Alla luce della recente sentenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione (n. 18725 del 27 luglio 2017) si coglie l’occasione per fare il punto in materia di liberalità indirette e relativo prelievo tributario.
Anzitutto, si parla di “donazione indiretta” in tutti quei casi nei quali, secondo lo schema tipico della donazione, si verifica un arricchimento di un soggetto (beneficiario) e, correlativamente, l’impoverimento di altro soggetto (disponente) senza però che sia stipulato un atto di donazione vero e proprio.
In effetti, nel nostro ordinamento la donazione tipica (o diretta) è soggetta alla forma dell’atto pubblico, ai sensi dell’art. 782 C.C., a pena di nullità dell’atto stesso. E’ quindi naturale chiedersi quando è legittima la “donazione indiretta”; in quali casi la liberalità posta in essere è “diretta” o “indiretta” o addirittura “nulla”, quest’ultima per difetto del requisito formale dell’atto pubblico richiesto ad substantiam; e, infine, se, quando e come le “donazioni indirette” sono soggette al tributo.
Per “donazione diretta” si intende il contratto con il quale un soggetto (donante) trasferisce un proprio diritto in favore di altro soggetto (donatario) per spirito di liberalità e, quindi, senza ricevere in cambio alcuna controprestazione. Detta donazione diretta (o tipica) se non perfezionata mediante atto pubblico produce una “donazione nulla”. La “donazione indiretta”, di contro, è quella situazione nella quale si producono in capo ai soggetti che vi partecipano gli effetti tipici di arricchimento e impoverimento sopra menzionati, ma non in modo diretto, bensì in modo indiretto e cioè attraverso un percorso composto da uno o più atti che conducono a questo risultato finale.
Tali forme di donazione, a differenza delle donazioni nulle, sono valide, efficaci ed in grado di produrre gli effetti proprie di arricchimento/impoverimento dei soggetti che vi intervengono. Per questo motivo è estremamente importante definire il confine tra le due fattispecie.
La donazione che potrebbe risultare “nulla” per difetto del requisito formale richiesto ad substantiam è quello riferibile al caso del padre che elargisce una ingente somma di denaro (o un dossier titoli) in favore del figlio, disponendo un bonifico (o il trasferimento del dossier) a favore di quest’ultimo. In effetti, nel caso di specie, il risultato tipico della donazione emerge quale effetto immediato e diretto del trasferimento del denaro e/o del dossier titoli e, quindi, la forma dell’atto pubblico è necessaria perché la donazione si perfezioni. Sul piano pratico, quindi, nonostante siffatta liberalità, la somma di denaro disposta dal padre continua a far parte della sfera giuridica dello stesso il quale, per esempio, potrebbe in qualunque momento richiedere la restituzione della somma di denaro o del dossier titoli; parimenti, in presenza di altri figli e in caso di successione, gli stessi potrebbero richiedere di partecipare ad un asse ereditario formato anche dai denari e/o titoli sostanzialmente di proprietà del padre defunto e solo formalmente intestati al figlio beneficiario della donazione “nulla”. Si osserva che una elargizione di pari valore, se fosse stata perfezionata in forma indiretta, avrebbe potuto risultare valida e ascrivibile alla speciale categorie delle donazione “indirette”.
Come anticipato, la citata recente sentenza della Corte di Cassazione (n. 18725 del 27 luglio 2017) ha tracciato il confine tra i diversi tipi di donazione fornendo altresì una ricognizione delle varie tipologie di donazioni indirette secondo l’esperienza giurisprudenziale.
Il primo esempio è quello del contratto a favore del terzo ovvero di quel rapporto triangolare nel quale è attribuito un diritto al terzo beneficiario senza che questi paghi un corrispettivo e senza prospettiva di vantaggio economico per lo stipulante/disponente. Altro caso ricorrente è quello della co-intestazione di una somma di denaro depositata su un conto corrente con firma e disponibilità disgiunte. Ed ancora costituisce una liberalità indiretta il pagamento di un’obbligazione altrui compiuta dal terzo per spirito di liberalità verso il debitore. Altra ipotesi rientrante nella categoria è quella dell’intestazione del bene a nome altrui ovvero del procedimento diretto a far acquistare al beneficiario la proprietà di un bene con dazione del denaro fornita dal beneficiante per il conseguimento di tale risultato. Altro caso tipico di donazione indiretta è quello che si verifica quando le parti fissano un corrispettivo molto inferiore al prezzo reale, ovvero un prezzo eccessivamente alto, a beneficio, rispettivamente, dell’acquirente o dell’alienante. L’elencazione riportata nella sentenza sopra citata si chiude con il richiamo alle ipotesi di rinunzia abdicativa come, per esempio, in caso di comproprietari dove uno di essi rinunziando alla propria quota avvantaggia in via riflessa tutti gli altri. La realizzazione del fine di liberalità viene utilizzato un negozio, la rinunzia alla quota da parte del comunista, diverso dal contratto di donazione, per questo configura donazione indiretta per la quale non è necessaria la forma dell’atto pubblico.
Altre ipotesi di donazione indirette pacificamente riconosciute ed ulteriori rispetto a quelle richiamate dalla sentenza menzionata possono essere ricavate nell’ambito delle operazioni societarie. Tipico è il caso, per esempio, dell’ingresso di nuovi soci fatto al valore nominale e senza pagamento di un sovrapprezzo pur in presenza di consistente valore economico del complesso aziendale.
In tutti casi descritti, come ben evidenziato dalla citata giurisprudenza, siamo di fronte a situazioni diverse rispetto all’atto/contratto donativo vero e proprio. Le liberalità indirette infatti si realizzano (a) con atti unilaterali come l’adempimento del terzo o le rinunzie abdicative (b) con contratti rispetto ai quali il beneficiario è un terzo (c) con contratti caratterizzati da un nesso di corrispettività tra le attribuzioni patrimoniali (d) e, infine, con la combinazione di più negozi.
Per altro verso il contratto di donazione tipico sottoposto a regole inderogabili di forma, diversamente da quanto sopra evidenziato, si caratterizza per il fatto di realizzare un trasferimento immediato e diretto di ingenti valori patrimoniali in favore di altro soggetto effettuate con spirito di liberalità. E’ questo il caso del bonifico di una ingente somma di denaro o il trasferimento di un dossier titoli talché la sentenza richiamate conclude affermando molto chiaramente che “il trasferimento per spirito di liberalità dal conto di deposito titoli del beneficiante a quello del beneficiario realizzato a mezzo banca, attraverso l’esecuzione di un ordine di bancogiro impartito dal disponente non rientra tra le donazioni indirette, ma configura una donazione tipica ad esecuzione diretta; ne deriva che la stabilità dell’attribuzione patrimoniale presuppone la stipulazione dell’atto pubblico tra beneficiante e beneficiario salvo che ricorra l’ipotesi di modico valore”.
Definiti i contorni delle diverse tipologie di donazione indiretta e precisato che alle stesse si applicano tutte le regole “sostanziali” stabilite per la donazione vera e propria e, in particolare, le norme in tema di lesione della quota di legittima, è possibile ora delinearne il profilo tributario.
Anzitutto occorre ricordare che le imposte di successione e donazione, dopo essere state abolite ad opera della legge 18 ottobre 2001 n. 383 con effetto dal 25 ottobre 2001, sono state reintrodotte dalla Legge del 3 ottobre 2006, n. 262.
Le imposte vigenti sugli atti di donazione formale sono differenziate in base al grado di parentela tra donante e donatario, da un’aliquota minima del 4% (con franchigia di un milione di euro) sino ad arrivare all’aliquota massima dell’8% (Nota 1).
La tassazione delle donazioni indirette, di converso, non è esplicitamente regimata dalla vigente Legge n. 262/2006 che nulla dispone a riguardo tanto da aver fatto dubitare, in un primo momento, circa la loro rilevanza sul piano tributario.
Sul punto è recentemente intervenuta l’Agenzia delle Entrate con la Circolare n. 30/E del 11 agosto 2015, emanata in materia di Voluntary Disclosure, la quale non ha mancato di confermare la piena rilevanza delle liberalità indirette nell’ambito delle vigenti disposizioni tributarie (Nota 2).
Ciò detto riassumiamo il regime tributario delle donazioni indirette.
Anzitutto all’art. 1 comma 4-bis, del TUS, sono previste delle ipotesi di esclusione dall’applicazione del tributo in relazione ad un principio di alternatività rispetto all’imposta di registro e all’Iva. E’ infatti previsto che quando la donazione indiretta è collegata ad atti che abbiano ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti immobiliari o il trasferimento di aziende per i quali siano dovute l’imposta di registro o l’imposta sul valore aggiunto, l’imposta sulla donazione non si applica.
E’ quindi possibile porre in essere un acquisto immobiliare o di una azienda mediante la provvista del terzo senza che tali ipotesi di donazione indiretta configuri una delle fattispecie tassabili ai fini dell’imposta di donazione. Di contro l’imposta in oggetto sarà applicabile laddove l’atto non fosse soggetto ad Iva o ad imposta proporzionale di registro.
Ulteriori ipotesi di esclusione del tributo sono previste dall’art. 56 bis del TUS, primo periodo, con riferimento alle donazioni di modico valore (art. 783 Cod. Civ.) e con riferimento a quelle connesse alle spese per il mantenimento, per l’educazione o la malattia (art. 742 Cod. Civ.).
Di converso, per il combinato disposto dell’art. 56 bis del TUS n. 346 del 1990 con la Legge n. 262/2006, sono imponibili le donazioni indirette che eccedono le franchigie di € 1.000.000,00, per i coniugi e parenti in linea retta, di € 100.000,00, per i fratelli e sorelle e € 1.500.000,00, per i soggetti portatori di handicap quando l’esistenza delle stesse risulti da dichiarazioni rese dall’interessato nell’ambito di procedimenti diretti all’accertamento di tributi. A tali donazioni indirette troverà applicazione, indipendentemente dal legame di parentela, l’aliquota dell’8% che costituisce l’aliquota massima prevista dalla legge n. 262/2006, con l’esclusione di applicazione, a tali ipotesi, di specifiche sanzioni.
Infine, all’art. 56 bis, 3° comma, TUS, è previsto un particolare regime di registrazione volontaria (o spontanea) delle donazioni indirette che eccedessero i limiti sopra indicati con l’effetto di ottenere il regime premiale di applicazione delle aliquote ordinarie (4%, 6%) in luogo della maggiore aliquota dell’8%.
Da ultimo occorre menzionare il regime tributario della donazione nulla.
Secondo la giurisprudenza della Cassazione (sentenze n. 634/2012 e 22118/2010) alle donazioni nulle si applica il regime ordinario delle donazioni. Di opposto parere autorevole dottrina (Nota 3) che reputa illegittimo applicare l’imposta di donazione in caso di donazione nulla per difetto di capacità contributiva e in assenza dell’atto formale non si possa applicare un’imposta d’atto” come l’imposta di donazione. Ciò detto appare difficile escludere queste tipologie di atti dalla tassazione in forma di liberalità indiretta ex art. 56 bis del TUS in assenza dell’azione di ripetizione del bene (cfr Notariato Studio n. 135-2011/T).
(Nota 1) In particolare è prevista una aliquota del 4% ed una franchigia di un milione di euro (da applicare a ciascun donatario) per il coniuge ed i parenti in linea retta. Una aliquota di imposta del 6% ed una franchigia di cento mila euro (da applicare a ciascun donatario) per i fratelli e le sorelle. Sempre una aliquota del 6%, ma senza franchigia, per il caso di parenti sino al 4° grado, affini in linea retta e in linea collaterale fino al 3° grado. Infine l’aliquota del 8% per tutti gli altri soggetti, anche in tal caso senza l’applicazione di alcuna franchigia.
(Nota 2) Ricordato che la Legge n. 262/2006 ha sancito la “reviviscenza” delle disposizioni di cui al decreto legislativo 31 ottobre 1990, n. 346, dove le donazioni indirette trovavano una specifica disciplina nell’ambito dell’art. 56 bis del TUS n. 346 del 1990 (introdotto dall’art. 69 della Legge 21 novembre 2000, n. 342) intitolato “Accertamento delle liberalità indirette”, ha formulato importanti indicazioni in tema di coordinamento tra vecchia norma, che faceva riferimento a determinate aliquote e franchigie (in particolare era prevista l’applicazione delle aliquote del 3%, del 5% e del 7% in funzione del grado di parentela e fatta salva l’applicazione di una franchigia di € 350.000,00) e il decreto legge n. 262 del 2006. In particolare l’Agenzia ha chiarito che il menzionato art. 56 bis del TUS deve ora riferirsi alle nuove aliquote e franchigie, come sopra richiamate per le donazioni dirette, nelle ipotesi di registrazione volontaria della liberalità indirette; all’aliquota massima per le fattispecie eventualmente oggetto di accertamento da parte dell’Agenzia delle Entrate.
(Nota 3) Per tutti si veda Angelo Busani su Il Sole 24 ore del 28.07.2017