi attivi e passivi di una società, nel senso della trasformazione di beni societari dal primo al secondo grado, può essere effettuato attraverso due istituti “tipici”: il conferimento e la scissione.
Alla sovrapponibilità del risultato sul piano morfologico si contrappone la diversità degli effetti giuridici e fiscali dei due istituti (conferimento e scissione) rispetto ai quali lo “scorporo” rappresenta solo un limitato “campo di azione comune”.
Osservato che la novella non è affatto intervenuta sul piano tributario, nelle more di una espressione da parte dell’Agenzia delle Entrate, è unanime la posizioni espressa dai primi commentatori nonché della stessa Assonime con Circolare n. 14 del 11 maggio 2023 (“La Scissione mediante scorporo, direttiva UE 2019/2121: prima analisi degli aspetti fiscali”) nel senso di ritenere applicabile alla scissione con scorporo i principi tributari già noti della scissione e che ruotano intorno al postulati della neutralità sia sul piano delle imposte dirette che indirette.
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Negli ultimi mesi, a seguito dell’introduzione dell’art. 51, comma 3, D. Lgs 2 marzo 2023, n. 19, che ha disciplinato la scissione con scorporo, sono in molti ad interrogarsi sulla differenza tra “lo scorporo con conferimento” e “la scissione con scorporo”.
In effetti, se guardiamo al risultato, è agevole constatare come non vi siano differenze, sul piano morfologico e strutturale, tra scorporo di attività e passività attuato con il conferimento piuttosto che con la scissione. Il risultato finale è sempre quello di ottenere, dal lato della scissa/conferente, la trasformazione dei beni di 1° grado in beni di 2° grado ottenendo una modifica patrimoniale prettamente qualitativa, e non quantitativa. Dal lato della beneficiaria/conferitaria, vedersi assegnato un patrimonio in via esclusiva per la realizzazione dell’oggetto e dello scopo sociale.
Per apprezzare la portata delle due modalità di “scorporo” è utile riflettere brevemente sulle differenze dei due istituti.
Il conferimento è elemento costitutivo del contratto sociale che esiste da quando si parla di diritto societario. Di contro, la scissione è un istituto di recente introduzione che si inquadra nell’ambito dei processi evolutivi societari (modifiche societarie) e si pone nella vita societaria quale elemento meramente eventuale.
Si diceva che il conferimento costituisce un elemento essenziale e implicito del stesso contratto di società, tant’è che “se i conferimenti non sono determinati si presume che i soci siano obbligati a conferire ..quanto necessario per il conseguimento dell’oggetto sociale” (ex art. 2245 Conferimenti). Riferendoci alla storia del diritto interno, il conferimento risulta normato sin dal Codice Commercio del 1865 dove, tra gli elementi dell’atto costitutivo per il quale veniva prevista la forma scritta, erano menzionati, al punto 4 dell’allora art. 87, “l’oggetto della società, la quota, che ciascuno conferisce in denaro, in crediti o in altri beni, il valore a questi attribuito e il modo di valutazione”.
Di converso la scissione è un istituto sconosciuto al diritto interno sino al 1991, anno nel corso del quale, a seguito del recepimento in Italia delle direttive del Consiglio delle Comunità Europee (c.d. III e VI direttiva), veniva introdotto e disciplinato nel diritto interno. Esso si colloca, come già osservato, tra gli eventi meramente eventuali nella vita della società e appartiene ai possibili fenomeni evolutivi della stessa. In particolare, la scissione, secondo una definizione illuminata che ha inteso riflettere solo gli elementi realmente indefettibili del fenomeno scissorio, rappresenta un “processo di riorganizzazione aziendale che, incidendo sulla compagine sociale e/o sulla composizione del patrimonio sociale, coinvolga almeno una società e dal quale risultino almeno due società” (NOTA 1)
E’ chiaro quindi che lo “scorporo” rappresenta solo un limitato “campo di azione comune” di questi due istituti, tra loro così diversi ed in grado di esprimere ciascuno casistiche molto più ampie di quella qui in commento.
Si rifletta per esempio sul fatto che il conferimento è in genere un fenomeno che riguarda una solo società implicando il trasferimento del bene economico dalla sfera privata a quella societaria; quanto (quando?) il conferimento è “tra società” si tratta in effetti di un riconferimento ovvero del conferimento di quanto già conferito o prodotto con un conferimento iniziale. Di contro, la scissione può assumere molte forme ma coinvolge sempre due o più società indipendenti o legate da rapporti partecipativi.
Se poniamo l’accento sullo spostamento di elementi patrimoniali tra società (in costanza di regime di impresa) lo “scorporo” si presenta più affine alla “scissione” che non al “conferimento”. Viceversa, se poniamo l’accento sulla incidenza solo qualitativa (e non qualitativa) dell’operazione nonché sul legame inter-partecipativo che sempre consegue allo “scorporo”, Esso presenta maggiore affinità con il “conferimento”.
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Veniamo ora, invece, alla differenza sul piano civilistico e tributario.
Il conferimento è a tutti gli effetti un trasferimento di proprietà tra soggetti diversi regolato mediante l’assegnazione di quote o azioni delle società conferitaria. E’, quindi, una operazione realizzativa che, sul piano contabile, può dar luogo all’iscrizione dei beni trasferiti al loro valore corrente mentre, sul piano fiscale, da luogo in linea generale all’emersione di plusvalori imponibili (art. 9 del Tuir). Viceversa, la scissione rappresenta una modifica organizzativa societaria, ovvero un fenomeno evolutivo successorio di beni e rapporti giuridici, che non implica un trasferimento di proprietà tra soggetti diversi. Essa operazione, rimanendo nell’ambito delle modifiche statutarie, sul piano contabile, è caratterizzata dalla continuità dei valori tra scissa e beneficiaria e, sul piano fiscale, dalla neutralità degli effetti sia che si estenda l’analisi alle imposte dirette che alle imposte indirette.
La disciplina fiscale dei conferimenti sul piano delle imposte dirette si basa sulla regola generale del realizzo al valore normale. Nell’ipotesi di conferimenti di partecipazioni di controllo o di collegamento tra soggetti in regime di impresa (art. 175 Tuir) e di conferimenti di azienda (art. 176 Tuir) o di conferimenti di partecipazioni da parte di privati (art. 177 Tuir, commi 2 e 2-bis) è applicabile il criterio del “realizzo controllato” che valorizza i comportamenti sul piano contabile da parte del conferente e del conferitario. In pratica, in tali casi, costituisce valore di realizzo (anziché il valore normale) la quota delle voci di patrimonio netto formato dalla società conferitaria per effetto del conferimento. Nelle casistiche appena menzionate è, quindi, possibile la mitigazione, e finanche un’esclusione di ogni impatto fiscale quanto la variazione del patrimonio netto per effetto del conferimento coincide con il costo fiscale della partecipazione in capo al conferente. L’analogia con la scissione, si badi bene, riguarda solo il risultato in concreto ottenibile (neutralizzazione degli effetti fiscali) evidenziato che nei casi “controllati” in base ai volari contabili di iscrizione appena ricordati il regime resta pur sempre quello realizzativo.
La disciplina dei conferimenti nell’ambito delle imposte indirette, in coerenza con la sua natura realizzativa, è in tutto e per tutto assimilabile a quella dei trasferimenti di proprietà tra soggetti diversi soggetti. L’imposta di registro ed ipotecarie e catastale si applicano in misura proporzionale e con aliquote variabili in funzione della natura dei beni conferiti o “trasferiti”. Nell’ottica di agevolare la circolazione delle aziende, anche qui, al criterio proporzionale fanno eccezione i conferimenti d’azienda o di ramo d’azienda per i quali si applica l’imposta di registro in misura fissa (anche nel caso di immobili compresi nel complesso aziendale).
La disciplina fiscale della scissione, sia nell’ambito delle imposte dirette che indirette, è invece improntata al criterio della neutralità, coerentemente con gli effetti solo evolutivi dell’operazione straordinaria. L’art. 173 del Tuir sancisce che la scissione ..non dà luogo a realizzo né a distribuzione di plusvalenze e minusvalenza dei beni .. . Parimenti il Testo Unico dell’Imposta di Registro (art. 4 della Tariffa Parte I) colloca le scissioni, insieme alle altre modifiche statutarie, nell’ambito dell’imposizione a tassa fissa (200 euro).
Richiamate le differenze degli effetti giuridici e fiscali delle due operazioni nonché le affinità– ma solo con riferimento ai rilessi pratici della vicenda– quando gli elementi attivi e passivi “in circolazione” sono qualificabili come azienda o ramo d’azienda o partecipazioni di controllo o di collegamento, è interessante soffermarsi sui primi commenti emersi nell’ambito della prassi professionale e sul contenuto della circolare Assonime prima citata.
Ricordato, infatti, che nuova disciplina dell’art. 2506.1 c.c. non è accompagnata da alcuna disposizione normativa tributaria ad hoc, i primi commenti (NOTA 2) sono allineati nel senso di ritenere che al nuovo istituto si estenda il regime di neutralità fiscale ai fini delle imposte sui redditi (art. 173 del TUIR) e l’imposizione di registro in misura fissa (art. 4 della Tariffa Parte I, TUR). Inoltre, non è mancata l’osservazione circa l’esclusione di fenomeni di abuso ai sensi dell’art. 10-bis della L. 2012/2000 (Statuto del Contribuente) posta la libertà di scelta tra l’adozione del regime della scissione con scorporo piuttosto che lo scorporo con conferimento ed evidenziato che le due operazioni si pongono su un piano di pari dignità. A ciò soccorre, anche, la regola contenuta al comma 4° dello stesso art. 10-bis, ove è affermata la libertà di scelta del contribuente tra regimi opzionali diversi offerti dalla legge e tra operazioni comportanti un diverso carico fiscale.
Inoltre, come da più parti osservato (NOTA con riferimenti dottrina), ragioni di coerenza sul piano sistematico inducono a ritenere che il valore fiscale della partecipazione assegnata alla scissa sia da determinarsi in misura corrispondente al valore fiscale dei beni oggetto di scorporo in ossequio al criterio della continuità dei valori contabili e fiscali già espresso dall’art. 173, 1° comma, TUIR e, comunque sia, in analogia a quanto indicato nell’art. 176, comma 1° del TUIR in materia di conferimenti d’aziende.
Quanto all’ipotesi di scissione con scorporo successiva cessione della partecipazione ricevuta, sembra appropriato il riferimento ai commi 3° e 4° dell’art. 176 TUIR, rispettivamente, in materia di esclusione del fenomeno di abuso ed in materia di verifica dei requisiti per la fruizione della normativa PEX; altrettanto coerente sembra, ai fini dell’imposta di registro, il riferimento alle modifiche introdotte all’art. 20 del TUR (Legge di Bilancio 2018, art. 1 comma 87, lettera a) per cui l’imposta è applicata secondo l’intrinseca natura e gli effetti giuridici dell’atto presentato alla registrazione da determinarsi sulla base degli elementi desumibili dall’atto medesimo, prescindendo da quelli extra-testuali e dagli atti allo stesso collegato.
La Circolare Assonime n. 14/2023 affronta poi il tema del trasferimento degli attributi fiscali (perdite pregresse, eccedenza ACE, eccedenza ROL e interesse passivi netti) della scissa alla beneficiaria. Osservato che criterio della norma, ai sensi dell’art. 173, comma 4, TUIR, è quello della ripartizione in proporzione del patrimonio netto contabile trasferito alla beneficiaria e rimasto alla scissa, Assonime si è interrogata circa il criterio da adottare nelle scissioni con scorporo caratterizzate dall’attribuzione di un patrimonio netto alla beneficiaria senza una correlativa riduzione patrimoniale in capo alla scissa. La soluzione proposta da Assonime va ricercata nell’ambito degli orientamenti espressi dell’Agenzia delle Entrate in materia di scissione negativa, evidenziato che anche in tale circostanza non si assiste ad alcuna riduzione del patrimonio netto della scissa. In tali circostanze, infatti, l’Agenzia si è espressa nel senso di ritenere che le posizioni soggettive indistinte rimangono in toto in capo alla scissa evidenziata la carenza del requisito della riduzione del patrimonio della stessa (scissa).
Un altro argomento esaminato dalla Circolare Assonime n. 14/2023 è quello degli effetti della scissione sulla stratificazione fiscale del patrimonio netto della scissa e della beneficiaria. Nell’ambito delle operazioni di scissioni parziali classiche, in sensi dell’art. 173, comma 9, TUIR, vige il principio della ricostituzione prioritaria delle riserve in sospensione di imposta secondo il criterio proporzionale e salvo il caso in cui la sospensione dipenda da eventi che riguardano specifici elementi patrimoniali della scissa nel qual caso le riserve devono essere ricostituite dalla beneficiaria che ha acquisito tali elementi. Inoltre, gli ulteriori incrementi sul patrimonio netto della beneficiaria, ai fini fiscali, debbono intendersi costituiti da riserve di capitale e da riserve di utili nella stessa proporzione già esistente in capo alla scissa. Sul punto la Circolare Assonime n. 14/2023 argomenta che l’adozione di siffatto criterio proporzionale nella scissione con scorporo non è accettabile in quanto genera una duplicazione degli utili effettivamente realizzati che finirebbero per essere imputati in quota parte sia alla scissa che alla beneficiaria. L’analisi di Assonime approda, infine, all’ipotesi di considerare valida, ai fini della stratificazione fiscale del patrimonio netto, l’idea di assimilare gli effetti della scissione con scorporo a quelli del conferimento in favore della medesima società. Conseguentemente la scissa, conservando intatta la consistenza del proprio patrimonio netto contabile, mantiene invariata anche la relativa composizione fiscale originaria mentre l’incremento patrimoniale che si registra presso la beneficiaria si qualificherebbe ai fini fiscali come riserve di capitale, come per il caso di apporto per conferimento (NOTA 3).
In conclusione, da questi elementi tecnici appena evidenziati, emerge come la scissione con scorporo si presenti particolarmente utile per gli effetti sul piano tributario nel caso cui oggetto di scorporo siamo assets diversi dalle aziende o rami d’azienda e dalle partecipazioni di controllo o qualificate. In tali casi, infatti, sarà possibile perfezionare l’operazione in neutralità fiscale quando invece, nel caso di conferimento, dovranno applicarsi le regole del realizzo ordinario previste per i conferimenti.
(NOTA 1) F. Magliulo, La scissione delle società, 2012, IPSOA, par. 2.5.4. pag. 17.
(NOTA 2) R. Michelutti e E. Iascone, La scissione mediante scorporo alla prova del regime fiscale di riferimento, Corriere Tributario, n. 6, 2023, pag. 535 e ss.; S. Mea, scissione mediante scorporo: dubbi fiscali ancora da chiarire, Ipsoa Quotidiano, 7 giugno 2023;
(NOTA 3) Assonime giunge a tale conclusione dopo aver preso in considerazione anche l’ipotesi di considerare la modifica del patrimonio netto della scissa attribuendo natura di riserva di capitale al corrispondente importo netto contabile per effetto della sostituzione dei beni di prima grado con le partecipazioni (beni 2° grado). Questa configurazione, infatti, è equivalente a quella che si otterrebbe nell’ipotesi di scissione parziale con assegnazione ai soci della scissa delle partecipazioni della beneficiaria e successivo conferimento da parte degli stessi della partecipazione della beneficiaria nella scissa medesima. Assonime declina però tale ipotesi poiché, per quanto il risultato finale sia il medesimo, lo schema della scissione ordinaria e del conferimento delle partecipazioni include comunque un evento realizzativo (conferimento) che è totalmente assente nella scissione con scorporo.